05/04/12

Bossi apparve il 5 aprile del 1992 e scompare il 5 aprile 2012

Il 5 aprile del 1992 si svolsero le ultime elezioni di quella che viene chiamata la Prima Repubblica che portò al parlamento italiano, per la prima volta, 55 deputati e 25 senatori della Lega Nord e cambiò la storia politica di questi venti anni (Elezioni politiche. La Dc sotto il 30%.  Il PSI perde 1,2%.   Il quadripartito ottiene una risicatissima maggioranza.  La Lega di Bossi oltre il 9%.  Il Pds poco sopra il 16%. Parlamento frammentato, difficoltà di costituzione del governo. )
Si può ritenere quella la data dell'ingresso ufficiale, e prepotente, di Umberto Bossi sulla scena politica italiana .
Ora a caldo tutto sta finendo con queste dimesse dimissioni però, quando ri calerà la serenità su via Bellerio e sull'Italia intera, si potrà anche parlare con calma della novità portata da tutta questa gente del Nord, a cominciare da un linguaggio chiaro e con poche accenti dialettali, per finire con buone ed a volte ottime gestioni di Comuni, Città e Ministeri.
Ci vorrà dal tempo ora, ci sarà una lunga notte dei coltelli, perché i magazzini del Nord sono pieni di "armi", quelle che dovevano essere usati per separarsi dal resto d'Italia ma che mi sa che in questi giorni sono state tutte utilizzate dentro casa e quelle che rimarranno, attenzione, nascondetele bene che il Popolo, del Nord, del Centro, del Sud, in una parola d'Italia è stufo, ma stufo davvero! Stiamo arrivando!
Ora Bossi è Presidente della Lega. Promoveatur ut amoveatur

Alla ricerca di significato: scopriamo il Triduo pasquale

Se la Settimana Santa vede il suo inizio con la Domenica delle Palme, il suo culmine è certamente rappresentato dal Triduo Pasquale, composto dai giorni in cui si fa memoria della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo – ovvero degli episodi cruciali della Redenzione umana –, che vedono il loro inizio con i Vespri del Giovedì Santo e si concludono con i Vespri del giorno di Pasqua.

