13/03/12

Dante, non ragioniam di loro, ma guarda e passa

Non toccatemi Dante Alighieri e la Divina Commedia. Vade retro Satanassi! Vi meritate Caron Dimonio dagli occhi di bragia! Come si fa ad accusare oggi Dante Alighieri di essere antisemita, islamofobico, di incitare all'odio razzista e quindi chiedere la cancellazione dai programmi scolastici italiani della lettura della Divina Commedia? C'è qualcuno che lo ha detto (ricostruiamo la vicenda anche su Frews) e che lo crede davvero.  In difesa di Dante si sono levati molti scudi e nell'articolo già citato li trovate raccolti.
Io metto il mio scudo che prende spunto dal ricordo che ho per la lettura di questa che rimane per me l'opera omnia, l'opera massima per la quale ho pianto di gioia quando, grazie aglio studi Universitari, l'ho dovuta leggere tutta di seguito come un romanzo, senza sosta, senza settimane in mezzo, senza saltare i vari Canti ed alla fine ero anche io stremato ed innamorato di Beatrice e della Madonna.
La rileggo spesso, la Commedia, perché assieme ai Promessi Sposi ed alle Operette Morali di Leopardi rappresentano il podio dal quale non riesco a scendere.
In casa nostra la Divina Commedia è sempre aperta su un leggìò, in bella mostra, pronta per essere vissuta.
Non solo la Divina Commedia non andrebbe tolta da scuola ma andrebbe letta tutta sin dal liceo, senza saltare da un canto all'altro, perchè i ragazzi imparino che cosa vuol dire quando la musica, unendosi alle parole, crea la poesia in endecasillabi: perché i ragazzi imparino ad innamorarsi leggendo assieme lo stesso libro ed essere dannati per quello; perchè i ragazzi imparino la Storia d'Italia ed il Giudizio di Dio; perchè i ragazzi imparino a corteggiare una ragazza ed a puntare al "rivedere le stelle".
Allora, a voi pseudo studiosi, credo che Dante potrebbe benissimo oggi dedicarvi i versi dell'Inferno, Terzo Canto, che recitano così:
« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".

Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".

E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa". »

Puntare su Costa a Palermo? Non è stata la scelta migliore

Alla fine la telenovela del Pdl per la scelta del candidato sindaco a Palermo s’è conclusa. Si converge su Massimo Costa, personaggio noto della società civile, giovane “promettente” (così dicono) e pupillo dei centristi. Difficile dire, allo stato attuale, se questa, da parte del Pdl, sia stata la scelta più giusta. Più facile, invece, affermare che non è stata la scelta migliore. E non per quella convergenza di idee e valori che ha visto unirsi dopo tanto tempo Udc e Pdl, ma per la persona, per quel giovane così promettente, che ora ha la strada spianata verso il successo. Massimo Costa sarà pure giovane, sarà pure un problem solver – come lui stesso si è autodefinito – sarà pure il simbolo del rinnovamento della classe politica e della discontinuità con la precedente gestione Cammarata. Ma il problema che si pone, ora, dopo tutti gli slalom fatti in queste settimane, degni del miglior Alberto Tomba, è un altro: sarà affidabile? Il 21 febbraio, durante la conferenza stampa di presentazione, Massimo Costa aveva voluto usare parole forti contro il Pdl, come a marcare una presunta differenza di capacità ed etica tra lui e la precedente gestione. Poi, dopo un mese di tira e molla, di accuse su presunte ‘appropriazioni indebite’ di candidati tra Pdl, Mpa, Fli e Udc, la luce:”Sono certo che l'appello fatto ieri (per unire i moderati in un grande progetto per il bene di Palermo, ndr) debba essere raccolto dagli uomini che hanno senso di responsabilità. E sono certo che questo appello verrà accolto da Angelino Alfano e dal mio grande amico Francesco Cascio”. Un’inversione a ‘U’ che fa riflettere, che fa pensare, che fa tornare alla mente il trasformismo di Raffaele Lombardo, il quale nel 2008 aveva un consenso politico inferiore al 2% (arrivato al 60% con i voti del Pdl). Come finirà? Chi vivrà vedrà, ma i palermitani già mugugnano per quel giovane così bravo a risolvere i problemi, quanto a cambiare bandiera da un giorno all’altro. A lui il compito di smentire questi dubbi.

