30/07/11

Alcune semplici riflessioni sull’etica, la scienza, il diritto e il senso della vita umana

Mettiamo le cose in chiaro. La vita è un bene disponibile o indisponibile? Il problema di fondo allora è quello di stabilire prima di tutto se la vita è un diritto oggettivamente assoluto valido per tutti, nessuno escluso oppure un valore, relativo alla volontà del singolo soggetto-persona. Ma chi può essere definito persona a tutti gli effetti e soprattutto c’è da chiedersi, chi può stabilirlo. La legge, i giudici, mah un mistero. O forse no, in realtà ultimamente stiamo assistendo ad una mutazione culturale del nostro ordinamento giuridico, da sempre regolato da un sistema basato sulla legge positiva che a quanto pare invece sta piano, piano trasformandosi in un altro, molto simile al common law anglosassone. Dove a farla da padrone, non sono le leggi positive stabilite dal parlamento quanto le decisioni del giudice che caso per caso, giudizio per giudizio, crea le leggi. Ma procediamo per ordine. Partiamo dalla vita e citiamo per esempio, un documento a caso: la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948. In essa a proposito dei diritti fondamentali, tra i quali la vita, l’art. 30 stabilisce che “nulla nella presente dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati”. Sappiamo inoltre che ai sensi dell’art.2 della nostra Cost. tra i diritti fondamentali, inviolabili, assoluti, fondamentali, il primo avente validità assiologica è proprio il diritto alla vita. E infine, come potremmo non citare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e gli art.1,2e 3 posti rispettivamente a tutela dell’inviolabilità della dignità umana, del diritto alla vita “ogni individuo ha diritto alla vita” e dell’integrità della persona? A quanto pare, gli interrogativi sono tanti, il che vuol dire che la nostra società si dibatte quotidianamente in mezzo a innumerevoli questioni che non riesce a risolvere unanimemente, nonostante l’estrema semplicità dei contenuti di valore dei principi universali, sanciti dai comuni ordinamenti internazionali. In proposito ho trovato molto interessante, il punto di vista dell’arcivescovo Carlo Caffarra, secondo il quale oggi, l’uomo vive una vera e propria rivoluzione culturale che subordina “la ragionevolezza pratica alla sola ragionevolezza tecnica o scientifica”. Con il risultato di avere inferto un colpo mortale alla ragione e di avere del tutto smarrito il punto di vista centrale dell’etica che avrebbe al contrario dovuto mantenere, una sua autonomia di senso per garantire il raggiungimento dell’obiettivo del bene comune dell’uomo. Quanto detto, non è poco anzi direi essenziale, soprattutto considerando da un lato che il “sequestro” della ragionevolezza etica da parte della ragionevolezza tecnica, è il frutto della loro mancata interazione; e dall’altro che questa stortura a sua volta sta generando, una cultura tecno-centrica riduttiva, peraltro portata ad escludere del tutto le innate capacità razionali dell’uomo. Fa bene, l’arcivescovo Caffarra a segnalare il grande pericolo nel quale ci stiamo tutti imbattendo ovvero la costruzione di una realtà nella quale l’etica è decontestualizzata. Nella quale come sottolineato da una Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede del 2002, è gravemente compromessa “l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona”. La verità prosegue la Nota è che “esistono esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili” alle quali dovrebbero adeguarsi le “attività politiche” per la “realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato”. E’ altrettanto vero come rileva Anna Arendt che allo stato attuale, l’enorme accrescimento del sapere umano e del suo potere nei confronti della natura si è talmente evoluto da essere quasi in grado di “distruggere tutta vita organica sulla terra”. Infatti la scienza ormai ci consente di riprodurre artificialmente alcuni “processi che non si verificano sulla terra” e di “agire su di essa dall’esterno”. Il punto è che il nostro nuovo potere creativo, ci sta spingendo oltre sino a “produrre nuovi elementi mai trovati in natura” e perchè no forse anche lo stesso “miracolo della vita”. Sembrerebbe fantascienza, eppure “abbiamo già “cominciato a popolare lo spazio che circonda la terra con stelle artificiali creando, per così dire, in forma di satelliti, nuovi corpi celesti”. Non c’è dubbio quanto tutto questo sia di per sé affascinante e attraente per la mente umana, tuttavia rimane in piedi il quesito di fondo: il ruolo dell’essere umano. In una scala di valori, quale posto gli spetterebbe? A mio parere la logica ispiratrice, dovrebbe comunque tenere ben saldo il principio fondamentale della tutela della dignità, non negoziabile e strumentalizzabile in nessuna circostanza, al fine di scongiurare le tragiche violazioni ben conosciute nella passata epoca del Nazionalsocialismo. Senza pertanto smarrire il senso della libertà individuale, l’uomo non dovrebbe perdere mai di vista il significato originario della sua dignità; così come formulata dalla stessa tradizione costituzionale europea con un preciso significato oggettivo, riferibile a qualunque essere umano in qualunque fase della sua esistenza, dal concepimento alla morte naturale.

D’altronde seguendo il concetto laico della indisponibilità della vita umana, non dovrebbe essere tanto difficile riuscire a pensare in termini kantiani e concludere che “l’uomo non può disporre di se stesso” distruggendo anche la propria esistenza.

Silvia Bosio

Un agosto da “Cabarevolution”


“Cabarevolution” è uno spettacolo da consigliare a chi ama il cabaret milanese. Walter Di Gemma, artista milanese che nasce dal cabaret tradizionale, ci descrive non solo una città a cui sente di appartenere, ma il bisogno e la voglia di poesia e di fantasia.

“Cabarevolution” non è uno spettacolo per chi vuole la battuta grassa e fine a sé stessa, lo spettacolo pur rimanendo ancorato in molti casi allo spirito popolare, presenta atmosfere e situazioni al di fuori del campanilismo retorico e sterile.

L'autore intende recuperare la percezione del termine "Cabaret" in senso più autentico, senza quelle etichette che lo hanno relegato a concetto di comicità televisiva, troppo spesso legata a fini evidentemente politici.

Il pubblico che segue Walter Di Gemma è proprio per questo che gli è affezionato. È un personaggio eclettico e attento a ciò che gli accade intorno. Trae dall'umanità gli spunti per una crescita in continua evoluzione. La sua naturale capacità di improvvisazione lo aiuta ad accorparsi ogni volta con qualsiasi tipo di spettatore che si lascia coinvolgere dalla sua presenza.

Gli appuntamenti previsti per il mese di agosto saranno:

LUNEDI' 1 AGOSTO - BARZIO (LC) Piazza, Ore 21.00

VENERDI' 5 AGOSTO - CASARGO (LC) Piazza, Ore 21.00

SABATO 6 AGOSTO - ARGEGNO (CO) Piazza, Ore 21.00

VENERDI' 12 AGOSTO - ONNO (LC) Teatro, Ore 21.00

Sara Citterio

La punizione per Borghezio? Tre mesi dai famigliari delle vittime di Utoya

Borghezio è stato sospeso per tre mesi dalla Lega e non è più presidente della Lega Piemonte. Può bastare questo? Non penso, conoscendo, a distanza, il tipo. Tanti anni fa divenne famoso, in una delle sue prime uscite, per essere salito sul treno Milano-Torino armato di strofinaccio e sapone per pulire le carrozze frequentate da prostitute africane: con tanto di telecamere al seguito! Poi, prima di arrivare all'ultima su Dreivik, ne ha fatte tante altre ma nessuna meritevole di essere ricordata e nessuna, soprattutto, inerente o compatibile con il suo incarico strapagato al Parlamento Europeo.
Ovvio che l'ultima sparata in difesa e condivisione delle idee del "cretino apocalittico"che ha ucciso quasi cento persone ha lasciato maggiormente il segno anche per la intempestività dell'uscita pubblica.
Tre mesi di sospensione.
Qualsiasi "punizione" per Borghezio è sempre troppo poco : io l'avrei anche messo dietro la lavagna. Con un'amica si era pensato dapprima di scrivere un editoriale in questo modo:
"Ecco che cosa pensiamo di Borghezio: xxxxxxxxx, bip, xxxx, bip bip bip"  dove avremmo lasciato la libertà al letto di sostituire le x ed i bip con improperi tipici della propria regione.
Oggi vogliamo spingerci oltre proponendo due cose all'altezza della nostra serietà.
La prima che Borghezio sia obbligato a passare quei tre mesi, od il tempo necessario, a conoscere i famigliari delle vittime di Utoya.
La seconda è che se Breivik verrà giustamente condannato per crimini contro l'umanità, Borghezio lo sia definitivamente per crimini contro l'intelligenza.