La Lega al tempo di Alfonso Papa. Chieda scusa al garantismo e al Pdl

Riflessione pre pasquale. C'e' una voce, in questi giorni di polemica e attacco nei confronti della Lega Nord, dissenziente e del tutto indifferente al patibolo mediatico costruito per la famiglia Bossi: e' quella del Pdl e di tutti quei moderati sparsi per i vari partiti dell'area di centrodestra che hanno sempre seguito una politica garantista. Al contrario di ciò che scrivono i giornali e mandano in onda le televisioni, delle polemiche scatenate dai più importanti editorialisti e degli insulti proferiti dai politicanti italiani, nel partito di Berlusconi si respira un'aria diversa, meno inquisitoria e più attendista degli sviluppi dell'inchiesta che ha senza dubbio scalfito l'immagine di un partito fino a oggi granitico e pulito. Sarebbe superfluo elencare tutti coloro i quali hanno invitato ad aspettare prima di condannare. Ma basta leggere la dichiarazione rilasciata da Silvio Berlusconi un paio di giorni fa, durante l'ufficio di presidenza del Pdl, per capire che c'e' una certo grado di coerenza a Via dell'Umilta'. Non e' la prima volta che succede: fu il caso di Alberto Tedesco, il senatore del Pd coinvolto in alcune inchieste sul malaffare della sanità pugliese, a fare da apripista a un comportamento coerente con quanto professato pubblicamente. Seguirono, poi, la vicenda di Penati, di Pronzato e tanti altri ancora. Insomma, una condotta mediatica irreprensibile. La stessa che non hanno mai avuto il Pd, che ebbe addirittura il coraggio di votare a favore dell'arresto di un proprio parlamentare, certo che si sarebbe salvato con i voti del Pdl, l'Idv, partito notoriamente composto da manettari e forcaioli, e anche la Lega Nord che, come noto a tutti, è al centro di uno scandalo con potenzialità disastrose per il proprio futuro politico. Il ricordo, ovviamente, non può che andare alla vicenda di Alfonso Papa, deputato del Pdl, che fu coinvolto in un'inchiesta condotta da John Henry Woodcook - il Pm che conduce uno dei tre filoni d'inchiesta sul partito di Via Bellerio - sulla presunta creazione di un giro di malaffare e potere deviato che, guarda caso, fu soprannominato P4. L'indagine dopo giorni di clamore mediatico e mesi di piste morte e inesistenti si abissò negli archivi della procura di Napoli, ma Alfonso Papa, nonostante il suo status di Palmentare, con un voto clamoroso dell'Aula di Montecitorio, finì vittima della carcerazione preventiva, guadagnandosi un "fantastico soggiorno all inclusive" di quattro mesi a Poggioreale. E fu proprio grazie ai voti della Lega che il Parlamentare napoletano finì in carcere. L'opinione pubblica, purtroppo, ha la memoria corta e il cattivo vizio di dimenticare ciò che i media non mettono più in risalto ma chi fa politica, chi ha una memoria di ferro non può dimenticare che il capriccio di Maroni e dei suoi sodali, che compongono la maggioranza del gruppo della Lega alla Camera, costò a un padre di famiglia la lontananza dai propri figli per diversi mesi e a degli innocenti bambini la mancanza fondamentale di un padre. Per non calcolare il danno politico all'allora Esecutivo guidato da Berlusconi, e appoggiato dunque da un partito di 'galeotti', come qualcuno azzardò a dire, e la spinta involontaria data a quei magistrati convinti di poter fare e disfare Governi a colpi di inchieste clamorose che poi si sarebbero rivelate un buco nell'acqua. Ma nonostante questo e tanto altro, si vedano gli insulti che gli azzurri si sono beccatti da Bossi e company in questi mesi per l'appoggio al Governo Montti, la magnanimità di Berlusconi e la buona fede del Pdl hanno impedito che contro la Lega si alzasse un coro di voci unanime, che ci fosse una condanna preventiva ancor prima dell'inizio di un processo vero e proprio. Ecco perché una volta chiarita questa vicenda dai contorni poco chiari, nel bene o nel male, Bossi, Maroni, Calderoli e la Lega intera dovrebbero chiedere scusa al Pdl e soprattutto ad Alfonso Papa per quel comportamento vergognoso che li rese molto simili al compagno Tonino Di Pietro. Non cancellerà l'onta di quattro mesi di carcere ma quantomeno restituirà al garantismo quell'importanza e quel valore che tutti gli dovrebbero dare.

Arbitro fischia quando Puyol alza la mano (come succedeva con Baresi)

Gli interisti una volta ci criticavano perchè a noi del Milan i falli a favore venivano fischiati quando Franco Baresi alzava la mano per guidare l'arbitro alla decisione. Sudditanza psicologica, si diceva, mentre per noi era solo l'infallibilità di Baresi che difficilmente sbagliava a far alzare una difesa per il fuorigioco sacchiano che ci ha portato a vincere ovunque, in Italia e nel mondo.
Sento alcuni colleghi Diavoli milanisti lamentarsi che l'altra sera i falli venivano fischiati quando Puyol alzava la mano, in affanno, e quindi la terna, o quaterna, arbitrale dava a lui più di una mano, meglio un fischio. Può essere.
Questo significa altra sudfditanza psicologica degli arbitri europei verso il Barcellona?
Non lo so.
Nol voglio togliere nessun merito al Barcellona di Pep Guardiola perchè quello che ha fatto in questi ultimi anni quella squadra è sotto gli occhi di tutti. Però constatare che qualche arbitro si fa aiutare in campo, diciamo così, da Puyol o Mascherano e dalle loro indicazioni, penso non sia un peccato di lesa maestà.
Noi del Milan poi che conosciamo bene questo ritornello, che appunto capitava spesso ai tempi di Baresi, dovremmo essere i primi ad abbassare i toni ed a meditare sul fatto che se in Europa contiamo poco non è perchè la mano del capitano Ambrosini si vede meno di quella di Puyol, ma è perchè le mani del capitano catalano ultimamente hanno alzato più coppe di quelle del nostro.
Diavoletto Buono

Sarajevo 1992 - 2012: per non dimenticare e per imparare dalla Storia

Non si poteva uscire né entrare, non c'era cibo, acqua, luce e gas, solo bombe: in quarantatré lunghi mesi di assedio, Sarajevo ha contato 20 anni fa i propri morti, 11.541, oltre a 50.000 feriti e mutilati, dilaniati dalle granate serbe cadute sulla città con una media di 330 al giorno, un macabro 'reality show' al quale tutto il mondo assisteva in diretta televisiva.

