05/01/12

La befana tra leggenda e tradizione

"La befana vien di notte..." chi non la conosce questa piccola filastrocca? Credo un pò tutti. 

Ma da dove arriva la parola befana? Da una curruzione del termine "Pefana" (dal greco "Επιφαίνω") che ancora viene usato in alcuni luoghi d'Italia come per esempio a Montignoso in provincia di Massa Carrara.
L'origine della vecchina con la scopa è collegata alle tradizioni agrarie pagane relative all'anno trascorso,che ormai è pronto ad iniziare come anno nuovo.

La befana rappresenta, infatti, la conclusione delle festività natalizie come passaggio tra la fine dell'anno solare (solstizio invernale, Sol Invictus) e l'inizio dell'anno lunare. L'aspetto da vecchietta che la contraddistingue, simboleggia l'anno vecchio che una volta concluso lo si può bruciare. Tradizione che è ancora viva in varie parti d'Italia nel mese di gennaio. 
Dalle mie parti, infatti, l'ultimo giovedì del mese di gennaio si brucia la Giöbia (un fantoccio con abiti logori). 
A Busto Arsizio (VA) e Gallarate (VA) la Festa della Giöbia, è una festa di antica tradizione di origine precristiana, in cui decine di fantocci raffiguranti una donna vecchia e di brutto aspetto vengono bruciati. Inoltre, nella piazza principale della città, piazza San Giovanni Battista, vengono offerti polenta e risotto con la luganiga, simbolo di fertilità.

Tantissime sono le leggende legate a questa figura. Ma tra quelle più curiose mi è piaciuta questa:

"Tre re (i Re Magi), Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, partirono da paesi diversi, forse la Nubia, la Godolia e Tharsis, per portare doni a Gesù: oro, incenso e mirra. Attraversarono molti paesi seguendo una stella, e in ogni luogo in cui passavano, gli abitanti accorrevano per conoscerli e unirsi a loro. 

Ci fu solamente una vecchietta che in un primo tempo voleva andare, ma all'ultimo minuto cambiò idea, rifiutandosi di seguirli. Il giorno dopo, pentita, cercò di raggiungere i Re Magi, che però erano già troppo lontani. 
Per questo motivo la vecchina non vide Gesù Bambino. 
Da allora, nella notte fra il cinque e il sei Gennaio, volando su una scopa con un sacco sulle spalle, passa per le case a portare ai bambini buoni i doni che non ha dato a Gesù."

Laura M.

Ora anche a Roma è possibile seppellire i bambini abortiti

In uno dei miei viaggi pro life per l’Italia giunsi tanti anni fa a L’Aquila dove visitai, e porto ancora nel cuore quei momenti, il Monumento ai bambini non nati curato in una zona del cimitero cittadino chiamata “il giardino dei bambini”. Il monumento raffigura una bianca Madonna senza volto con le braccia larghe e che accoglie tantissime testoline di bambini, anche loro senza volta. Dietro campeggia la scritta: ai 50 milioni di bambini ogni anno vittime dell’aborto. Una associazione per la vita locale, d’accordo col Comune, in convenzione assicura sepoltura e degne esequie ai bambini abortiti, o naturalmente o volontariamente.
Ricordo ancora i brividi e la commozione di tutto il gruppo nel sostare davanti a tantissime piccole croci ai piedi della Madonna, come piccoli bambini che tendevano le braccia verso quelle mamme che non sono state capaci di accoglierli.
Leggere oggi sui giornali che in un ospedale della capitale d’Italia sono stati ritrovati “feti malformati e resti umani” in un locale seminterrato, e completamente abbandonato, mi ha fatto riprendere nella memoria quei giorni e decidere di richiedere, ancora con più forza, che anche a Roma vi sia un monumento ai bambini non nati ed un luogo dove raccogliere le loro spoglie e dar loro giusta sepoltura.
La pessima realtà purtroppo supera l’immaginazione e nello scorrere la rassegna stampa su questo caso si legge dovunque la dichiarazione scioccante del direttore del Policlinico Umberto I di Roma: “Sono solo materiale didattico”.
Mi è rimasto il brivido per tutta la giornata a pensare a questa catalogazione che mi suona tanto negazionista dell’olocausto dell’aborto che ogni giorno si consuma nella nostra Italia e, nella nostra Capitale, per almeno 11 mila volte l’anno.
Materiale didattico? Mentre aspettavo i miei due figli non ho mai pensato a mia moglie come un contenitore di materiale didattico. E’ possibile usare ancora questi termini?
Prego per questi figli uccisi tre volte: dall’aborto, dall’oblio di quasi trenta anni in quel sottoscala e dall’antilingua che, per mistificare la verità, non ha neanche il coraggio di chiamarli per nome e di guardarli in faccia.
Quest’anno il Centro di cui sono presidente festeggia i suoi dieci anni e nell’invitare tutte le mamme a scegliere per la vita voglio anche invitare chi di voi, scultore, benefattore, volontario per la vita, voglia intraprendere con me il progetto di realizzare un Monumento ai bambini non nati in un cimitero di Roma. Chiedo al Sindaco di Roma la sua collaborazione nel far si che ogni bambino non strappato all’aborto nella nostra città possa trovare un piccolo lembo di terra dove essere accolto.
Giorgio Gibertini il 13 febbraio 2009