29/07/11

Photo Of The Week N°3 - Ciliegi

Nuova settimana, nuovo scatto! Oggi ho l'onore di presentarvi il primo lavoro di uno di voi lettori. Si tratta di uno scatto (splendido) realizzato da Erica, fotografa e blogger direttamente dagli Appennini. Si tratta anche del primo scatto su pellicola della nostra rubrica! Non mi resta che augurare a tutti una buona visione. Grazie Erica!


Foto: Ciliegi
Questa foto è stata scattata nel mese di giugno di quest'anno, periodo in cui ogni anno il viale di casa mia viene invaso da enormi palle bianche e soffici che sono gli alberi di ciliegio. Perchè i ciliegi? Perchè mi ricordano quando ero bambina, quando con mia nonna passeggiavo sotto questi giganti fioriti e tutto il mondo si colorava di bianco e rosa tenue. La foto è stata realizzata con una Ricoh KR-10 Super, macchina che mio padre comprò nientemeno che a metà degli anni 80! In quest'era anche troppo tecnologica, io l'ho rispolverata e con l'ausilio di un buon "vecchio" rullino e dello stesso fotografo da cui mio padre la comprò (quasi 80 anni e un occhio di vetro!) l'ho rimessa in sesto. L'effetto antico della foto è dovuto solamente al tipo diciamo non proprio moderno di carta fotografica usata dall'anziano fotografo!

Autore: Erica
Novizia della fotografia, in fase di apprendimento! Vivo in pieno appennino tosco-emiliano, in provincia di Modena. Un luogo speciale che non abbandonerei mai, che mi regala scorci unici ogni giorno. Fotografo quello che mi circonda, i miei paesaggi, cercando di coglierne il lato speciale e in qualche modo poetico, quel non so chè, quel piccolo particolare che mi fa battere il cuore, come per esempio il blu intenso del cielo in primavera o i campi dorati dal caldo estivo. Non amo molto descrivermi e trovo che il mio blog, che ho da ormai poco più di tre anni, parli per me! Solo da poco ho deciso di pubblicare le foto che faccio, oltre che i miei pensieri sgangherati.

Come quando fuori piove
Come partecipare
Volete che un vostro scatto sia la prossima "Photo of The Week"?
Non dovete far altro che mandare una mail a servlad90@yahoo.it con il vostro scatto, preferibilmente in alta qualità. La foto dovrà essere accompagnata da un titolo, da una breve descrizione dello scatto, del supporto che avete utilizzato e di eventuali effetti impiegati. Inoltre è gradita una vostra breve biografia, in modo che il nostro pubblico possa conoscervi. Nel caso in cui abbiate un blog dove pubblicate le vostre foto, vi invitiamo a segnalarcelo. Buona Fotografia a tutti!

Se anche la Lega perde la trebisonda siamo proprio messi male

Anzitutto facciamoci aiutare da Wikipedia per spiegare che cosa vuol dire "perdere la trebisonda" in dialetto milanese.
In lingua italiana il nome, sostantivato, della città viene utilizzato nella frase "perdere la trebisonda" con utilizzo e significato analogo a quello di "perdere la bussola" (o "la tramontana"): essere disorientati o confusi e con il significato aggiuntivo di perdere il controllo, inquietarsi.

28/07/11

Tremonti ha tagliato anche l'estate

Non si finisce mai di imparare e soprattutto non si finisce mai di scoprire che cosa davvero si nasconde nelle maglie della burocrazia. In un articoletto piccolo piccolo (che oserei dire piccino picciò) in fondo al capitolo ventinove della centosettantesima pagina della manovra finanziaria economica solo per i cittadini italiani e non per i loro rappresentanti, è previsto il taglio dell'estate ma non dal 2014, da subito!
Mannaggia voi: ad averla letta prima sarei andato in vacanza a Giugno!
Eh si cari amici, il Governo, vista la crisi, ha deciso di tagliare l'estate e la sua fine era prevista con l'approvazione della manovra finanziaria avvenuta venerdi 22 luglio scorso. Fine delle vacanze. Mi spiace. Come correre ai ripari? In nessun modo se non con un ombrello, mi spiace cari concittadini: dovevate fare le vacanze prima, ci servono anche quelle, siamo già in autunno.
Ovviamente questa norma non si applica a parlamentari, ministri, consiglieri regionali e comunali che, dove andranno in vacanza, godranno di un perenne (costosissimo ma fa niente) raggio di sole che li seguirà per tutto il tempo (come un'auto blu) comprendendo pure moglie, figli, amanti e quei pochi della cricca.
A noi il taglio dell'estate da subito: a loro, forse, dal 2014.

27/07/11

Visti e Rivisti : Nella Valle di Elah







Oggi vi proponiamo la rilettura di un bellissimo film del 2007 di Paul Haggis intitolato "Nella Valle di Elah". Tra i protagonisti: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, James Franco, Susan Sarandon, Jonathan Tucker.

Tommy Lee Jones (Hank Deerfield), veterano del Vietnam e patriota inzia la ricerca del figlio Mike, tornato a casa da poco (una settimana) dall’Iraq e ora misteriosamente scomparso. Il cadavere del ragazzo viene ritrovato grazie all’aiuto di una poliziotta (Charlize Theron). Le convinzioni di Hank Deerfield si sgretolano lentamente man mano che la vicenda si svolge fino alla soluzione del delitto.

Non ho voluto scrivere molto sulla trama del film perché la Valle di Elah va visto in ogni suo fotogramma. Questo film inizia già dal suo titolo. Ed è forse il titolo stesso.

La Valle di Elah, infatti, era un luogo dell’antica Palestina dove avvenne lo scontro tra Davide e Golia. La Bibbia racconta, infatti, di come l’esercito del popolo d’Israele (quello di Re Saul) e quello dei Filistei si appostarono sui monti opposti agli estremi della valle.

Ogni giorno per quaranta giorni, Golia, il più temuto guerriero tra i Filistei, scendeva nella valle a cercare chi lo sfidava. Ogni giorno non si presentava nessuno perché gli ebrei lo temevano fortemente. Un giorno però, Golia si trovò davanti Davide, un giovane pronto a riscattare l’onore della sua gente. Davide si presentò senza armi impugnando solo una semplice fionda. Sfidando la paura, uccise Golia con un solo sasso scagliato con la sua fionda.

Il titolo quindi, a mio parere rappresenta la valle della guerra in Iraq ed il cammino doloroso che dovrà fare Tommy Lee Jones nello scoprire la verità sull’accaduto. La valle di Elah non è un semplice thriller, è la conseguenza di una guerra “insana” sotto molti aspetti. Il gigante Golia è la paura, l’annientamento fisico ed emotivo dei ragazzi che hanno vissuto una guerra di menzogne. Il gigante lascerà in loro ferite difficili da poter dimenticare e quindi sanare.

Tutto il film è un sordo urlo di dolore quasi muto e lancinante a volte delicato e sottile che entra dentro lo spettatore mano a mano che la storia prende corpo. 

Un film con un pathos eccezionale, drammatico, interiore, non urlato. Eccezionale, anche, l’interpretazione di un Tommy Lee Jones all’inizio del film imperturbabile ma che dovrà, poi, fare i conti con la vita, con ciò che la vita fino a quel momento gli aveva insegnato. Un’interpretazione intensa e molto profonda.

L’inviolabile bandiera a stelle e strisce sarà capovolta. Perché il mondo si è capovolto con le sue menzogne. Perché il protagonista così come il regista non hanno più certezza di nulla. Chi vince allora in questo caso Davide o Golia? A voi le risposte.

“È così che si combattono i mostri! Lasci che ti vengano vicino, li guardi negli occhi e poi li colpisci!”

Buona visione!

Laura Moiana

Fonte immagine: http://static.blogo.it/cineblog

Piccole caste crescono: come far soldi come consiglieri del comune di Roma

"Quanto prendi come consigliere comunale di Roma Capitale" chiedo opportunamente ad un amico consigliere qui nella Capitale. Mi risponde: "coi gettoni massimo posso arrivare a 1800 euro. Quindi per campare devo tenermi il mio lavoro". Non vi dico che lavoro, non vi dico quanti figli da mantenere, non vi dico dove abita, non vi dico nome e neppure il cognome.
L'amico mi spiega poi un meccanismo che non conoscevo e che cerco di rendere semplice. Se uno diventa consigliere comunale a Roma e prima era dirigente di una società in cui era stipendiato con tre mila euro al mese, per esempio, continua a percepire quei tre mila (che il Comune rimborsa all'azienda) ai quali può arrivare ad aggiungere gli altri 1800 del gettone di presenza. Tutto a carico nostro.
Allora, io che sono perfido penso: e se uno prima di venire eletto si fa aumentare appositamente il compenso?
E, peggio ancora, se io prima di venire eletto mi metto d'accordo col mio amico amico che ha una società e mi faccio assumere con un lauto stipendio?
E peggio del peggio se io assumo il mio amico consigliere e lui assume me, tanto paga il cittadino col pantalone corte?
Cattivi pensieri sicuramente. Ci prendiamo un gelato in piazza San Lorenzo in Lucina: paga lui!

