15/03/12

Il Pullman della gita ed il pullman della vita

Dei 22 bambini belgi morti nella tragedia automobilistica in Svizzera non ne parliamo su Frews? Me lo sono domandato per quasi 48 ore lasciandomi tormentare da questa domanda come se questo dolore si potesse accompagnare a quello dei padri e delle madri di questi figli a cui è stato tolto il futuro. Il pullman della loro vita si è schiantato nella galleria di Sierre e per l'ingiustizia imperscrutabile e misteriosa sono morti assieme agli autisti ed alcuni insegnanti. 28 persone di cui non sapevamo nulla, un paesino che non sapevamo neanche esistesse, una galleria che ora sarà per sempre tristemente famosa.
Bisogna aver coraggio oggi a scrivere di questi bambini soprattutto pensando alle centinaia di pullman che ogni giorno percorrono le autostrade, o strade, italiane portando con sè i nostri figli, ritornandoceli a casa dopo una settimana di gita con la classe, con gli amichetti, dopo una settimana di neve.
Per quanti anni abbiamo preso anche noi gli stessi pullman, sedendoci vicino all'amico con la chitarra, per cantare "Hey man" di Zucchero, o nascondendoci in mezzo ai sedili con l'amichetta di scuola.
Per quanti anni abbiamo accompagnato classi in gita scolastica, ed abbiamo viaggiato di notte affidando le nostre vite all'autista e riaprendo gli occhi proprio in frontiera, con l'Italia dall'altra parte pronta per il suo abbraccio.
Non era notte, martedì sera alle 21, ma forse tanti di questi bambini, 12 anni, già dormivano, oppure si scambiavano occhiate felici rubando gli sguardi ai giochini elettronici.
Ed i loro genitori a casa ad aspettarli.
Ha ragione Davide Rondoni oggi su Avvenire: "girare gli occhi non è umano. Ficcare gli occhi in questioni secondarie e in dettagli morbosi non è umano. Dev’essere delicato lo sguardo, rispettosissimo. E però non voltarsi. Non ripararsi."
E quindi mi devo assumere io la responsabilità, come direttore di Frews, di gettare il primo rispettosissimo sguardo a questi nostri figli, così simili a tanti altri che in questo momento stanno vivendo il loro "sali-scendi" da altri pullman, ignari, come tutti noi, che dietro l'angolo o in quella galleria, in ogni momento, va in scena anche il "sali-scendi" da questa vita.
Buon viaggio piccoli bambini, prendere il pullman e che Dio vi accolga e rimandi indietro lo Spirito Consolatore per le vostre famiglie e per tutti noi.
Giorgio Gibertini Jolly