Le Nazioni Unite attuarono un ponte aereo per gli aiuti umanitari, durato più di quello di Berlino, dispiegando 24 mila caschi blu in tutta la Bosnia, ma la gente nella capitale e nel resto del Paese continuò a morire per tre anni e mezzo. Le prime vittime furono due giovani donne, Suada Dilberovic e Olga Sucic, uccise dai cecchini serbi sul ponte che oggi porta il loro nome, mentre manifestavano per la pace il 5 aprile 1992. Il giorno dopo la Comunità europea e gli Usa riconobbero l'indipendenza della Bosnia dalla Jugoslavia, e quel sei aprile divenne formalmente l'inizio dell'assedio di Sarajevo e della guerra in Bosnia. Quel giorno arrivò il primo bombardamento ad opera dell'artiglieria pesante dell'esercito federale, a grande maggioranza serba, che già da due mesi era dispiegata sulle colline tutt'intorno alla città: 1.600 bocche di fuoco, 100 carri armati, 180 blindati e 12.000 soldati stringevano la capitale in un cerchio di 62 chilometri. Un mese più tardi cambieranno solo le insegne per diventare l'esercito della 'Repubblica serba di Bosnia'.

Gli abitanti di Sarajevo riusciranno solo nell'estate del 1993 a fare una 'breccia' nel muro di sangue e di terrore, scavando un tunnel sotto la pista dell'aeroporto. Nel più lungo assedio della storia moderna le tecniche usate sembravano prese dalle cronache medievali: cibo, acqua, luce, gas, erano diventati strumenti di guerra.

Gli assedianti controllavano anche i convogli di aiuti umanitari scortati dai Caschi blu, cercando di prendere Sarajevo, oltre che per fame e freddo, seminando terrore: bombardavano ospedali, scuole e biblioteche, i cecchini sparavano anche sui bimbi di pochi anni e le granate colpivano i civili mentre prendevano un caffé, attraversavano una strada, raccoglievano legna o prendevano l'acqua, e anche mentre seppellivano i propri morti.

Ogni assembramento rischiava di diventare una strage, come quella del 27 maggio 1992, quando un colpo di mortaio uccise 23 persone in fila per comprare il pane, fino al massacro del mercato il 5 febbraio 1994 con 68 morti, e a quello del 28 agosto 1995, con 41 morti, che provocò la reazione della Nato e gli attacchi aerei contro le postazioni di artiglieria serbe.

La città ha resistito cercando in tutti i modi di mantenere in vita quello 'spirito di Sarajevo' dalle molte culture e molte religioni, e la memoria di una Bosnia in cui la tolleranza e la vita comune erano una tradizione secolare. "Se noi sarajevesi fossimo stati dichiarati un esperimento, le nostre conoscenze ora proverebbero scientificamente all'umanità che è possibile sopravvivere a una catastrofe e al terrore e rimanere nello stesso tempo esseri umani", dice Suada Kapic, autrice del progetto di un futuro Museo dell'assedio la cui porta virtuale verrà aperta al pubblico di Internet il 5 aprile.

'E' la storia della natura umana - osserva Kapic - sia di quelli che uccidono che di coloro che sanno di poter essere uccisi in ogni momento e ogni luogo e proprio per questo fanno teatro, organizzano mostre, scrivono libri, scavano tunnel, costruiscono stufe a legna, coltivano orti, realizzano festival del cinema, spettacoli per bambini.'

Molti protagonisti di quella resistenza oggi si sentono accerchiati come vent'anni fa, stretti come in una camicia di forza dall'accordo di pace di Dayton che ha suggellato la divisione etnica impedendo alla Bosnia di avere un futuro di normalità. Il 6 aprile Sarajevo commemorerà i morti dell'ultima guerra con un concerto davanti a 11.541 sedie vuote, ricordando come ogni anno anche un altro sei aprile, quello del 1945 quando i partigiani di Tito liberarono la città dall'occupazione nazista

(Da Ansa)