26/07/11

Un minuto di silenzio per il silenzio

Il silenzio sembra essere morto. Da tempo siamo passati dall'era della comunicazione a quella della comunicazione forzata. Ormai pare impossibile che esistano persone in grado di convivere con il silenzio.
In televisione si vedono programmi di ogni genere dove si susseguono schiere di opinionisti pronti a commentare qualsiasi cosa, spesso promettendo grandi rivelazioni come se dovessero svelare un nuovo mistero di Fatima. Il fenomeno negli ultimi anni si è esteso anche a internet: persone munite di telecamenre che si sentono in dovere di dire cosa pensano dei mali del mondo, sono all'ordine del giorno.
Mi sembra che questa smania di comunicare sia arrivata al punto in cui, pur di essere i primi a esprimere in'opinione, si parla senza riflettere, senza informarsi, senza conoscere realmente quello che (spesso) si critica o (raramente) si loda. Ci si ferma sempre meno a pensare, senza rendersi conto che quello che davvero ci arricchisce come individui è l'elaborazione di un'idea e non una risposta immediata per ogni accadimento.
Comunicare è bello, ma siamo sommersi da migliaia di opinionisti dell'ultima ora e inizio a desiderare la riscoperta del silenzio. Vorrei tornare a chiedere consigli e non esserne sommersa senza aver interpellato qualcuno. Ogni tanto vorrei poter rispondere liberamente "non ho nulla da dire" e non essere scambiata per un alieno.

Sara Citterio

La morte di Amy Winehouse

Non conosco Amy Winehouse e nemmeno una sua canzone. Non so che musica facesse, come si vestisse, e prima di questo post non sapevo neanche che faccia avesse. Anzi, spero di aver messo la foto giusta. E' lei? Non so di che nazione sia. Insomma non conosco nulla: so solo che è morta. Non ho letto molti articoli su di lei in questi giorni ma qualche sottotitolo. Poi mi sono soffermato ed ho pensato al suo nome e cognome: Amy che suona un po' amore, Wine come il vino, House come la casa.
Dicono che sia morta del male d'amore perchè riufiutata dal suo amato, dal suo sposo, e nessun soldo e nessuna droga sono riusciti a colmare quell'abbandonso.
Wine come il vino ed il whisky che invece di darle sicurezza la faceva insucura anche sul palco.
House come la casa, l'amore, l'affetto, il compagno, lo sposo, i figli che voleva perchè nonostante tutto quello che ti ha rovesciato addosso, in termini di fortuna, la vita, alla fine è tutti li che vogliamo ritornare o ripartire: a casa.
Ora Amy sei nel regno dell'Amore e nella tua casa eterna. Fatti un goccio di whisky, con moderazione.

Consigli Fotografici: Protezione della macchina fotografica a costo zero!

Miei cari lettori, bentornati.
Qualche giorno fa mi trovato al matrimonio di una mia carissima amica per realizzarle il servizio fotografico nuziale. Ho preparato tutto la sera prima. Corpo macchina, obiettivo, schede di memoria, cavalletto, pc per ogni evenienza, batteria carica. Tutto perfetto. O, almeno, così credevo.
Mi sveglio al mattino e mi trovo di fronte all'inaspettato. Il diluvio universale. Dannazione!

Questo piccolo contrattempo (poi fortunatamente è tornato il sole) mi ha fatto pensare a quante volte la pioggia ha minacciato di compromettere la mia macchina fotografica. Vi è mai capitato di trattenervi dallo scattare in libertà proprio a causa delle gocce di pioggia che avrebbero potuto bagnare e rovinare il vostro prezioso strumento?

Per ovviare a questo problema ci sono molte soluzioni, che come spesso succede in ambito fotografico prevedono l'utilizzo del vostro portafoglio. Sono state ideate infatti tutta una serie di maschere impermeabili protettive per praticamente qualsiasi modello di fotocamera. Ma perché svuotare le proprie tasche quando esiste una semplice soluzione a costo zero?

Si finisce con l'accorgersi sempre che la soluzione migliore è anche la più semplice. In questo caso, tutto ciò di cui avete bisogno è un sacchetto di plastica, paio di forbici e un elastico. Tutte cose che potete trovare in casa.

Courtesy of Michael Freeman


L'immagine è più eloquente di qualsiasi spiegazione. Basta inserire la macchina fotografica nel sacchetto lasciando l'obiettivo verso il lato aperto. Avvolgere l'obiettivo con l'elastico, ritagliare i pezzi superflui e il gioco è fatto. Il sacchetto renderà un po' più difficoltoso l'utilizzo della vostra macchina, ma sarà in grado di proteggerla efficentemente da pioggia, polvere, sabbia e neve. E il tutto senza aver speso un solo centesimo!

La medesima tecnica può essere impiegata anche per proteggere il vostro strumento di scatto dalle rigide temperature (in questo caso dovrete togliere l'aria dal sacchetto per evitare che si formi la condensa o utilizzare un sacchetto protettivo di poliestere metallizzato) o dall'eccessivo calore (un foglio di materiale riflettente aiuta la macchina a non surriscaldarsi.

Sperando anche questa volta di esservi stato utile, auguro a tutti una buona fotografia (anche in condizioni avverse)!

Mirko Fin


Avete qualche richiesta particolare o un consiglio da suggerire? Mandate le vostre richieste via mail a servlad90@yahoo.it 
Sarà per noi un piacere esaudire ogni vostra richiesta!

25/07/11

In Etiopia manca acqua e cibo e la gente muore. Ma...




In Etiopia manca acqua e cibo e la gente muore. Ma adesso passiamo alle notizie che tre giornali nazionali on line pubblicano oggi in evidenza:

Il Corriere della Sera:

- Mancini Caccia Balottelli
- Winehouse, una notte di droga e follia
- Rifugi estivi in città. Voi che cosa cercate?
- Con la postura si cura anche il mal di schiena
- Il miliardario innamorato che imbarazza Airbus
- Carla Bruni in accappatoio sulla golf car
- Festa con spogliarello. Democratiche in rivolta

Il Giornale:

- Poker live Italia: si parte il 30 novembre
- La 29esima edizione di Miss Cicciona
- Una Marilyn inedita girò un film porno
- Le mille forme di Naike Rivelli
- Il lato B di Pippa? Merito del jogging
- Set californiano per Kim Kardashian
- Lady Gaga: mi pento della coca presa

Repubblica:
- "Non siete argentini?"Allora niente campionati di tango
- La bella Charlotte Casiraghi disarcionata al Global Tour
- Nuoto, Usa staffetta di bronzo Phelps si consola con Nicole
- Segni particolari: bellissima incoronata Miss Brasile 2011
- La Biancaneve guerriera la strega è Charlize Theron

E adesso per pietà mi fermo.

Sara Citterio

Ho conosciuto Giovanni Allevi a Radio Ascoli

Quando conobbi Giovanni Allevi  lui non era ancora famoso come oggi, io neppure oggi. Correva l'anno 2005 ed io fui chiamato a Radio Ascoli, grazie ad amicizie, a parlare di vita, di procreazione medicalmente assistita, di aiuto alle ragazze madri e via dicendo, in qualità di Responsabile Nazionale Giovani del Movimento per la vita italiano. Arrivato in Radio l'intervistatore mi disse: "guarda, abbiamo una sorpresa quindi ti ruberemo un po' di spazio. C'è in Ascoli Giovanni Allevi, sta passando a trovarci. Lo faremo entrare e parleremo anche un po' con lui ok?". Ovviamente acconsentii sia perché ero a mia volta ospite, sia perché non conoscevo questo Giovanni Allevi. Iniziò l'intervista. Parlavamo di vita e bellezza della vita ed i conduttori lanciarono una pausa musicale improvvisa e, da quella porticina, entrò un lungo e magro e ricciolissimo ragazzo che mi si presentò come Giovanni Allevi. Sedemmo di fianco. Aveva tra le mani un cd, credo uno dei suoi primi. Parlava e gesticolava, gesticolava e parlava e spesso suonava su un immaginario piano forte davanti a lui ma era così convinto lui che anche noi sentivamo la sua musica. Parlammo assieme di vita e di ragazze madri, parlò della persona come "unica ed irripetibile", mi complimentai in diretta e gli chiesi di fare un concerto a Roma per le mie mamme e, al termine della trasmissione, mi lasciò il suo numero di cellulare.
Poi la vita ha preso il suo corso.
Lui è famosissimo ed applaudito, quanto contestato, in tutto il mondo. Io sono responsabile del Centro di aiuto alla vita di Roma. Lo risentii qualche anno dopo e, per i troppi impegni, mi rimandò alla segretaria: è tutto fermo li.
L'altra sera ero ad Ascoli in piazza del Popolo per il suo concerto all'aperto. Già il luogo di per sé è straordinario, con lui e con la sua musica è diventato magico.
Bravo, simpatico, coinvolgente, sensibile, filosofo, folle. Ho ritrovato, nelle sue parole, il concetto di "unico ed irripetibile" sia per lui sia per tutti.
Non vi faccio la cronaca di quella serata. Vi voglio riportare i messaggi che ho lasciato, in tempo reale, su twitter. Magari accompagnateli con la sua musica: forse sembrerà tutto magico anche a voi.