Eugenio Cipolla

Chi leggendo la Divina Commedia di Dante ha provato odio verso l'Islam?


Stereotipi, luoghi comuni, contenuti e frasi offensive, razziste, islamofobiche e antisemite che difficilmente possono essere comprese e che raramente vengono evidenziate e spiegate nel modo corretto. E’ il contenuto di alcune terzine della Divina Commedia che, secondo ‘Gherush92′, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani, risoluzione dei conflitti, razzismo, antisemitismo, islamofobia, andrebbe eliminata dai programmi scolastici o, quanto meno, letta con le dovute accortezze.
”La Divina Commedia – spiega all’Adnkronos Valentina Sereni, presidente di Gherush92 – pilastro della letteratura italiana e pietra miliare della formazione degli studenti italiani presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella sostanza e viene proposta senza che via sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo”.
Sotto la lente di ingrandimento in particolare i canti XXXIV, XXIII, XXVIII, XIV. Il canto XXXIV, spiega l’organizzazione, è una tappa obbligata di studio. Il personaggio e il termine Giuda e giudeo sono parte integrante della cultura cristiana: ”Giuda per antonomasia è persona falsa, traditore (da Giuda, nome dell’apostolo che tradì Gesù)”; ”giudeo è termine comune dispregiativo secondo un antico pregiudizio antisemita che indica chi è avido di denaro, usuraio, persona infida, traditore” (De Mauro, Il dizionario della lingua italiana). Il significato negativo di giudeo è esteso a tutto il popolo ebraico. Il Giuda dantesco è la rappresentazione del Giuda dei Vangeli, fonte dell’antisemitismo.
“Studiando la Divina Commedia – sostiene Gherush92 – i giovani sono costretti, senza filtri e spiegazioni, ad apprezzare un’opera che calunnia il popolo ebraico, imparano a convalidarne il messaggio di condanna antisemita, reiterato ancora oggi nelle messe, nelle omelie, nei sermoni e nelle prediche e costato al popolo ebraico dolori e lutti”.
E ancora, prosegue l’organizzazione, ”nel canto XXIII Dante punisce il Sinedrio che, secondo i cristiani, complottò contro Gesù; i cospiratori, Caifas sommo sacerdote, Anna e i Farisei, subiscono tutti la stessa pena, diversa però da quella del resto degli ipocriti: per contrappasso Caifas è nudo e crocefisso a terra, in modo che ogni altro dannato fra gli ipocriti lo calpesti”.
”Nel canto XXVIII dell’Inferno – spiega ancora Sereni – Dante descrive le orrende pene che soffrono i seminatori di discordie, cioè coloro che in vita hanno operato lacerazioni politiche, religiose e familiari. Maometto è rappresentato come uno scismatico e l’Islam come una eresia. Al Profeta è riservata una pena atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano in modo che le budella gli pendono dalle gambe, immagine che insulta la cultura islamica. Alì, successore di Maometto, invece, ha la testa spaccata dal mento ai capelli. L’offesa – aggiunge – è resa più evidente perché il corpo ”rotto” e ”storpiato” di Maometto è paragonato ad una botte rotta, oggetto che contiene il vino, interdetto dalla tradizione islamica. Nella descrizione di Maometto vengono impiegati termini volgari e immagini raccapriccianti tanto che nella traduzione in arabo della Commedia del filologo Hassan Osman sono stati omessi i versi considerati un’offesa”.
Anche i sodomiti, cioè coloro che ebbero rapporti “contro natura”, sono puniti nell’Inferno: I sodomiti, i peccatori più numerosi del girone, sono descritti mentre corrono sotto una pioggia di fuoco, condannati a non fermarsi. Nel Purgatorio i sodomiti riappaiono, nel canto XXVI, insieme ai lussuriosi eterosessuali.
”Non invochiamo né censure né roghi – precisa Sereni – ma vorremmo che si riconoscesse, in maniera chiara e senza ambiguità che nella Commedia vi sono contenuti razzisti, islamofobici e antisemiti. L’arte non può essere al di sopra di qualsiasi giudizio critico. L’arte è fatta di forma e di contenuto e anche ammettendo che nella Commedia esistano diversi livelli di interpretazione, simbolico, metaforico, iconografico, estetico, ciò non autorizza a rimuovere il significato testuale dell’opera, il cui contenuto denigratorio è evidente e contribuisce, oggi come ieri, a diffondere false accuse costate nei secoli milioni e milioni di morti. Persecuzioni, discriminazioni, espulsioni, roghi hanno subito da parte dei cristiani ebrei, omosessuali, mori, popoli infedeli, eretici e pagani, gli stessi che Dante colloca nei gironi dell’inferno e del purgatorio. Questo è razzismo che letture simboliche, metaforiche ed estetiche dell’opera, evidentemente, non rimuovono”.
