21/03/12

Quei giudici che hanno rubato la terza Camera a Bruno Vespa


Sarà arrabbiato Bruno Vespa, per non dire furioso. Stavolta, però, la Rai non c’entra nulla. Nessun contrasto con i vertici, nessuna sfuriata nei confronti di qualche autore, nessun calo degli ascolti. Dietro la sua (possibile) collera ci potrebbero essere i magistrati. Già qualche settimana fa la Cassazione, con il suo ormai famoso rimprovero alle Camere sulla situazione normativa italiana concernente i diritti delle coppie gay, provò a levare al suo ‘Porta a Porta’ la storica nomea di terza Camera. Allora non ci riuscì, ma questa volta Domenica Tanasi, giudice della Prima sezione civile del tribunale di Reggio Emilia, sembra averci preso in pieno, rafforzando quella rivoluzionaria sentenza con un’altra di pari clamore. “Il termine coniuge non può essere interpretato secondo la normativa italiana, ma deve rispettare le concezioni più liberal dei paesi europei che hanno aperto le porte alle aspirazioni nuziali dei gay”, scrive la Tanasi, affrontando il caso di due cittadini, uno italiano e l’altro uruguagio, sposati in Spagna ma che pretendono il riconoscimento del loro status anche in Italia.
In poche parole la nostra legge soffre di un vuoto normativo che dovrebbe essere colmato. E siccome il Parlamento non se ne occupa, visto che non c’è nessuna crisi, è bene prendere spunto da quei paesi esteri che hanno seguito una politica progressista dannosa per la conservazione di certi valori (che per noi restano comunque importanti). Non solo. La nostra Costituzione, dove all’art.29 si “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, secondo l’impostazione della sentenza, sarebbe vecchia, carta straccia, inutile.
Così con un colpo di mano si riesce in tre intenti: il primo era quello di delegittimare la nostra legge, la nostra Costituzione, scordandosi quasi che per modificare quest’ultima si deve affrontare un lungo iter parlamentare. Ma infondo che importa? Il secondo intento non era quello di scavalcare il Parlamento e le sue prerogative? Chissà, sta di certo che non c’è due senza tre, ed il povero Bruno è rimasto senza la sua cara e vecchia terza Camera.

0 commenti:

Posta un commento