Preparandomi per il concerto di Giovanni Allevi stasera piazza del popolo ascoli Piceno
Ero in in punto preciso della stazione di Tokyo e un gruppo di note si é scontrato nella mia testa ed ha dato vita a Tokyo station
É nell ascoltatore che si realizza l'opera d'arte per questo motivo alla fine del concerto vorrei essere io a chiedervi l'autografo.
Siamo alieni siamo tutti unici ed irripetibili #Allevi molto pro Life il ragazzo... Penso io
Solo chi ama è in grado di vedere l'altri come è veramente #allevi
Il passaggio dalla eternità all'esistenza è significato dsl primo battito del cuore sia esso umsno o animale proviene dagli dei.
La mia forza é la mia fragilità e fare questa scoperta é stato come tornare a vivere a respirare Back to Life
Ora ascoltiamo quello che accade quando la musica di Bach incontra quella da discoteca #Allevi. E poi il suo riso quasi soffocato ma folle
Allevi mi sembra un folletto quando suona sta curvo curvo sul pianoforte e potrebbe toccare i tasti col naso ma le dita sono velocissime
Al bar gli stiamo dando fastidio noi
I suoi concittadini sono pazzi di lui ce ne é uno in quarta fila coi capelli identici ma non si sa se cosi bravo come musicista
Finita la canzone sosta sempre qualche secondo mano in alto a liberare del tutto la poesia e a magia
Poi si alza con una mano si appoggia al piano e con l'altra si batte il petto prima di inchinarsi e sistemarsi i capelli
Mi piace che si appoggi sempre al piano quasi a tenerselo vicino suo compagno di viaggio rifugio sicuro #Allevi
Meditazione per solo mano destra per Helena che si é riavvicinata alla musica grazie a questa composizione che #Allevi. regalo + grande
Sta suonando con la sola mano destra
Joie é un brano pieno di gioia ma io non ci trovo nulla da gioire perché per me troppo difficile da suonare
Aria un brano per respirare #Allevi. E seduto al pianoforte vistosamente si esibisce in lunghi e profondi respiri


Uruguay campione d'America


Almeno la finale non ha riservato sorprese: ha vinto la squadra data per favorita. L'Uruguay ha battuto 3-0 il Paraguay con gol di Suarez e doppietta di Forlan. Un risultato netto, gli uruguagi tornano campioni dopo la vittoria del 1995. Nella finalina per il 3° e 4° posto Il Cile ha agilmente battuto il Venezuela per 4-1.

Con il sipario che si chiude su questa coppa faccio un bilancio. La coppa in sé è stata sotto le aspettative, troppe gare sono finite 0-0 o con 1 o 2 reti per gara. Infine tre gare tra quarti e semifinali hanno richiesto i calci di rigore. Insomma dove'è finito lo spettacolo del calcio sudamericano? Sembrava di assistere agli europei, con squadre che pensano molto alla tattica mentre la fantasia è un po' mancata.

Comunque onore all'Uruguay che è la squadra più forte dell'America, alla faccia delle blasonate Brasile e Argentina.


La «giustizia templare» su Oslo


Note sull’ideologia dell’autore della duplice strage in Norvegia 
Se da un lato, le inquietanti notizie riguardanti il duplice attacco messo a segno lo scorso venerdì pomeriggio in Norvegia e costato la vita, secondo un bilancio ufficiale a 76 persone, ci lasciano sgomenti e ci distolgono dal clima vacanziero di questo fine luglio, dall’altro ci interrogano sulle reali motivazioni che hanno condotto Anders Behring Breivik, il trentaduenne accusato di essere l’unico autore della strage, a compiere un simile atto.

23/07/11

I Gruppi di Facebook sono contro la privacy!

Ho dato mandato al mio legale di tutelare i miei interessi. Giusta frase per questo momento ufficiale. Che cosa è successo? Questo fine settimana sono stato inserito, a mia insaputa e senza il mio permesso, in tre Gruppi di Facebook da tre miei contatti. Mi sono ritrovato così in questi gruppi e, peggio dei peggio, inondato di emails di notifiche. Sapete tutti che se uno non vuole stare in un gruppo o ricevere le notifiche via mail deve entrare nel gruppo e cliccare o su abbandona, per il primo caso, o su modifica