Roma ladrona, Lega copiona: quando il discepolo supera il maestro

L'intero partito, quello che doveva prima dividere l'Italia, poi rinnovarla e migliorarla, è pronto per implodere. Centinaia di migliaia di euro per pagare la bella viva del Trota (Renzo Bossi ) che a quanto pare trota non era ma Principe, come risulta dalle intercettazioni.
Bella vita, belle auto, viaggi ed addirittura pare gli abbiano comprato anche il diploma, quello famoso e tanto discusso.
Renzo Bossi, il Trota, imposto dal Senatur come Consigliere Regionale (eletto raccogliendo i voti, suoi e del padre) è il figlio, quindi l'inizio di una vita ma a quanto pare sta diventando la fine della storia politica di Bossi e famiglia.
Quella scelta di imporre il figlio segnò la fine della tregua, all'interno della Lega, verso il Capo. Lì cominciarono gli scricchiolii, i malumori, i dissensi pubblici.
Da una parte Berlusconi inseriva a tutti i costi la Minetti, dall'altra Bossi candidava e faceva eleggere il figlio: l'inizio della fine per entrambi.
E la delusione è doppia se non tripla verso uno che doveva prima prendere a cannonate l'Italia da Piacenza Nord in giù, poi sembrava averla conquistata per cambiarla democraticamente, ma poi piano piano su quelle odiate poltrone di Roma ci si è trovato bene, anzi benissimo.
Bossi ha sempre accusato Roma Ladrona dimenticandosi, da sempre, i ladri che aveva in casa.
Ricordo che incontrammo l'Umberto a Ponte di Legno, fuori dalla Piscina, ed era il 1994 o 1995. Io e mio padre ci avvicinammo e mio babbo, gentilmente, gli sottolineò come la corruzione c'era anche al Nord, nelle aziende, negli ospedali, grazie a certi imprenditori che per vendere corrompono di tutto e di più. Bossi, dapprima quieto, vedendo radunarsi attorno gente si alzò ed inveì contro mio padre, che aveva visto per la prima volta, dicendogli: "voi democristiani la prenderete nel culo senza vaselina".
Ce ne andammo ed io, giovane elettore ai primi voti, decisi che mai e poi mai avrei dato il voto ad un animale del genere, maleducato nei confronti di mio padre e di una persona che aveva visto per la prima volta.
Non mi interessa oggi ballare sul suo cadavere (politico) che sta scorrendo sul fiume della politica, la mia rivincita l'ho avuta ad ogni elezione non votandolo e non facendolo votare.
Bossi, rimanendo per tanti anni a Roma, ha contribuito a peggiorare l'Italia ed il sistema politico nazionale migliorando solo il suo conto in banca e favorendo famigliari ed amici: un federalismo famigliare nel senso stretto dei termini.
Giorgio Gibertini Jolly


Vince oltre un milione di euro ma si annoia e torna a lavorare da McDonald's

Io da McDonald's ci vado spesso, ma in Italia. Se fossi in Galles ci andrei di più per poterlo incontrare e stringergli la mano. Parlo del nostro sorriso appetitoso di oggi: Luke Pittard. Nel 2006 aveva vinto 1,3 milioni di sterline (1,6 milioni di euro) alla lotteria, ma dopo i viaggi e gli ozi goduti per un po', Luke (nella foto) ha deciso di tornare a lavorare da McDonald's a Cardiff (Galles), a 7,5 euro all'ora, perché gli mancavano i suoi compagni di lavoro e perché "ti puoi riposare solo per un tanto". Tutti pensano che io sia pazzo" - ha dichiarato il 25enne Luke al Daily Mirror nel primo giorno in cui è tornato a fare hamburger e patatine. "Ma io rispondo che la vita va oltre i soldi. Mi piaceva lavorare da McDonald's prima di diventare milionario, e sono contento di esserci tornato. Sono giovane e un pò di lavoro non ha mai fatto male a nessuno".
Anche io farei lo stesso. Il lavoro nobilita l'uomo e poi, diciamocelo, lavorare con un bel gruzzoletto in banca è molto bello e si sta più sereni la prima, la seconda, la terza ed anche la quarta settimana.
Buon lavoro e buongiorgio

SETTIMANA SANTA: Giovedì; li amò sino alla fine

Vangelo Gv 13, 1-15
Li amò sino alla fine

Dal vangelo secondo Giovanni
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».




PS: domani pubblicheremo alle 14.50, appena prima delle tre del pomeriggio, l'ora santa della morte di Gesù. In tanti posti di lavoro ci si fermava per qualche minuto.