Sul senso della vita della "Persona": l'aborto post nascita

Quando si considera la vita un "oggetto biologico", tutto automaticamente diventa lecito, persino l'illogica definizione "ABORTO POST-NASCITA". Secondo due ormai noti bioeticisti italiani, nell'interesse della madre, va ritenuto legalmente ammissibile sia il ricorso all'aborto di feti sani e non sani sia la deliberata soppressione di poveri neonati indifesi; così forse perchè colpevoli di essere venuti tra noi, in questo mondo.
Ecco appunto ma come si ragiona in questo nostro mondo? Quali sono i criteri che lo guidano? La ricerca del bene? La responsabilità? La solidarietà? La giustizia? O l'efficienza "a tutti i costi"? Oppure ciò che seduce è l'arbitrio assoluto sulla vita propria e altrui? Dove sta la verità?
Ad esempio la solidarietà, cos'è? Un valore, un pregiudizio magari soggettivo e relativo a ciascuno di noi o invece qualcosa di condivisibile che indica coesione, vicinanza e perchè no, addirittura condivisione? Se guardiamo alla nostra Costituzione ci accorgiamo che all'art. 2 i nostri Padri costituenti, quando parlano della solidarietà, lo fecero, riferendosi al significato etimologico sunballo, equivalente a "mettere insieme, unire". Appunto per dimostrare considerazione verso chi nella società è più debole, bisognoso di cure perchè si trova tra gli ultimi.
E propio per ristabilire l'ordine e l'equilibrio, la Costituzione interviene per insegnarci che in una società giusta la dittatura della parte forte è una ingiusta sopraffazione dell'uomo sull'uomo che pone fine alla sua libertà. Nel senso che quando si parla di ingiustizia sociale, non esiste libertà per nessuno e nessuno è fino in fondo il vincitore. Basti dare uno sguardo al nostro più recente passato per renderci immediatamente conto degli innumerevoli sbagli di dittatura, commessi sia dal nazismo che dal più spietato comunismo marxista. Ebbene, alle soglie del nuovo millennio, ci risiamo. Il fantasma apocalittico della violenza sulle vite indifese, si fa strada con tanta eleganza e bon ton per riproporre una pellicola che tutti abbiamo già visto e che si fa beffa della strage degli innocenti. Cambia il nome del suo autore: Erode, Hitler, Stalin, Mao Tze Tung. Ma la sostanza condivisa, rimane sempre la stessa.  Alludo come accennavo sopra, al recente dibattito scatenato dalla coppia di bioeticisti di origine italiana, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, allievi neanche a farlo apposta, del noto filosofo australiano Peter Singer.
Stando al loro parere, nell'esclusivo e solo interesse della madre, sarebbe lecito e dovuto, poter ricorrere sia all'infanticidio del bambino appena nato e in nome della libertà di pensiero e di ricerca anche alla soppressione del feto. In breve per "puro esercizio di logica" i due studiosi affermano, nel pieno delle loro facoltà mentali che "lo status morale di un neonato è equivalente a quello di un feto nel senso che entrambi mancano di quelle caratteristiche che giustificano l'attribuzione del diritto alla vita di un individuo". Poichè sia un feto sia un neonato sono certamente esseri umani e" - badate bene - "potenziali persone, ma nessuno dei due è "persona" nel senso di un soggetto di un diritto morale alla vita". Cercando di fare un pò di ordine, ci accorgiamo che tale affermazione si fonda essenzialmente sulla convinzione che nel mondo del diritto vi sono esistenze senza alcun valore; soggetti che non sono titolari di alcun diritto soggettivo perchè sono semplicemente esseri umani privi o privati della soggettività giuridica.
Dunque la loro, è la vita di persone potenziali, alle quali mancano quelle caratteristiche che connotano l'appartenenza al mondo delle persone, aventi la c.d. capacità giuridica e la titolarità dei diritti della personalità. Questi ultimi sono ad esempio: la vita e l'integrità fisica, tutelati da parte del diritto penale che punisce l'omicidio e le lesioni personali e dal diritto civile che a sua volta provvede con il risarcimento del danno ex art. 2043; il diritto alla riservatezza, art. 10, che esprime l'esigenza di ogni individuo ad escludere dall'altrui conoscenza quanto ha riferimento alla propria persona; il diritto all'immagine personale, artt. 10, 97 r.d. 633/1941); il diritto al nome, art. 6, all'identità sessuale l.164/1982 e alla solidarietà, dove l'interesse protetto trova compimento nell'altrui prestazione; il diritto alla salute, art.32, coincidente con il rispetto dell'integrità fisica, da far valere erga omnes con il diritto all'assistenza sanitaria nei confronti della P.A. Dunque essi, i diritti della personalità sono senza ombra di dubbio: essenziali, personalissimi, non patrimoniali, assoluti, indisponibili, imprescrittibili, irrinunziabili e non trasmissibili. In sintesi, è l'ordinamento giuridico che riconosce o non riconosce "chi" debba essere considerato soggetto di diritti e di doveri ossia persona. Ma un conto è l'astratta idoneità a diventare titolare di rapporti, un'altro è la capacità - da capax, capere- che fa esplicito riferimento alla "quantità" e cioè alla "misura" dell'idoneità di cui stiamo parlando. Quindi se volessimo rapportarci nel concreto di ciò che è misurabile, dovremmo concludere che la personalità è come un premio che si vince per punti di percentuale e che segna la differenza tra chi ne possiede di pù e chi ne possiede di meno. 
Detto questo, dobbiamo ancora una volta invocare la nostra Costituzione, la quale sostanzialmente ci ricorda che ogni essere umano, in quanto tale, è considerato dall'ordinamento anche soggetto di diritto e che tutti i soggetti, hanno un uguale grado di soggettività giuridica. Però seguendo alcuni ordinamenti - tra i quali il nostro - ci accorgiamo che il concepito pur essendo come tutti un soggetto di diritto, non gode di una capacità per così dire "piena" ma parziale, un pò claudicante e se vogliamo pure eccezionale, limitata ad alcune situazioni e soprattutto, subordinata all'evento della nascita. Questa, in base all'art. 1 del c.c. determina, una volta e per tutte, il momento definitivo per l'acquisto della piena capacità giuridica. Tuttavia come afferma Pessina "ci sono fasi dell'esistenza in cui non siamo in grado di esercitare la nostra libertà che è il presupposto della moralità". Ora ne consegue che "se il diritto alla vita (e quindi il divieto di uccidere) riguardasse soltanto le persone nel significato morale, si dovrebbe affermare (e tale è in fondo la posizione di Enghelhardt e Singer) che gli adulti liberi e coscienti potrebbero lecitamente decidere della vita e della morte di tutte le persone negli stadi premorali (dall'embrione all'infante), di coloro che si comportano im modo immorale.......e di quanti per condizioni patologiche non sono in grado di essere autonome". 
Fatte tutte queste premesse, mi sembra di capire che per qualche motivo i conti non tornano e che malgrado i suoi paletti protettivi, il diritto non sempre è in grado di difendere chi non ha piena coscienza. E prima di ogni cosa, non tutela il super-principio costituzionale di uguaglianza, formale e sostanziale.  Ai sensi dell'art.1 c.c. la nascita va intesa come la separazione del feto dal corpo materno che inizia con la prima respirazione polmonare che avviene quando si è nati vivi. Così ai fini dell'acquisto della capacità, anche se solo per pochi attimi, la vita del neonato ha valore giuridico pieno. Eppure a volte non basta perchè ciò che pone sempre tutto in discussione è il concetto "morale" di persona che definisce un"ente autocosciente, razionale, capace di attività morale, dotato di autonomia". Pertanto può darsi il caso che nel mondo del diritto ritroviamo, diritti senza soggetti, privati come se non fossero delle persone, della corrispondente situazione giuridica come il diritto alla vita.
E se provassimo a rimanere fedeli alla Costituzione? Forse una via di uscita ci salverebbe.