Singer o Mengele? “Zwillinge heraus!” Fuori i gemelli! di Silvia Bosio


Vi racconto una storia, accaduta non tantissimo tempo fa, quando la sorte dei diritti umani era affidata al potente di turno o a pochi eletti, in grado di stabilire chi doveva vivere e morire, chi avrebbe potuto essere felice e chi invece no. Semplicemente perchè quel qualcuno aveva la colpa originaria, di non possedere quei requisiti necessari per essere considerato dai più, degno di vivere. La storia che qui ci riguarda da vicino, è una storia vera che in tutta la sua crudeltà, si svolse nella prima metà del novecento e che ha per protagonista uno scienziato tedesco, meglio conosciuto come dottor Mengele. Il suo nome era molto noto in campo scientifico per le ricerche svolte sulle coppie dei gemelli, costretti a subire la così detta zw o legge del bavaglio, con il quale venivano soffocati i gemiti di dolore delle piccole vittime, sottoposti alle più atroci torture. Eppure secondo l’ideologia “eugenetica” dell’epoca, queste povere vite, appartenevano ad esseri umani meritevoli di una dignità minore, sacrificabile in vista dei progressi della scienza. Poco importava se a morire alla fine erano loro, perchè in nome del mito della razza ariana, esisteva sempre una buona ragione per uccidere chi non era considerato di pari grado. Basti considerare che alla base di questo modo di pensare, allora come oggi, vi era la distinzione tra essere umano e persona e cioè la differenza tra un concetto che fa riferimento alla specie e un altro che invece allude, agli esseri dotati di determinate specifiche caratteristiche razionali. In breve allora come oggi  venivano considerate persone, soltanto quegli esseri umani in grado di interagire con l’ambiente, di essere autocoscienti e di provare piacere o dolore. Queste pochi e semplici parametri, legittimavano gli intellettuali di quel momento a ritenere che la salute e la vita, non fossero un uguale diritto spettante a tutti indistintamente, ma un appannaggio riservato a pochi eletti. In breve, malati gravi, disabili, handicappati, minorati fisici e mentali e i soggetti comatosi, venivano pertanto ascritti alla categoria delle non persone che includeva degli esseri umani, addirittura inferiori a certi animali non umani. E’ ragionevole pensare un diritto che giudica giusto, lasciare morire chi non è attualmente o non è più autosufficiente o cosciente? Un diritto plagiato da una logica nichilista che non riconosce ad ogni vita umana, un suo valore intrinseco? Se ancora oggi rispondessimo affermativamente a questa domanda tanto inquietante, dovremmo anche essere disposti ad abbracciare i diktat dell’utilitarismo totale, secondo il quale quando una vita è arrivata alla fine o è inutile, va soppressa; specialmente quando si è diventati esseri umani senza qualità, senza quelle caratteristiche che identificano le “persone” nel senso comune del termine. Di fronte a queste ciniche osservazioni, il rischio concreto che stiamo attualmente vivendo è di regredire alla preistoria dei diritti umani e quindi ad un periodo nel quale non esisteva l’elaborazione culturale dei diritti e vigeva piuttosto un sistema giuridico assolutamente irragionevole. Ma tutto è possibile, basta soltanto volerlo. E allora la nostra società potrebbe addirittura con un plebiscito, ritenere opportuno anche il ripristino della schiavitù, della rupe Tarpea, della monarchia assoluta e perchè no dei servi della gleba. I quali nel medioevo com’è a tutti noto, erano titolari di un grado di umanità talmente irrilevante, da non potere essere distinti dagli animali più nobili. E se vi dicessi che “uccidere un neonato con malformazioni non è equivalente a uccidere una persona” poiché “molto spesso non è per niente sbagliato”? A cosa pensereste? Ad una pura provocazione, magari espressa da Adolf Hitler in persona? Non è così. Purtroppo, questo ragionamento proviene da un noto e contemporaneo filosofo australiano, Peter Singer,  secondo il quale uccidere una vita segnata dalla anormalità e condannata all’infelicità, non rappresenta un fatto immorale da porre “sullo stesso piano dell’uccidere esseri umani normali, o qualsiasi essere umano autocosciente”. Infatti in queste situazioni “anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo”. E ancora il filosofo prosegue dicendo: “E’ un diritto ragionevole lasciar morire i malati neurovegetativi perché essi sono simili agli infanti disabili, non sono esseri coscienti, razionali, autonomi, la loro vita non ha valore intrinseco, il loro viaggio è arrivato alla fine”. In questa prospettiva “I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli”; perchè  “L’idea di attribuire a tutti un uguale diritto alla vita, è un’arma a doppio taglio. Se la vita con quadriplegia (paralisi) è buona come la vita senza paralisi, non c’è alcun beneficio di salute a curarla”. Dunque il dato scandaloso da segnalare  in questa sede è che recentemente l’UNICEF – la nota agenzia dell’Onu- ha sponsorizzato senza battere ciglio, una conferenza di Singer all’Università Luiss che ha aperto una serie di convegni, aventi ad oggetto il tema della filantropia. Non certo nei confronti degli esseri incapaci di difendersi da soli, né tanto meno verso i bambini, considerando l’atteggiamento direi poco filantropo del filosofo che suggerisce ai genitori l’infanticidio. Per conoscenza, a questo punto vanno menzionati una serie di riferimenti giuridici di portata internazionale, nati proprio per tutelare fino in fondo i minori. A titolo esemplificativo ne citiamo alcuni. Anzitutto, l’art.3 della Convenzione universale sui diritti del fanciullo (ONU, 20 novembre 1989): “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche e private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi,  l’interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente”; la Dichiarazione  universale (ONU, 20 novembre 1959): “gli Stati devono dare ai fanciulli il meglio di sé stessi”; l’art. 53 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali (1950): “Nessuna delle disposizioni della presente convezione può esser interpretata in modo da pregiudicare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali che possono essere riconosciuti in base alle leggi di ogni parte contraente o in base ad ogni altro accordo al quale essa partecipi”; e ancora l’art.24  della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che ribadisce esattamente il contenuto dell’art. 3 della Convenzione prima citata. Non credo che i dati appena riportati, siano condivisibili dagli intellettuali come Singer che considerano la vita come un bene disponibile. E’ certo che il nazismo predicava un progetto di "eugenetica" diretto ad ottenere un miglioramento della "razza" germanica coltivando e favorendo i caratteri ereditari favorevoli ("eugenici") e impedendo lo sviluppo dei caratteri ereditari sfavorevoli ("disgenici"). All'interno di questo progetto di eugenetica non trovavano ovviamente posto i malati incurabili e i disabili fisici e psichici. C’è da chiedersi se con Singer sia resuscitato il Mengele del nuovo millennio. Su di lui si racconta un aneddoto raccapricciante:  quando i prigionieri giungevano ad Auschwitz, i bambini gemelli erano selezionati  personalmente dallo scienziato tedesco, il quale aggirandosi lungo le fila dei prigionieri usava gridare "Zwillinge heraus!" "Fuori i gemelli"! Quasi si trattasse di specie inferiori. Quando vengono riportate alla memoria questi episodi di inciviltà, anche ai giorni nostri sarebbe meglio astenersi da certi atteggiamenti farisaici e piuttosto gridare a gran voce che nella condizione di dipendenza la difesa della dignità, richiede un altissimo grado di umanità!

Silvia Bosio

22/07/11

Anche io sono salito sullo Shuttle!

Alla casa al mare in Liguria, trenta anni fa, i miei genitori, visto il numero dei figli aumentare, decisero di mettere, nella stanzetta di noi ragazzi, due letti a castelli: uno lo chiamarono Shuttle e l'altro Challenger. Io scelsi lo Shuttle per dormire, nei piani alti, ed ogni sera per me cominciava l'avventura ed il mio volo con la fantasia.
L'avventura ed i voli sono invece finiti per il programma Space Shuttle ieri mattina al Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida ed erano le 5,57 locali.
Dopo 135 missioni effettuate (due delle quali andate male con scoppi in diretta tivu che tutti ricordiamo), 1328 giorni nello spazio, 20958 orbite percorse tutto questo per far si che ora, intorno alla Terra, 400 chilome­tri sopra le nostre teste, possa girare finalmente completa­ta, la Stazione spaziale interna­zionale.
A bordo del laboratorio scientifico si trovano astronauti di tre diverse nazionalità: americana, giapponese e russa. La massa del­l’intero complesso orbitante supera le 400 tonnel­late. La stazione spaziale è frutto della collaborazione tra 15 diverse nazioni. Lo Shuttle ha compiuto la sua missione e può andare in pensione.
A noi giovani di oggi (accidenti...ormai giovani di ieri) che voliamo verso i 40 e che siamo cresciuti con figure di riferimento come Giovanni Paolo II, Madre Teresa, non penso sia irriverente dire, come ho voluto raccontare in premessa, che anche la navetta spaziale del Progetto Shuttle (ed i nomi che si sono via via avvicendati) ci ha accompagnata per tutti questi anni.
Tutti noi ricordiamo lo scoppio tremendo in diretta tivu del 1986 e quello più recente, ma non alla partenza, del 2003. Tutti noi ricordiamo le partenze e gli arrivi, le dirette dallo spazio, le manone giganti giganti che fanno ciao e quelle tute spaziali di nome e di fatto!
Sono stato una volta a Cape Canaveral. Favoloso. Penso di aver speso uno stipendio in ricordi e ricordini. Bellissimo. Che emozione. Finalmente li su quella tribuna da dove gli spettatori assistono al countdown ed al decollo. Splendido anche se non vi era in programma nessuna partenza. Il giro col pullman di tutto lo Space Center, la sala comanda "Frews Frews abbiamo un problema" e via dicendo, e via ricordando, e via che il mondo cambia.
Il mondo cambia. Ci sono anche 1800 persone che a causa della fine del trentennale progetto Shuttle perderanno lavoro. Sicuramente loro hanno un motivo in più per commuoversi oggi.

Photo Of The Week N°2 - Notturno

Bentornati al nostro appuntamento fisso con la Foto della settimana. Oggi vi presentiamo uno scatto notturno (il titolo è eloquente) realizzato da Laura Moiana, mia carissima amica e mia stretta collaboratrice nella realizzazione di questa rubrica. Per una migliore visione dello scatto a tutto schermo, cliccate sull'immagine. Buona visione.


Foto: Notturno
Questa foto è stata scattata il 27 febbraio 2011 a Marsa Alam, Egitto. Un luogo decisamente affascinante e che si presta ad essere fotografato, un luogo che è per me "ritorno" e "rinascita". Un luogo dove le stelle sorridono e dove le luci sono poche perchè è già il cielo di notte che illumina tutto. E così, quest'anno sono andata davanti al mio pontile di notte. E non poteva che essere "Notturno" il titolo della mia foto. "Notturno" come la splendida canzone di Mia Martini. Perchè la notte è così a Marsa Alam, ti lascia sempre senza fiato. E così mi sono armata di macchina fotografica , Canon 60D e cavalletto per portare a casa lo scatto del pontile notturno, con tempo lungo e Iso alto.

Autore: Laura
Laureata in Lingue e letterature straniere. Oggi insegnante. Appassionata di fotografia. Pellicola, compatte digitali, reflex digitale...l'importante è sempre stato scattare e vedere qualsiasi cosa dietro l'obiettivo. Passione condivisa dal 2009 in un blog intitolato se fotografando.
La fotografia? un attimo, una passione, un'idea.
 
Se Fotografando
 

Come partecipare
Volete che un vostro scatto sia la prossima "Photo of The Week"?
Non dovete far altro che mandare una mail a servlad90@yahoo.it con il vostro scatto, preferibilmente in alta qualità. La foto dovrà essere accompagnata da un titolo, da una breve descrizione dello scatto, del supporto che avete utilizzato e di eventuali effetti impiegati. Inoltre è gradita una vostra breve biografia, in modo che il nostro pubblico possa conoscervi. Nel caso in cui abbiate un blog dove pubblicate le vostre foto, vi invitiamo a segnalarcelo. Buona Fotografia a tutti!
 