”Oggi – conclude Sereni – il razzismo è considerato un crimine ed esistono leggi e convenzioni internazionali che tutelano la diversità culturale e preservano dalla discriminazione, dall’odio o dalla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, e a queste bisogna riferirsi; quindi questi contenuti, se insegnati nelle scuole o declamati in pubblico, contravvengono a queste leggi, soprattutto se in presenza di una delle categorie discriminate. E’ nostro dovere segnalare alle autorità competenti, anche giudiziarie, che la Commedia presenta contenuti offensivi e razzisti che vanno approfonditi e conosciuti. Chiediamo, quindi, di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti”.
LE REAZIONI – Non si fanno attendere i commenti alla proposta di ‘Gherush92′. “Mi pare un ennesimo delirio del politically correct, unito ad una assoluta mancanza di senso storico” afferma all’Adnkronos Giulio Ferroni, storico della letteratura, critico letterario e scrittore, professore ordinario di letteratura italiana alla Sapienza di Roma. “La Divina Commedia va letta nel suo contesto storico. Ci si potrà pure mettere qualche nota in più – prosegue Ferroni – ma sarebbe follia rinunciare allo studio di un capolavoro che ha contribuito a costruire l’immagine dell’umanità, pur partendo dai suoi ovvi limiti storici. La Divina Commedia ha anzi aperto la via al progresso, al riconoscimento dell’altro”.
Duro il commento anche di Maurizio Cucchi, poeta, critico letterario e traduttore. “I vantaggi che si possono trarre dalla lettura e dallo studio della Divina Commedia sono così tanti che affermazioni di questo genere sono soltanto ridicole – sottolinea Cucchi – Se non si capiscono i vantaggi che un poema come la Divina Commedia, che forse è il più grande di tutti i tempi e di tutte le letterature, è in grado di dare, siamo davvero di fronte alla dittatura dell’ignoranza”.
“Ma è uno scherzo? Il nostro passato non si cancella – replica alla proposta Edoardo Nesi, premio Strega nel 2011 – La Divina Commedia fa parte della storia della letteratura mondiale: bisognerà che questa idea revisionista che gira per il mondo si plachi prima o poi. E che qualcuno rientri nel senso comune”. ”E’ come se si volesse raddrizzare la Torre di Pisa – aggiunge lo scrittore – come se il passato dovesse essere piegato alle esigenze più bizzarre del presente. Sono del tutto contrario a queste proposte”.
Per il presidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp), Giorgio Rembado, abolire lo studio della Divina Commedia “non avrebbe senso”, mentre può averne corredare l’apparato critico che l’accompagna in materia di razzismo, omofobia, islamofobia e simili, tenendo comunque presente che l’opera di Dante non può certo essere giudicata con i criteri di oggi.
“L’unico commento che si può fare, prima di mettersi a ridere, è giù le mani dalla Divina Commedia” è la reazione di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, rete trasversale italiana per i Diritti Civili che si batte appunto contro razzismo, omofobia, antisemitismo e discriminazioni in generale. “E un’opera magna riconosciuta dal mondo, è figlia del suo tempo come lo era Dante. Prendersela con la Divina Commedia è come prendersela con la Bibbia. E poi nella nostra scuola, anche se messa un po’ male, la si studia con una forte storicizzazione, a tutto merito dei professori”, rimarca Mancuso.
Secondo Franco Grillini, presidente di Gaynet, “la Divina Commedia va contestualizzata nel periodo in cui è stata scritta. Io che pure sono un fautore del politicamente corretto credo che in questo caso si esageri, che ci sia un eccesso di politically correct”.
Sulla questione interviene inoltre un Gigi Proietti perplesso e lievemente incredulo. “La Divina Commedia l’ho studiata a scuola, come tutti e con i limiti di tutti – dice – l’ho riletta da adulto rivalutandola e poi l’ho interpretata da attore e non mi pare proprio di essere diventato razzista né omofobico. E poi per gli italiani Dante è l’Italia, in qualche modo la rappresenta”. ”Che Dante sia una colonna portante della nostra cultura, della nostra lingua, non c’è certo bisogno che lo dica io. E’ ridicolo giudicarlo con il metro di oggi e poi io diffido sempre di coloro che dicono che bisogna eliminare qualcosa”, aggiunge Proietti, che spesso ha prestato la sua arte di attore in letture dantesche. E conclude: “Non mi risulta che Dante sia stato diseducativo per qualcuno, altro che cancellare lo studio della Divina Commedia, fosse per me nelle aule si dovrebbe dare più spazio al latino”.
A commentare all’Adnkronos la proposta dell’associazione ‘Gherush92′ è anche Magdi Cristiano Allam, per il quale “una posizione del genere è una violazione di quella che è la specificità di un’opera d’arte, di un capolavoro della letteratura mondiale che ha un contesto storico e culturale specifico, che fuoriesce da quelli che possono essere degli schemi valutativi moraleggianti. Rappresenta un faro che ha illuminato la cultura europea”.
Di redazione