dott.ssa Silvia Bosio
Dottore di Ricerca in Bioetica
U.C.S.C. Roma

India: "Troppi errori nel caso dei marines italiani: ora solo la via legale"

Il caso dei due marines italiani in carcere in Kerala e dell'uccisione di due pescatori indiani nell'incidente con la petroliera italiana "Enrica Lexie", "è stato viziato da troppi errori, di tutti gli attori in campo". "A questo punto l'unica strada è lasciare che il governo italiano e quello indiano si confrontino in tribunale, e che la controversia sia risolta legalmente. La questione cruciale è quella dei confini marittimi e del diritto internazionale": è quanto dice all'Agenzia Fides John Dayal, intellettuale cristiano, attivista per i diritti umani. Secondo Dayal, Segretario Generale dell'organizzazione ecumenica "All Indian Christian Council", "tutti i protagonisti, il governo italiano, gli armatori, il governo indiano e la Chiesa indiana hanno contribuito a intricare la matassa". "Gli armatori - spiega Dayal - avrebbero dovuto immediatamente scusarsi, stanziare una legittima compensazione e poi lasciare la questione al governo italiano. I! l governo italiano avrebbe dovuto istruire un processo per i due marines, senza discutere di cavilli con il governo indiano. Per quanto riguarda gli indiani, i sentimenti nazionalisti che accecano la popolazione non hanno alcuna logica e non vogliono sentire ragioni: si vogliono soltanto punire i marines". Il caso, dunque, secondo l'attivista, risulta inquinato e sempre più complicato, tanto che "ora resta solo la via giudiziaria".