21/07/11

Io non manderei in galera nessuno prima di averne certificato la reale colpevolezza

Non so voi ma a me questa questione di Alfonso Papa proprio non convince anzi, per dirla tutta, mi intristisce, e fortemente. Perchè? Non conosco Alfonso Papa. Non mi interessa la questione che sia del Pdl o del Pd senza elle! Mi interessa l'uomo, il padre. Sarà colpevole? Non lo so. Non ho letto le migliaia di pagine che hanno accompagnato la richiesta del giudice di Napoli: non le voglio neanche leggere. Però conosco troppa gente finita ingiustamente in carcere, per mesi, alcuni anni prima di ricevere la sentenza finale al terzo grado di giudizio ed a volte questa era anche positiva per loro. Si dice che molti parlamentari abbiano voluto dare un segnale al paese: e che segnale sarebbe? Ecco, vi do in pasto un Papa, tanto se ne farà un altro. Molti parlamentari dicono che temevano di trovare fuori da Monecitorio, ad accoglierli, una tempesta di monetine: ma da chi? Siamo così poveri che non credo nessuno si metta a tirarvi le monetine anche perchè siamo consapevoli che ve le terreste tutte, senza restituirci un centesimo. Che un padre di famiglia sia buttato in carcero così dopo aver chiesto anche invano di essere ascoltato dal giudice di Napoli: non mi va! Davvero, non mi va ed ho paura per le conseguenze di questo gesto non sugli altri parlamentari ma su tutti noi cittadini che certamente non abbiamo placato la fame di giustizia con questo pranzo da papa.
Mi spiace. Mi spiace che l'Udc abbia votato a favore e che dopo Cesa abbia dichiarato: "Sono dispiaciuto, non ce l'aspettavamo!". Mi spiace che Maroni abbia ostentato quell'indice a votare Si come fosse una manetta e dire che il voto doveva essere segreto: caro Ministro dell'Interno, se io la prossima volta in cabina fotografo il mio voto e lo metto sul blog che mi succede? Non è vietato dalla legge? E perchè i suoi sodali l'hanno fatto?
In ultimo penso ad una cosa. Alfonso Papa è capitato nel posto sbagliato ma al momento giusto. Molti volevano mandare un segnale a Berlusconi, al Governo ed hanno usato la questione Papa come capro espiatorio. Secondo me Papa si è trovato in una situazione più grande di lui e sarà l'unico a pagarne le conseguenze. Almeno da subito difatti è l'unica persona a passare la notte in carcere.
E' capitato a tutti nella vita. A me capitò nel 2008. Finii all'interno di un gioco di potere e fui licenziato come capro espiatorio. Certo, non finii in carcere però è per dire che a volte può capitare che qualcosa vada male e ci si trovi nel posto sbagliato. A volte, come per Papa, va peggio.

Che direbbe oggi Montanelli dei quotidiani on line?

Non so perché in questi giorni tutti stanno parlando di Montanelli: vi sarà qualche ricorrenza. Tra i grandi giornalisti di sempre, Montanelli come si sarebbe comportato di fronte ai quotidiani on line, alle nuove possibilità di scrivere, farsi leggere?

Coppa America, sarà Uruguay Paraguay


Le semifinali, orfane di diverse big, tra cui le blasonate Brasile ed Argentina, hanno decretato le due finaliste. Uruguay e Paraguay si incontreranno in una finale inedita per questa coppa. Gli uruguagi hanno all'attivo 14 vittorie - l'ultima nel 1995 -, mentre il Paraguay ha conquistato il trofeo 2 volte - ultima nel 1979 -.

La nazionale di Tabarez arriva all'ultima partita grazie al 2-0 inflitto al Perù - doppietta di Suarez -. Il Paraguay invece giunge in finale dopo un'altra lotteria dei rigori. Il campo non ha regalato alcun gol tra i biancorossi e il Venezuela. Una curiosità: il Paraguay arriva alla finale senza aver mai vinto una gara: nel girone ha ottenuto 3 pareggi, passando il turno come seconda miglior terza classificata. Poi arrivano i quarti di finale dove elimina il Brasile dagli 11 metri ed ora un'altra vittoria dal dischetto.

Il cammino dell'Uruguay comincia con due pareggi, fino alla vittoria contro il Messico che le permette di passare ai quarti - secondo posto nel girone dietro il Cile -. Ai quarti elimina l'Argentina dal dischetto, poi arriva in semifinale la vittoria col Perù.

Chi vincerà? L'Uruguay forse è leggermente favorita, ma guai dare per scontata una vittoria in una finale, specie in una coppa dai continu colpi di scena come questa.

20/07/11

Ecco chi comanda in casa Murdoch!

Mannaggia che schiaffo che gli ha tirato Wendi Deng, la signora numero tre (come le giunte di Alemanno) di Murdoch Rupert detto lo Squalo anche se ieri sembrava come gli animali malati di artrite del Bioparco di Roma. Lo schiaffo l'ha ricevuto in pieno volto l'aggressore di Murdoch, un sedicente comico che a quanto pare sa far ridere anche quando tenta di aggredire le persone. Voleva riempire di schiuma da barba Murdoch e non si capisce se è per il fatto che Rupert aveva la barba incolta o per altro però, conosciuta la tempra della moglie, mi sa che il viso lo Squalo se lo tiene bello pulito e liscio se no sono schiaffoni tutte le mattine. Bellissima la scena. Il comico aggressore tramite cellulare mette su twitter l'annuncio del gesto che sta per compiere. Pochi secondi e, mentre i deputati incalzano di domande Rupert e James Murdoch si alza, si dirige verso il tycoon (taccone!) australiano e succede di tutto e qui riassumo nell'ordine: il figlio James si scosta per non prendere la schiuma da barba sulla sua giacca costosa come lo stipendio di dieci suoi dipendenti puntualmente spiati al telefono; una signora in prima fila si mette le mani nei capelli e grida; una guarda inciccionita dagli anni fatica a muoversi tra le sedie; Murdoch padre non si accorge di niente (non si è accorto di quello che combinavano i suoi dipendenti, figurati se si accorge di chi lo attacca alle spalle) e lei, l'eroina del giorno, Wendi Deng in abito succinto fucsia, forse perchè follower su twitter del comico, anticipa tutti, compreso l'aggressore, e gli rifila una cinquina sulla guancia ed è talmente tanta la foga che finisce per terra. Da questo fatto è chiaro tutto soprattutto chi comanda in casa Murdoch. Lo Squalo, che più che altro sembrava ieri il nonno appisolato di uno squalo, è sotto scacco della moglie ed obbedisce ed ormai gira voce che sia come Fini con la Tulliani, dedito anche ai fornelli. Il processo riprende e l'unica cosa che cambia nella monotonia delle domande e risposte è Murdoch che si ripresenta senza giacca ma con solo camicia bianca: bianco schiuma da barba su bianco camicia si vede meno.

Sciare ad Agosto è possibile!