Quaresima: ecco un po’ di storia (seconda parte)


[La prima parte è stata pubblicata martedì 6 marzo]
Dom Prosper Guéranger, nella sua opera dedicata all’anno liturgico, identifica alcuni tratti salienti e caratterizzanti il tempo di Quaresima, così come esso si è configurato nella storia della Chiesa. In particolare, essendo lo stesso autore un esimio esponente della tradizione monastica benedettina, non mancano riferimenti alla Regola del fondatore san Benedetto da Norcia (480 ca.-547 ca.) e allo stile monastico, pur avendo il medesimo come orizzonte di riferimento la storia ecclesiale in genere.

Il Dio di Tarzan: spunta un racconto religioso dell'eroe della foresta

 "Sì, Tarzan aveva trovato Dio e trascorse la gior­nata ad attribuirgli tutte le cose belle e giuste della natura. Ma c’era una creatura che lo turba­va. Non riusciva a conciliarla con l’i­dea di questo Dio appena scoperto. Chi aveva creato Histah il serpen­te? ». È il finale di uno dei dodici rac­conti di Tarzan contenuti in quello che è forse il libro più famoso che narra le vicende dell’eroe della fore­sta: Racconti della giungla. Uscito nel 1919, dedicato alle esperienze 'giovanili' di Tarzan, era servito al suo autore, Edgar Rice Burroughs, a rinsaldare la fama che si era creata intorno al suo personaggio, nato col racconto Tarzan delle scimmie pub­blicato nell’ottobre 1912 sulla rivista  The all-story. 
100 anni fa nasceva Tarzan, oggi scopriamo che nella foresta aveva incontrato Dio, ed oggi possiamo anche leggerlo a noi, ed ai nostri figli, perché tutti siamo cresciuti con lui ed io vedo anche i miei figli chiedermi il cartone animato e ripassare la storia sui libretti illustrati:  si intitola Il Dio di Tarzan e viene riproposto da Donzelli Editore, in occasione dei cento anni dalla nascita dell’uomo scim­mia,
Ma come fa il giovane Tarzan, rampollo di una nobile famiglia britannica, ma cresciuto da una scimmia nel­l’impenetrabile foresta africana, a scoprire Dio?
La fervida fantasia di Burroughs si affida all’innata pre­senza divina nell’anima di ogni uo­mo e al singolarissimo escamotage  dei... libri del padre. Tarzan, infatti, torna spesso alla capanna in cui le scimmie lo hanno preso dalla culla dopo che i suoi genitori erano stati uccisi. Qui è attratto dai libri di suo padre, in particolare un dizionario inglese, e con la curiosità propria di ogni ragazzo, cerca di muovercisi dentro: «Con grande fatica e usando anche infinita pazienza, egli era riu­scito senza aiuto alcuno a scoprire la funzione di quei piccoli insetti che scorrazzavano per le pagine stampate. Aveva imparato che nelle molteplici combinazioni parlavano un muto linguaggio». Gli insetti, na­turalmente, sono le lettere dell’alfa­beto. Le maiuscole sono per lui in­setti maschio. Le minuscole insetti femmina. E quando si imbatte nella paro­la God la sua curiosità si acui­sce......
E via raccontando.... lascio a voi la scoperta di questo Tarzan religioso e chiudo citando Avvenire, da cui prendo la notizia, lo definisce: "Un rac­conto immaginifico di grande effi­cacia simbolica. Una catechesi straordinaria e disarmante. Ed è for­se persino superfluo chiedersi per­ché se ne sia perduta traccia nei film, cartoni e telefilm che hanno reso immortale Tarzan. "
----------------------------------------------------------------------------------------------