Intanto il Ministro federale della difesa, A.K. Antony, e il Ministro degli Esteri S.M. Krishna hanno ribadito che "i due marines saranno giudicati secondo la legge indiana". Il Primo Ministro dello stato del Kerala, Oommen Chandy, alla vigilia del voto del 17 marzo, in cui sarò assegnato un seggio nel Parlamento del Kerala, ha affermato che "i tribunali sostengono la posizione dello stato del Kerala, sul diritto di processare i due militari sul suolo indiano". Secondo gli osservatori, i due, se ritenuti colpevoli, rischiano anche una condanna a morte. (PA) (Agenzia Fides 15/3/2012)

Monti sta diventando sempre più un problema per la sinistra italiana

Che cosa sta avvenendo a sinistra? Innanzitutto si deve registrare un disamoramento verso il governo tecnico. Dopo un primo momento di euforia per la cacciata di Berlusconi, sono sempre più frequenti ed espliciti i segnali di malessere e di fastidio nei confronti dei professori. Bersani, ad esempio, sembra più preoccupato di tenere unita l’alleanza di Vasto, con Vendola e Di Pietro, piuttosto che di contribuire a garantire il profilo riformatore del governo Monti.

Evidentemente “il richiamo della foresta” è più forte dell’opportunità offerta dal governo di far compiere anche al Pd un salto in avanti verso un approdo saldamente socialdemocratico. Auspice tutta la cultura radicale che si raccoglie intorno al gruppo L’Espresso-La Repubblica, questo Monti comincia ad essere considerato come un serio ostacolo agli interessi della sinistra, che di europeo non ha ancora nulla. Ed è sempre più evidente come Bersani tema che il governo Monti possa produrre delle novità politiche tali da intralciare il disegno di vincere le prossime elezioni con una alleanza che guardi a sinistra (Vendola e Di Pietro) e al centro (Terzo Polo).
Di Paolo

La legge è uguale per tutti. Tranne che per loro

Un vigile ha sbagliato. Durante la colluttazione con un ladro ha eccesso con la legittima difesa, sparando un colpo. Ha sbagliato e pagherà. Un medico, invece, non riesce a portare a buon fine un’operazione delicata per un errore di valutazione, facendo così passare a miglior vita il proprio paziente. Ha sbagliato e pagherà. Poi c’è anche il tassista. Durante una corsa, con l’asfalto bagnato per l’eccessiva pioggia, ha spinto il piede sull’accelleratore più del dovuto, investendo un pedone. Ha sbagliato e pagherà. Sono solo alcune delle tante storie che si potrebbero citare per commentare la bocciatura del plenum del Csm sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, ipotesi introdotta nella legge Comunitaria (emendamento Pini) ora al vaglio dell’Aula del Senato. Con 19 voti favorevoli, 3 contrari e un astenuto, il plenum richiama una sentenza della Corte costituzionale (n.18/89) dove si evidenzia “l’esigenza di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura quale presidio indispensabile per la tutela dei diritti fondamentali di ciascuno”.

Secondo il maggiore organo della magistratura, infatti, “di fronte alla praticabilità ampia dell’azione diretta, il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’esercizio dell’azione diretta”. Insomma, per farla breve, la magistratura chiede il ritiro di quella norma che se da un lato potrebbe indurre il giudice a scegliere la soluzione meno rischiosa per se stesso (a quel punto verrebbe meno il senso delle Istituzioni, però), dall’altro metterà fine a teoremi, accuse e ricostruzioni fantasiose che hanno rovinato vite, esistenze e carriere. Storie che hanno tutte la stessa trama e lo stesso epilogo. Storie che, fino a oggi, hanno pagato gli italiani, i cittadini onesti, i contribuenti. Perché oltre il danno psicologico molte volte c’è anche quello economico che di certo il giudice di turno non pagherà di tasca propria. Eccola l’ingiustizia italiana, è tutta qua. Paradossale pensare che provenga proprio da chi legge una sentenza sotto uno degli emblemi storici della nostra Costituzione:”la legge è uguale per tutti”. Per tutti tranne che per loro. Gli unici che fino a oggi non hanno mai pagato per gli sbagli commessi e che nonostante mille errori sono sempre seduti sulla stessa poltrona.