Lele Mora, la Giustizia italiana e gli amici....quelli veri

Non sarà un santo e nemmeno quello che si dice un cittadino esemplare. La sua fedina penale, del resto, parla chiaro: già negli anni Novanta venne condannato per detenzione di non modiche sostanze stupefacenti. Poi la scalata, il successo come agente dei vip e oggi nuovamente nei guai. L’uomo, insomma, è quello che è. Però, fino a prova contraria, Dario “Lele” Mora è pur sempre un essere umano, una persona con diritti inalienabili. E a me viene il dubbio che, nelle condizioni in cui si trova, tenerlo in cella non sia cosa così umana: dal luglio scorso ad oggi ha perso 40 chili, vive di medicinali, si muove in carrozzella e il 30 dicembre scorso ha pure tentato il suicidio. Mi sembrano indizi sufficienti per farsi venire qualche dubbio.
Anche perché non stiamo parlando di un mafioso o di un terrorista pluriomicida come Cesare Battisti (altrimenti sarebbe già in Francia o in Brasile); e neppure di uno - non foss’altro per la sua precaria salute - pronto a saltare su un aereo per le isole Cayman. Elementi sufficienti, anche qui, per sperare che la sua reiterata richiesta degli arresti domiciliari sia accolta al più presto. Beninteso: qui non c’entra la simpatia per l’uomo Lele Mora – che personalmente non ho - ma il fatto che Lele Mora è un uomo. E come tale va rispettato. Molto di più, per quanto mi riguarda, di coloro che fino a ieri lo frequentavano, magari soggiornavano nella sua villa in Sardegna e oggi fingono di non conoscerlo. Begli amici.
Giuliano Guzzo

Il Commodore 64 compie 30 anni, io ne farò 40

La nostra linea immaginaria tra chi è giovane e chi lo è meno oggi si chiama Commodore64, o meglio il C64. Se ti è scesa una lacrimuccia leggendo queste prime righe sei come me, ovvero viaggi spedito e silenzioso verso gli "anta" utilizzando per scrivere un'altra tastiera quasi piatta, od un touch screen, ma ben ricordi la forma da hamburger della tastiera del C64. Se invece questo nome non ti dice nulla, beh, amico mio, sei di un'altra generazione ed il c due punti a capo non potrai mai raccontarlo nel tuo blog.
Era il gennaio del 1982 quando al Ces di Las Vegas fu presentato il Commodore 64 (poi c'era anche il fratellino Commodore Vic20).  Il Commodore era un simbolo, una macchina all’avanguardia per l’epoca (qui trovate qualche ulteriore info). L’inizio timido dell’informatica di massa. In Italia arrivò un anno dopo, nel marzo del 1983 (negli Usa era commercializzato già dal giugno 1982), dopo aver fatto bella mostra di sé allo Smau di un anno prima. E fu subito un successo, malgrado costasse all’epoca del lancio 973.500 lire, cifra comunque minima per un computer allora, e fu infatti quella la chiave del successo (negli Usa costava 565 dollari contro i 135 stimati di costo di produzione della singola macchina).
Io l'ho avuto tra le mani e forse mia madre ancora lo conserva da qualche parte in cantina, come sua consuetudine, e me lo gestivo "litigando" fraternamente  con mio fratello.
Poi tutto mi sembra sia andato così in fretta che non si fa in tempo ad innamorarsi di un Pentium che siamo già ai Tablet: troppo in fretta, come i nostri anni che sono già quaranta!

 

La vitamina del giorno: Santa Amelia ed una frase di Erich Fromm

5 gennaio 2012, segno zodiacale: Capricorno. S. AMELIA, Vergine e martire. Non si sa praticamente nulla della sua vita.  Appartiene ad un numeroso gruppo di martiri,uccisi,a Gerona città della  Catalogna , in Spagna, durante il IV secolo all' epoca della persecuzione di  Diocleziano( 243-313). Nel 1336 il vesovo della  Catalogna scoprì le reliquie dei martiri e dedicò ad essi un altare nella cattedrale cittadina.
" L' atto di disobbedienza , in quanto atto di libertà, è l' inzio della  ragione"                                                                                           
Erich Fromm