Da Avvenire leggi
IL CASO. Fra le prime storie del suo inventore Edgar Rice Burroughs, spunta un racconto religioso dell’eroe della foresta. Pressoché ignorato.« Sì, Tarzan aveva trovato Dio e trascorse la gior­nata ad attribuirgli tutte le cose belle e giuste della natura. Ma c’era una creatura che lo turba­va. Non riusciva a conciliarla con l’i­dea di questo Dio appena scoperto. Chi aveva creato Histah il serpen­te? ». È il finale di uno dei dodici rac­conti di Tarzan contenuti in quello che è forse il libro più famoso che narra le vicende dell’eroe della fore­sta: Racconti della giungla. Uscito nel 1919, dedicato alle esperienze 'giovanili' di Tarzan, era servito al suo autore, Edgar Rice Burroughs, a rinsaldare la fama che si era creata intorno al suo personaggio, nato col racconto Tarzan delle scimmie pub­blicato nell’ottobre 1912 sulla rivista The all-story.
Una raccolta che da sempre la critica considera la più riuscita della saga dell’uomo scim­mia e che i fumettisti hanno subito eletto come la più efficace per im­patto immaginifico e narrativo, fra tutti i 28 libri su Tarzan usciti dalla penna di Burroughs e tradotti in 50 lingue. Per non dire di cineasti, sce­neggiatori televisivi e 'creatori' di cloni (invariabilmente catalogati co­me 'tarzanidi') capaci di produrre su Tarzan almeno una trentina di film, decine di serie televisive e di cartoni animati, fissando il perso­naggio nell’immaginario del XX se­colo e chissà di quanti secoli ancora. Un’immaginario collettivo nel qua­le, tuttavia, non sembra mai entrato il racconto nel quale Tarzan scopre l’esistenza di Dio. Si intitola Il Dio di Tarzan e viene riproposto da Donzelli Editore, in occasione dei cento anni dalla nascita dell’uomo scim­mia, nell’originario volume Tarzan. Racconti della giungla, impreziosito da numerose illustrazioni di Burne Hogarth: il fumettista morto nel 1996, capace di dare negli anni ’30 a Tarzan quelle fattezze dalle quali nessun altro si è più discostato. Ma come fa il giovane Tarzan, rampollo di una nobile famiglia britannica, ma cresciuto da una scimmia nel­l’impenetrabile foresta africana, a scoprire Dio? La fervida fantasia di Burroughs si affida all’innata pre­senza divina nell’anima di ogni uo­mo e al singolarissimo escamotage  dei... libri del padre. Tarzan, infatti, torna spesso alla capanna in cui le scimmie lo hanno preso dalla culla dopo che i suoi genitori erano stati uccisi. Qui è attratto dai libri di suo padre, in particolare un dizionario inglese, e con la curiosità propria di ogni ragazzo, cerca di muovercisi dentro: «Con grande fatica e usando anche infinita pazienza, egli era riu­scito senza aiuto alcuno a scoprire la funzione di quei piccoli insetti che scorrazzavano per le pagine stampate. Aveva imparato che nelle molteplici combinazioni parlavano un muto linguaggio». Gli insetti, na­turalmente, sono le lettere dell’alfa­beto. Le maiuscole sono per lui in­setti maschio. Le minuscole insetti femmina. E quando si