Eugenio Cipolla

Milano: ladro condannato ai domiciliari in sala d'attesa alla stazione

Lui si chiama Carmelo Giorgio G., classe 1968, ed è nato a Milano. Una città nella quale, a giudicare dal suo curriculum criminale, Carmelo sembra trovarsi benissimo. Dell’illecito, infatti, è un veterano: ha commesso numerosi furti, è accusato di ricettazione e anche di tentata rapina. Ed è una sorta di sorvegliato speciale «a vita»: ogni qual volta non viene arrestato e portato in carcere, lo sorvegliano. A modo loro, naturalmente. È evidente che Carmelo gode di una certa fiducia. Già nel 2007, infatti, aveva chiesto e ottenuto di trascorrere gli arresti domiciliari su una panchina in viale Fulvio Testi, davanti all’ex manifattura tabacchi. Si avete letto bene, su una panchina ma vi prego non stupitevi del tutto, tenete uno spazietto ancora allo stupore per andare oltre col racconto tratto da Il Giornale.
"Poi, per lui, ci sono i periodi di sorveglianza speciale. In teoria una misura di sicurezza e prevenzione che può essere richiesta dal questore, da un magistrato o dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) per tenere sotto controllo, perlopiù per ragioni di pericolosità sociale, determinati soggetti, in particolare pregiudicati.
Un provvedimento che, talvolta - come nel caso di Carmelo - impone l’obbligo di soggiorno. Il luogo di questo soggiorno viene deciso dal soggetto in questione che, molto spesso, lo cambia (alcuni mutano nel giro di 72 ore!) previa comunicazione del nuovo indirizzo all’autorità a cui è sottoposto.  Naturalmente il luogo del soggiorno deve rispettare delle regole, due quelle fondamentali: l’indirizzo non deve trovarsi nelle vicinanze di luoghi dove il pregiudicato ha commesso dei reati e, naturalmente, deve avere l’avallo dell’autorità che ha imposto la misura di sicurezza. Il che significa che quando il nostro Carmelo ha deciso di nominare la sala d’attesa della stazione ferroviaria milanese di Greco-Pirelli come luogo del soggiorno per la sorveglianza, qualcuno gli deve avergli risposto che andava bene o, comunque, che non c’era problema."
Sarà partito col primo treno? Andrete ora sereni a fare i biglietti in quella stazione?
Speriamo che non chieda di insonorizzargli la "stanza" causa disturbo al suo sonno dai treni mattutini: qualche giudice pronto a dargli ascolto e soldi lo troverebbe sicuramente!
Buongiorgio anche a Carmelo Giorgio


Oggi è S.Clemente. Nomi Federica, Fedele. Frase di Pasternak.

15 marzo 2012 Segno zodiacale: Pesci
Il sole sorge alle 6.48 e cala alle 18.10
S.CLEMENTE è protettore di Vienna e dei fornai.
Nasce a Tasswitz nella Repubblica Ceca il 26 dicembre 1751.
Fece il fornaio per mantenere la famiglia dopo la morte del padre.
Clemente fu poi a Vienna, dove studiò filosofia e teologia.
Nel 1784, dopo un pellegrinaggio a Roma, si fece redentorista.
Fondò case in Germania, Svizzera, Romania.
Visse a lungo a Varsavia, fino a che Napoleone espulse i redentoristi per le loro attività culturali e sociali.
Ancora a Vienna, contrastò la tendenza a creare una Chiesa nazionale "giuseppina".
Muore a Vienna il 15 marzo 1820.
NAME OF THE DAY: Female FEDERICA deriva dal germanico e significa " potente nella pace, nell' assicurare la pace". Si festeggia il 18 luglio. La sua pietra è il lapislazzulo.
Male FEDELE deriva dal nome latino Fidelis e significa  "fedele". Si festeggia il 13 marzo. La sua pietra è il diamante.
" Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato."
 Boris Pasternak