24/02/12

Come Berlusconi si è liberato in tre mosse dallo scacco matto

Come trasformare una battaglia in una guerra vinta. A ben vedere, è questo il senso logico delle mosse più recenti di Silvio Berlusconi. Soprattutto delle interviste concesse ad alcune prestigiose testate internazionali dopo il lungo silenzio osservato dopo le dimissioni del 12 novembre 2011. Non c’è dubbio che quelle dimissioni, date per senso di responsabilità e con una certa eleganza, hanno rappresentato una battaglia persa. Ma chi dava per definitivamente conclusa la parabola politica di Berlusconi, è stato smentito dal ritorno in campo del leader del Popolo della libertà, che con alcuni messaggi calibrati sta rivolgendo la situazione politica a proprio favore.


Primo messaggio: sostegno “responsabile” al governo Monti. Berlusconi lo ha lanciato per la prima volta in occasione della presentazione del libro di Antonio Razzi, che con altri “responsabili” era stato decisivo il 14 dicembre 2010 per la sopravvivenza del governo, indebolito dalla secessione di Fini e dei suoi. “Sarebbe irresponsabile non sostenere il governo Monti, che sta facendo bene” ha scandito Berlusconi. Concetto che da allora ha ripetuto in tutte le interviste ai giornali stranieri, schierando il Pdl a sostegno di un esecutivo tecnico guidato da un professore che lo stesso Berlusconi nel 1994 scoprì e portò in Europa, facendone uno dei commissari Ue più autorevoli e stimati.

Secondo messaggio: Sempre ai giornali stranieri, Berlusconi ha detto che non si candiderà più come premier, farà il padre nobile del proprio partito e si impegnerà per fare in modo che la grande maggioranza che si è venuta a creare nei due rami del Parlamento lavori per realizzare quella grande riforma dello Stato di cui si parla da decenni, senza mai approdare a nulla. L’obiettivo è quello di fare in modo che l’Italia diventi finalmente una vera democrazia, dove il premier abbia dei poteri veri in quanto eletto dal popolo, e non debba continuamente subordinare la propria azione ad altre istituzioni, se non addirittura a una magistratura che fa un uso politico della giustizia. Una riforma senza la quale, ha spiegato Berlusconi alla stampa internazionale, diventerebbe impossibile qualunque disegno di rinnovamento dell’Italia.
Terzo messaggio: Passaggio dalle parole ai fatti, e avvio immediato della riforma elettorale, primo passo della grande riforma dello Stato, con un confronto aperto con tutte le forze politiche presenti in Parlamento. A cominciare dal Pd, l’antagonista di sempre.

Conclusione: Ponendosi come artefice della grande riforma istituzionale, Berlusconi ha ottenuto in un colpo tre risultati senza precedenti: è diventato un interlocutore affidabile e indispensabile della sinistra, che fino a pochi giorni prima lo demonizzava e lo dava per finito; ha posto fine a due decenni di antiberlusconismo, che è scomparso dai giornali; infine – ciò che più conta - si è confermato nel ruolo di statista vero e autorevole, non solo per i suoi sostenitori di sempre, ma anche per la stampa internazionale, che ora lo interpella invece di coprirlo di insulti, e ne elogia la misura e il buon senso. All’appello, per la verità, manca ancora un ripensamento dei fautori dell’accanimento giudiziario. Ma anche così, possiamo dire che Berlusconi è riuscito in un’impresa che lascerà il segno. Ha saputo trasformare una battaglia (dimissioni da premier) in una guerra vinta, che ora lo consacra come merita: uno statista vero.
Di Paolo

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