imbatte nella paro­la God la sua curiosità si acui­sce. Un po’ perché è la più cor­ta che ha potuto osservare; un po’ perché «iniziava, in quel dizionario, con un insetto-g maschio molto più grande di quelli intorno»... potenza dei segni; un po’ «per il gran nume­ro di insetti maschio che compari­vano nella definizione: Divinità Su­prema, Creatore, Padrone dell’Uni­verso, Onnipotente...». Insomma, «God doveva essere assai importan­te ». E se ne convince ancor di più quando nota che in altri libri a quel­la parola si associano immagini di grandi edifici. Forse, deduce, God è un grande condottiero. Mai però si imbatte in qualcosa che gliene mo­stri le sembianze. Chiede alle scim­mie anziane, che però non possono capire. Spia il villaggio dei «neri» in­digeni e gli pare di individuare God nello stregone. Ma siccome God non potrà essere mai forte come Tarzan, il più forte della giungla, lo sfida a viso aperto. È in questa sfida, come per tanti personaggi biblici, che Dio comincia a rivelarsi. Nella colluttazione col capo villaggio che ne segue, Tarzan ha presto il soprav­vento, ma quando sta per uccidere, secondo il suo istinto, per la prima volta si commuove nell’osservarne quel volto che implora pietà e la sua mano non riesce a calare il fendente decisivo. Nella giungla, il giorno do­po, il grande serpente rapisce il fi­glio di Teeka, la scimmia femmina con la quale ha diviso i giochi di bambino. Tutte le scimmie fuggono ma Teeka si getta fra le spire del ser­pente per salvare il figlio. Lui fa lo stesso per salvare Teeka. Missione impossibile che però a Tarzan rie­sce. Ma perché Teeka «si è lanciata contro il terribile Histah» sacrifican­dosi per salvare il figlio? Perché lui lo ha fatto per Teeka? E che cosa mai a­veva potuto fermare la mano di Tar­zan dall’uccidere quell’uomo? «Co­sa lo spingeva a fare quelle cose? Qualcuno più forte di lui doveva co­stringerlo ad agire, certe volte. 'On­nipotente' pensò Tarzan», tornando con la mente alla sequenza di «in­setti grandi» che segue la parola God. o non posso vederlo ma « I so che deve essere God a fare certe cose». Un rac­conto immaginifico di grande effi­cacia simbolica. Una catechesi straordinaria e disarmante. Ed è for­se persino superfluo chiedersi per­ché se ne sia perduta traccia nei film, cartoni e telefilm che hanno reso immortale Tarzan.

Strage di Jos: "i boy scout hanno impedito all'autobomba di piombare sui fedeli"

Sono stati i boy scout ad impedire che l'attentato suicida di domenica 11 marzo contro la chiesa di Saint Finbarr, a Jos, capitale dello Stato di Plateau, nella Nigeria occidentale avesse conseguenze ancor più gravi. "Ieri mattina, i boy scout erano al cancello della parrocchia quando è arrivata l'autobomba con l'attentatore suicida a bordo. Lo hanno fermato ed hanno iniziato a rivolgergli alcune domande. A quel punto c'è stata l'esplosione. Erano le 10,25 e la Messa era ancora in corso" racconta all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos.

