06/05/12

Veneto a Roma 12 - Tromba o non tromba

Sarà capitato anche a voi di avere, finalmente, dopo una settimana stressante, qualche ora libera di sabato o di domenica. Il torpore vi avvolge. I programmi che già accarezzavate non sembrano più così importanti rispetto a qualche ora di sonno. Non c’è pensiero al mondo che potrebbe smuovervi. Il cuscino vi attira a lui, soffice e fresco, con la stessa narcotica voce  di Giucas Casella. Il cuscino però non vi farà imitare uno scimpanzè, non vi farà ululare alla luna, né galleggiare intorno ad un hula hop né assumere la sembianza di uno stoccafisso in equilibrio sulle testiere di due sedie.
No: lui vi condurrà su prati fioriti, in mondi stravaganti o, meglio, nell’oblio che inghiotte ogni preoccupazione. La tapparella fa filtrare appena un po’ della calda luce di un meriggio di primavera e con esso l’alito tiepido e profumato di un vento che è promessa d’estate. Tutto è perfetto. E il sonno vi abbraccia, confondendo le immagini che vi passano nella mente e trasformando pensieri che sembravano sensati in scenari irrealistici e meravigliosi.
Questa breve storia ha due finali. Il primo. Vi trovate in campagna o in una città civile. Vi svegliate 3 ore dopo col canto degli uccellini. Vostra moglie, o vostra madre, vi guarda affettuosa. Avete appena guadagnato 10 mila euro in borsa (eccezionalmente aperta nel weekend) e avanzate fino alla  prossima casella delle probabilità.


La seconda. Vi trovate a Roma, accanto a via del Porto fluviale. Stanno facendo i lavori per riparare delle condutture. La carreggiata è ristretta da alcune transenne. Le auto che tentano (non potendo) di girare a sinistra da via del Gazometro attendono che si crei un varco per passare bloccando quelle dietro. Via Ostiense è chiusa per due manifestazioni (me l’ha scritto il sindaco o chi per lui su twitter). Tutto è intasato. A  questo punto, mentre popolazioni come quelle della Scandinavia (per esempio) si meraviglierebbero in silenzio, mentre  gli inglesi si chiederebbero perché tutti sono fermi in contromano, mentre gli americani, come Michael Douglas, derubricherebbbero la cosa ad un giorno di ordinaria follia in cui abbandonare civilmente l’auto per andare a fare una strage con calma in un altro luogo, i romani hanno un’altra gloriosa tradizione. Si attaccano ai clacson.


Sì, abbandonando ogni rapporto di causa-effetto, reputando che quelli che non si muovono davanti da mezzora, nonostante sia verde, lo facciano per qualche forma di ostilità nei loro confronti o per qualche menomazione provvisoria del lobo temporale, si accaniscono ad accasciarsi sui volanti emettendo quei suoni continuativi, intensi e petulanti,. E non lo fanno con un colpetto, con un paio di colpi. La mano si paralizza ignorando che la mancanza di effetto alcuno esclude che l’affronto sia compiuto per dolo o colpa. E, nel contempo, anziché ridestare un moto di compatimento, ecco che si leva una schiera di emuli che per la distanza di centinaia di metri, come se si trattasse di una sorta di segno di riconoscimento della mandria o di raglio d’intesa per protestare contro i dormienti capifila, spremono i loro clacson inveendo.


Ci si chiederà se, resisi conto della situazione, dopo alcuni minuti in cui, nonostante lo strombazzare furente, nulla si muove ancora, si decidano infine a desistere, constatando che vi è un’oggettiva impossibilità a capo blocco. Alcuni segnali premonitori portebbero essere d’aiuto: i vigili che dimenano le mani come nel gioca jouer. Le tende che si stanno montando intorno al blocco. I razzi di segnalazione lanciato da un motociclista disperso circondato da quattro macchine. Il posizionamento delle vetture tipo tetris  con l’annessa musichetta di sottofondo.  Macchè. La loro tromba, se potesse assumere una tonalità, acquisirebbe quella dell’ululato disperato e sofferente dell’animale in gabbia, mentre si trasforma man mano nell’atto di presenza della loro idiozia.


Il disgraziato che nel frattempo si era avvicinato al letto con la tentazione di lasciarsi andare al nulla, si rassegna, nella più ottimistica delle ipotesi, a cambiare luogo, sperando di appisolarsi nella più lontana poltrona leggendo un libro. Nella più pessimistica ha appena preso sonno quando lo squillo improvviso lo ridesta come una siringa di adrenalina sparata nel muscolo cardiaco, facendogli smarrire improvvisamente la voglia di dormire. E’ in quei momenti che vanno rese benemerenze alla rigidità della legge italiana nel controllo della circolazione di armi da fuoco. Resta solo una cosa da fare: affacciarsi alla finestra ringraziando le persone che suonano con un peana d’insulti non ripetibili. Naturalmente disapprovo questi comportamenti e non li metterei mai in pratica. Oggi a fare tutto questo è stato il mio gemello cattivo     

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