23/05/12

Beppe Grillo, il "rosicone" che voleva guidare il Pd


Ora che è la superstar mediatica del momento fa finta di non ricordare nulla. Così come i suoi sodali, i suoi sostenitori e i suoi elettori. Beppe Grillo spara a zero contro i partiti corrotti e quasi liquefatti di quel sistema di potere che secondo la sua logica sta spazzando via l'Italia. In questi mesi ne ha dette di tutti i colori a tutti, non risparmiando nessuno: da Berlusconi a Casini, passando per Vendola e Di Pietro. Anche ieri, nel suo ormai  sproloquio quotidiano contro quella stessa politica nella quale si accinge ad entrare, ha creato l'occasione per riversare sul Belpaese il tanto famigerato odio grillino, attaccando con parole forti Pierluigi Bersani.

"Il non morto (*) (ma quasi) di un partito mai nato Bersani - ha scritto Grillo sul suo blog - ha detto di aver "non vinto" a Parma, Comacchio e Mira. Lo ha spiegato con parole incontrovertibili: "Abbiamo non vinto perché lì erano governati dal centrodestra". Chiaro? C'è forse bisogno di spiegazioni? Chiamate un'ambulanza per un TSO. L'affermazione del Pdmenoelle "E' una vittoria senza se e senza ma". Bersani però è affranto, non potrà più costruire l'ennesimo inceneritore nella sua Emilia, a Parma non ci sarà un tumorificio come in altre città governate dal Pdmenoelle come con l'ebetino a Firenze. Il pollo che si crede un'aquila è quindi tornato sui suoi cavalli di battaglia elettorali "Noi non cederemo ai populismi e ai qualunquismi" e alle argomentazioni politiche sulla vittoria del MoVimento 5 Stelle a Parma dovuta a "una destra che a Parma si è rimpannucciata sostenendo il grillino". 

Parole che hanno scatenato la replica, anche questa dura, del Segretario del Pd:""Grillo deve stare sereno.  Ormai e' un capo partito e - ha aggiunto - non gli basterà bestemmiare gli altri. Dica qualcosa di preciso per il Paese, piuttosto. E ripeto, stia sereno".

Un piccolo misunderstending, insomma. Un piccolo qui pro quo, chiamiamolo così, che sa di vendetta da parte del comico genovese. Perché, lungi dal difendere il Segretario di partito più impopolare e ridicolo d'Italia, cosa che non ci azzarderemmo mai a fare, un quesito è lecito: non è che tante volte Grillo, come si dice a Roma, sta 'rosicando' nei confronti della fotocopia sbiadita di D'Alema, alias Pierluigi Bersani? E se si, non sarebbe forse il caso di ricordare al paese perché? 

Ovviamente Grillo non lo ammetterà mai, ma il nostro dubbio è più che fondato. Basta affacciarsi un attimo alla finestra dei ricordi, tornando indietro nel tempo per rimembrare agli italiani che Beppe Grillo è il comico/politico più schierato della storia italiana. Schierato con i partiti, s'intende. Gli stessi che oggi dall'alto dei suoi trionfi critica, insulta e disprezza. Era l'estate del 2009. Alle 14.42 del 12 luglio arrivò una notizia che surriscaldò, e non di poco, l'estate piddina: Beppe Grillo candidato alla segreteria del Pd. 


In un post dal titolo omonimo il non più comico genovese scriveva: "Il 25 ottobre ci saranno le primarie del PDmenoelle. Voterà ogni potenziale elettore. Chi otterrà più voti potrà diventare il successore di gente del calibro di Franceschini, Fassino e Veltroni. Io mi candiderò. Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c'è il Vuoto. Un Vuoto di idee, di proposte, di coraggio, di uomini. Una sinistra senza programmi, inciucista, radicata solo nello sfruttamento delle amministrazioni locali. Muta di fronte alla militarizzazione di Vicenza e all'introduzione delle centrali nucleari. Alfiere di inceneritori e della privatizzazione dell'acqua. Un mostro politico, nato dalla sinistra e finito in Vaticano. La stampella di tutti i conflitti di interesse. Una creatura ambigua che ha generato Consorte, Violante, D'Alema, riproduzioni speculari e fedeli dei piduisti che affollanno la corte dello psiconano". 

E ancora:"Un soggetto non più politico, ma consortile, affaristico, affascinato dal suo doppio berlusconiano. Una collezione di tessere e distintivi. Una galleria di anime morte, preoccupate della loro permanenza al potere. Un partito che ha regalato le televisioni a Berlusconi e agli italiani l'indulto. Io mi candido, sarò il quarto con Franceschini, Bersani e Marino. Partecipo per rifondare un movimento che ha tolto ogni speranza di opposizione a questo Paese, per offrire un'alternativa al Nulla". 

Ma il Pd, ovviamente, non gradì la sua uscita, tanto meno la sua candidatura. Così da via del Nazareno si mise in moto una macchina mediatico-burocratico che di fatto ostruì a Grillo la strada del successo (parliamoci chiaro, da candidato alle primarie Grillo avrebbe vinto a mani basse). "Il nostro partito non è un tram su cui salire all'occorrenza", risposero dal PD. E dopo giorni di tira e molla, con tessere che non si potevano fare, quote d'iscrizione prima versate, poi restituite e qualche insistenza del comico genovese, la cosa cadde lì, in quel dimenticatoio pieno zeppo di ricordi che aiuterebbero a capire molto e che purtroppo è molto usato dagli italiani. 

Dopo un paio di giorni, più esattamente il 14 luglio, Grillo liquidò la cosa scrivendo sul suo blog che "Il Partito Democratico non è un partito politico, è un Partito Burocratico. Non hanno un programma. Io ho visto quelli che si stanno candidando. Come si fa a votare Franceschini. Chi è Franceschini? Un programma? Non ce l’hanno. L’unico che ha un programma di questi candidati alla segreteria, sono io, che sono un comico". Insomma, Grillo s'immerse in un bagno di coerenza, per farla breve. Eppure suona strano, oggi, a distanza di anni, sentirlo parlare in questo modo proprio contro quel partito, a suo dire logoro e corrotto come tutti gli altri, che voleva guidare per sconfiggere il tanto odiato tiranno 'Silvio'. Forse è per questo che poi si è messo in proprio. Perchè non potendo arrivare all'uva ha dapprima affermato che era rancida, cercandosi poi un altro campo dove arare e far crescere il suo consenso.

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