L’inverno è  in corso e con esso le più autentiche gioie sciistiche.. dove?
Sulle Ande, dove le stagioni sono perfettamente invertite rispetto alle nostre ma dove, ora, la voglia di neve e di sci è la stessa che da noi a inizio della nostra stagione sciistica. Il circo bianco, quello vero, fatto di ampi caroselli sciistici, farinose e compatte nevi invernali, lunghe piste e dislivelli e continui grandi eventi è infatti ai nastri di partenza nell’emisfero australe.
Le stazioni sciistiche di Cile ed Argentina sono sicuramente la realtà “bianca” più completa ed interessante al mondo tra giugno ed ottobre, distribuite sulla catena andina per oltre 2000km da nord a sud, dall’Aconcagua alla Terra del Fuoco, passando dalla mitica Patagonia, tra infiniti e bellissimi paesaggi straordinariamente differenti tra loro come dai nostri alpini ed appenninici.
Tale enorme varietà di latitudine e contesti diviene un grande aggiunto della realtà sciistica sudamericana, in grado di accontentare le più diverse esigenze “bianche”, sempre immersi in ambienti naturali di rara bellezza.
Chi ambisce a sciare in grandi comprensori può scegliere le Tres Valles cilene; ovvero le stazioni di Valle Nevado, El Colorado e La Parva, collegate tra loro sci ai piedi, che si sviluppano per oltre 110km di piste perfettamente battute su 900mt di dislivello, con neve sempre secca e veloce e che godono dell’80% di giornate soleggiate durante l’inverno; il tutto a soli 50km dalla cosmopolita capitale Santiago del Cile. Sul versante argentino il più grande comprensorio è a Bariloche, la St. Moritz delle Ande, l’attrezzatissima capitale della Patagonia che dispone del comprensorio Cerro Catedral, attrezzato con oltre 100km di piste su più di 1000mt di dislivello; immersi nell’incanto del Parco Nazionale Nahuel Huapi, tra enormi laghi, grandi foreste, vulcani e imponenti montagne.
Per chi ama il fuoripista, oltre le grandi opportunità che comunque offrono tutte le stazioni sciistiche sudamericane, la vera mecca internazionale è l’argentina Las Leñas, dove tutto è a misura del freerider; ai 40km di piste battute si aggiungono centinaia di itinerari su terreno aperto, sia raggiungibili già con gli impianti di risalita, sia con gli snowcat che con l’heliski: il potenziale è enorme, grazie all’immensità della cordigliera che offre innumerevoli perfetti pendii e decine di cime ancora senza nome. Ma l’heliski si può praticare, ad altissimi livelli, anche nelle Tres Valles, che garantiscono powder e dislivelli da grande Canada; o nella sterminata quanto disabitata Patagonia, con proposte itineranti che prevedono ogni giorno il pernottamento in lussuosi resort patagonici dopo aver testato pendii e contesti sempre differenti.
Non mancano certo occasioni per chi ha interesse e velleità agonistiche, che potrà sbizzarrirsi con il circuito gare FIS sudamericano, con competizioni per ogni categoria e che prevede anche tappe di Coppa del Mondo di snowboard. L’atmosfera da parterre internazionale inoltre si respira nelle tante località che ospitano, ad agosto e settembre, i ritiri preparatori di tutte le principali nazionali del mondo; tra tutte emerge Ushuaia, capoluogo della mitica Terra del Fuoco, ultima città del mondo; affacciata direttamente sulla confluenza degli oceani ma contemporaneamente ski-resort di grande spessore mondiale. Ushuaia è, tra l’altro, la capitale sudamericana dello sci nordico, dispone infatti, a livello del mare, di svariati centri fondo molto ben attrezzati, per lo più collegati tra loro e che ospitano anche la granfondo internazionale Marchablanca.
Per rivivere i fasti dei Mondiali di Sci del 1966 occorre soggiornare nella mitica cilenaPortillo, la stazione sciistica più settentrionale, all’ombra dell’Aconcagua; dove le sue apprezzatissime piste sono ad esclusivo uso degli ospiti del Grand Hotel Portillo, l’unico della località.
Le Ande di Cile ed Argentina offrono poi molte località “minori” ma estremamente affascinanti, dal fortissimo carisma e in grado di trasmettere emozioni nuove de intense, anche grazie alla natura senza confini che le avvolge e dove comunque è sempre praticabile il grande sci e snowboard.. parlo delle nord-patagoniche Chapelco e Cerro Bayo, località anche architettonicamente ricercatissime; di La Hoya, al centro della Patagonia più remota, ma con la neve migliore del Continente; della cilena Antillanca, sui pendii di straordinari vulcani o di Nevados de Chillan che, come l’argentina Caviahue, dispone tra l’altro di fonti termali uniche nel loro genere.
Ovviamente sono sempre praticabili anche altri sport invernali, come lo scialpinismo, le racchette da neve, le motoslitta.. e il polo sulla neve, che in Argentina è sport nazionale.
Ma sciare in Sud America significa anche tanto altro: la piena possibilità di integrare il viaggio con la visita ad alcuni dei luoghi più incredibili e affascinanti di questo mondo; come i ghiacci dello Hielo Continental, le Cascate tropicali di Iguazu, il santuario naturalistico di Valdes, i fiordi cileni, i laghi patagonici, i deserti andini e patagonici, Santiago e Buenos Aires, le 2 capitali più eccentriche ed accoglienti del continente.. e tantissimi altre destinazioni.
Ricordo poi che viaggiare in Cile Argentina ha sempre un ulteriore enorme valore aggiunto, dovuto al trascinante e coinvolgente clima sociale, specie per noi italiani. Per quanto i cileni, ma soprattutto gli argentini, abbiano una loro identità precisa e tutta da scoprire, non ve ne è altra al mondo più compatibile e affine con la nostra!
Per informazioni sulla realtà sciistica sudamericana e per viaggi “neve” e non solo in Cile ed Argentina, potete rivolgervi allo Studio Paolo Ciotti, specializzati da 8 anni in soggiorni neve in Cile ed Argentina! Potete visitare il sito ufficiale www.paolociotti.it