Chiediamo all'Arcivescovo se vi sono novità sull'identità degli attentatori. "Si sospettano i membri di Boko Haram, ma nessuno, al momento, può dire se i criminali che hanno commesso l'attentato di ieri siano persone del posto o provengano da altrove" afferma Mons. Kaigama. Secondo fonti di stampa, quando la notizia dell'attentato si è diffusa in città si sono avuti episodi di rappresaglia da parte di giovani cristiani contro alcune aree popolate da musulmani. I morti sarebbero una decina.

L'area di Jos vive un fragile equilibrio etnico e religioso. Da anni vi sono episodi di violenze intra-comunitarie tra le popolazioni locali (per lo più cristiane e sedentarie) e le popolazioni provenienti dal nord (in gran parte musulmane e in diversi casi nomadi). Chiediamo a Mons. Kaigama se, a suo parere, esiste una strategia volta a far scoppiare i fragili equilibri tra le diverse comunità dell'area. "Mi domando solo - risponde - quale sia l'obiettivo che questa gente intende raggiungere attaccando le chiese. Ricordo che solo due settimane fa, sempre a Jos, era stata colpita con modalità simili una chiesa protestante". (L.M.) (Agenzia Fides 12/3/2012)

Angela Merkel atterrata a Roma a prendersi le nostre chiavi di casa

I notiziari del mattino presto, tra il cappuccino ed il cornetto alla nutella, mi rendono amara la giornata comunicandomi che Angela Merkel, la cancelliera tedesca, è appena atterrata a Ciampino, in Roma, per la sua visita ufficiale in Italia
Che è venuta a fare? A giocare a Cucù con Silvio? Non credo! A prendere a schiaffi Monti? Forse! Ad aiutarci a riportare a casa i Marò prima che ci pensino gli inglesi a far fuori anche loro? Speriamo!
Sicuramente è venuta a prendersi le chiavi di casa, delle nostre case.
Quindi raccogliamole tutte in uno scatolone che mi incarico io di portargliele all'Ambasciata nel pomeriggio. Dopo che si è presa tutto, i nostri conti, le nostre banche, la nostra politica, il nostro governo, gli mancano solo le chiavi di casa nostra. Poi deciderà dove stabilire residenza.
Buongiorgio e benvenuta Frau Angela

Oggi è S.Rodrigo di Cordova. Nomi Fatima,Ezio. Frase di Parkinson.

13 marzo 2012 segno zodiacale: Pesci
Il sole sorge alle 6.28 e cala alle 18.10
S.RODRIGO di CORDOVA. Fu prete a Cordova, nell' Andalusia, un territorio allora sotto il dominio arabo.
Uno dei suoi fratelli era rimasto cristiano e l' altro musulmano.
Rodrigo venne ucciso da i musulmani, ma non si tratta in questo caso di persecuzione.
E' vittima, infatti, di risse familiari, fraterne.
Tenta di mettere pace tra i due fratelli di fede diversa, ma senza riuscirvi.
Un giorno Rodrigo venne picchiato, rimanendo privo di sensi.
A quel punto il fratello musulmano lo portò via e, all'insaputa di Rodrigo, dice alla gente che, gravemente malato, si è fatto anche lui musulmano.
Rodrigo, però, si ripresenta vestito da prete:è lo stesso fratello a portarlo davanti al giudice musulmano, accusarlo di apostasia e farlo condannare a morte.
NAME OF THE DAY: Female FATIMA deriva dall' arabo Fatimat e significa " colei che svezza i bambini". Si festeggia il 13 maggio. La sua pietra è il rubino.
Male EZIO deriva dal greco Aetios che significa " aquila". Si festeggia il 6 marzo. La sua pietra è l'opale.
" Cosa guadagni, amico, se invece di quattro scellini ne incassi sei, se quello che hai in più lo devi dare al medico?"
James Parkinson