Paolo Ciotti

19/07/11

Caro papà...di Manfredi Borsellino

Il primo pomeriggio di quel 23 maggio studiavo a casa dei miei genitori, preparavo l’esame di diritto commerciale, ero esattamente allo “zenit” del mio percorso universitario. Mio padre era andato, da solo e a piedi, eludendo come solo lui sapeva fare i ragazzi della scorta, dal barbiere Paolo Biondo, nella via Zandonai, dove nel bel mezzo del “taglio” fu raggiunto dalla telefonata di un collega che gli comunicava dell’attentato a Giovanni Falcone lungo l’autostrada Palermo-Punta Raisi.
Ricordo bene che mio padre, ancora con tracce di schiuma da barba sul viso, avendo dimenticato le chiavi di casa bussò alla porta mentre io ero già pietrificato innanzi la televisione che in diretta trasmetteva le prime notizie sull’accaduto. Aprii la porta ad un uomo sconvolto, non ebbi il coraggio di chiedergli nulla né lui proferì parola.
Si cambiò e raccomandandomi di non allontanarmi da casa si precipitò, non ricordo se accompagnato da qualcuno o guidando lui stesso la macchina di servizio, nell’ospedale dove prima Giovanni Falcone, poi Francesca Morvillo, gli sarebbero spirati tra le braccia. Quel giorno per me e per tutta la mia famiglia segnò un momento di non ritorno. Era l’inizio della fine di nostro padre che poco a poco, giorno dopo giorno, fino a quel tragico 19 luglio, salvo rari momenti, non sarebbe stato più lo stesso, quell’uomo dissacrante e sempre pronto a non prendersi sul serio che tutti conoscevamo.
Ho iniziato a piangere la morte di mio padre con lui accanto mentre vegliavamo la salma di Falcone nella camera ardente allestita all’interno del Palazzo di Giustizia. Non potrò mai dimenticare che quel giorno piangevo la scomparsa di un collega ed amico fraterno di mio padre ma in realtà è come se con largo anticipo stessi già piangendo la sua.
Dal 23 maggio al 19 luglio divennero assai ricorrenti i sogni di attentati e scene di guerra nella mia città ma la mattina rimuovevo tutto, come se questi incubi non mi riguardassero e soprattutto non riguardassero mio padre, che invece nel mio subconscio era la vittima. Dopo la strage di Capaci, eccetto che nei giorni immediatamente successivi, proseguii i miei studi, sostenendo gli esami di diritto commerciale, scienze delle finanze, diritto tributario e diritto privato dell’economia. In mio padre avvertivo un graduale distacco, lo stesso che avrebbero percepito le mie sorelle, ma lo attribuivo (e giustificavo) al carico di lavoro e di preoccupazioni che lo assalivano in quei giorni. Solo dopo la sua morte seppi da padre Cesare Rattoballi che era un distacco voluto, calcolato, perché gradualmente, e quindi senza particolari traumi, noi figli ci abituassimo alla sua assenza e ci trovassimo un giorno in qualche modo “preparati” qualora a lui fosse toccato lo stesso destino dell’amico e collega Giovanni.
La mattina del 19 luglio, complice il fatto che si trattava di una domenica ed ero oramai libero da impegni universitari, mi alzai abbastanza tardi, perlomeno rispetto all’orario in cui solitamente si alzava mio padre che amava dire che si alzava ogni giorno (compresa la domenica) alle 5 del mattino per “fottere” il mondo con due ore di anticipo. In quei giorni di luglio erano nostri ospiti, come d’altra parte ogni estate, dei nostri zii con la loro unica figlia, Silvia, ed era proprio con lei che mio padre di buon mattino ci aveva anticipati nel recarsi a Villagrazia di Carini dove si trova la residenza estiva dei miei nonni materni e dove, nella villa accanto alla nostra, ci aveva invitati a pranzo il professore “Pippo” Tricoli, titolare della cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Palermo e storico esponente dell’Msi siciliano, un uomo di grande spessore culturale ed umano con la cui famiglia condividevamo ogni anno spensierate stagioni estive.
Mio padre, in verità, tentò di scuotermi dalla mia “loffia” domenicale tradendo un certo desiderio di “fare strada” insieme, ma non ci riuscì. L’avremmo raggiunto successivamente insieme agli zii ed a mia madre. Mia sorella Lucia sarebbe stata impegnata tutto il giorno a ripassare una materia universitaria di cui avrebbe dovuto sostenere il relativo esame il giorno successivo (cosa che fece!) a casa di una sua collega, mentre Fiammetta, come è noto, era in Thailandia con amici di famiglia e sarebbe rientrata in Italia solo tre giorni dopo la morte di suo padre.
Non era la prima estate che, per ragioni di sicurezza, rinunciavamo alle vacanze al mare; ve ne erano state altre come quella dell’85, quando dopo gli assassini di Montana e Cassarà eravamo stati “deportati” all’Asinara, o quella dell’anno precedente, nel corso della quale mio padre era stato destinatario di pesanti minacce di morte da parte di talune famiglie mafiose del trapanese. Ma quella era un’estate particolare, rispetto alle precedenti mio padre ci disse che non era più nelle condizioni di sottrarsi all’apparato di sicurezza cui, soprattutto dolo la morte di Falcone, lo avevano sottoposto, e di riflesso non avrebbe potuto garantire a noi figli ed a mia madre quella libertà di movimento che negli anni precedenti era riuscito ad assicurarci.
Così quell’estate la villa dei nonni materni, nella quale avevamo trascorso sin dalla nostra nascita forse i momenti più belli e spensierati, era rimasta chiusa. Troppo “esposta” per la sua adiacenza all’autostrada per rendere possibile un’adeguata protezione di chi vi dimorava. Ricordo una bellissima giornata, quando arrivai mio padre si era appena allontanato con la barchetta di un suo amico per quello che sarebbe stato l’ultimo bagno nel “suo” mare e non posso dimenticare i ragazzi della sua scorta, gli stessi di via D’Amelio, sulla spiaggia a seguire mio padre con lo sguardo e a godersi quel sole e quel mare.
Anche il pranzo in casa Tricoli fu un momento piacevole per tutti, era un tipico pranzo palermitano a base di panelle, crocché, arancine e quanto di più pesante la cucina siciliana possa contemplare, insomma per stomaci forti. Ricordo che in Tv vi erano le immagini del Tour de France ma mio padre, sebbene fosse un grande appassionato di ciclismo, dopo il pranzo, nel corso del quale non si era risparmiato nel “tenere comizio” come suo solito, decise di appisolarsi in una camera della nostra villa. In realtà non dormì nemmeno un minuto, trovammo sul portacenere accanto al letto un cumulo di cicche di sigarette che lasciava poco spazio all’immaginazione.
Dopo quello che fu tutto fuorché un riposo pomeridiano mio padre raccolse i suoi effetti, compreso il costume da bagno (restituitoci ancora bagnato dopo l’eccidio) e l’agenda rossa della quale tanto si sarebbe parlato negli anni successivi, e dopo avere salutato tutti si diresse verso la sua macchina parcheggiata sul piazzale limitrofo le ville insieme a quelle della scorta. Mia madre lo salutò sull’uscio della villa del professore Tricoli, io l’accompagnai portandogli la borsa sino alla macchina, sapevo che aveva l’appuntamento con mia nonna per portarla dal cardiologo per cui non ebbi bisogno di chiedergli nulla. Mi sorrise, gli sorrisi, sicuri entrambi che di lì a poche ore ci saremmo ritrovati a casa a Palermo con gli zii.
Ho realizzato che mio padre non c’era più mentre quel pomeriggio giocavo a ping pong e vidi passarmi accanto il volto funereo di mia cugina Silvia, aveva appena appreso dell’attentato dalla radio. Non so perché ma prima di decidere il da farsi io e mia madre ci preoccupammo di chiudere la villa. Quindi, mentre affidavo mia madre ai miei zii ed ai Tricoli, sono salito sulla moto di un amico d’infanzia che villeggia lì vicino ed a grande velocità ci recammo in via D’Amelio.
Non vidi mio padre, o meglio i suoi “resti”, perché quando giunsi in via D’Amelio fui riconosciuto dall’allora presidente della Corte d’Appello, il dottor Carmelo Conti, che volle condurmi presso il centro di Medicina legale dove poco dopo fui raggiunto da mia madre e dalla mia nonna paterna. Seppi successivamente che mia sorella Lucia non solo volle vedere ciò che era rimasto di mio padre, ma lo volle anche ricomporre e vestire all’interno della camera mortuaria. Mia sorella Lucia, la stessa che poche ore dopo la morte del padre avrebbe sostenuto un esame universitario lasciando incredula la commissione, ci riferì che nostro padre è morto sorridendo, sotto i suoi baffi affumicati dalla fuliggine dell’esplosione ha intravisto il suo solito ghigno, il suo sorriso di sempre; a differenza di quello che si può pensare mia sorella ha tratto una grande forza da quell’ultima immagine del padre, è come se si fossero voluti salutare un’ultima volta.
La mia vita, come d’altra parte quella delle mie sorelle e di mia madre, è certamente cambiata dopo quel 19 luglio, siamo cresciuti tutti molto in fretta ed abbiamo capito, da subito, che dovevamo sottrarci senza “se” e senza “ma” a qualsivoglia sollecitazione ci pervenisse dal mondo esterno e da quello mediatico in particolare. Sapevamo che mio padre non avrebbe gradito che noi ci trasformassimo in “familiari superstiti di una vittima della mafia”, che noi vivessimo come figli o moglie di ….., desiderava che noi proseguissimo i nostri studi, ci realizzassimo nel lavoro e nella vita, e gli dessimo quei nipoti che lui tanto desiderava. A me in particolare mi chiedeva “Paolino” sin da quando avevo le prime fidanzate, non oso immaginare la sua gioia se fosse stato con noi il 20 dicembre 2007, quando è nato Paolo Borsellino, il suo primo e, per il momento, unico nipote maschio.
Oggi vorrei dire a mio padre che la nostra vita è sì cambiata dopo che ci ha lasciati ma non nel senso che lui temeva: siamo rimasti gli stessi che eravamo e che lui ben conosceva, abbiamo percorso le nostre strade senza “farci largo” con il nostro cognome, divenuto “pesante” in tutti i sensi, abbiamo costruito le nostre famiglie cui sono rivolte la maggior parte delle nostre attenzioni come lui ci ha insegnato, non ci siamo “montati la testa”, rischio purtroppo ricorrente quando si ha la fortuna e l’onore di avere un padre come lui, insomma siamo rimasti con i piedi per terra. E vorrei anche dirgli che la mamma dopo essere stata il suo principale sostegno è stata in questi lunghi anni la nostra forza, senza di lei tutto sarebbe stato più difficile e molto probabilmente nessuno di noi tre ce l’avrebbe fatta.
Mi piace pensare che oggi sono quello che sono, ossia un dirigente di polizia appassionato del suo lavoro che nel suo piccolo serve lo Stato ed i propri concittadini come, in una dimensione ben più grande ed importante, faceva suo padre, indipendentemente dall’evento drammatico che mi sono trovato a vivere.
D’altra parte è certo quello che non sarei mai voluto diventare dopo la morte di mio padre, una persona che in un modo o nell’altro avrebbe “sfruttato” questo rapporto di sangue, avrebbe “cavalcato” l’evento traendone vantaggi personali non dovuti, avrebbe ricoperto cariche o assunto incarichi in quanto figlio di …. o perché di cognome fa Borsellino. A tal proposito ho ben presente l’insegnamento di mio padre, per il quale nulla si doveva chiedere che non fosse già dovuto o che non si potesse ottenere con le sole proprie forze. Diceva mio padre che chiedere un favore o una raccomandazione significa mettersi nelle condizioni di dovere essere debitore nei riguardi di chi elargisce il favore o la raccomandazione, quindi non essere più liberi ma condizionati, sotto il ricatto, fino a quando non si restituisce il favore o la raccomandazione ricevuta.
Ai miei figli, ancora troppo piccoli perché possa iniziare a parlargli del nonno, vorrei farglielo conoscere proprio tramite i suoi insegnamenti, raccontandogli piccoli ma significativi episodi tramite i quali trasmettergli i valori portanti della sua vita.
Caro papà, ogni sera prima di addormentarci ti ringraziamo per il dono più grande, il modo in cui ci hai insegnato a vivere.
*( La testimonianza del figlio del giudice – pubblicata per gentile concessione dell’editore – chiude il libro “Era d’estate”, curato dai giornalisti Roberto Puglisi e Alessandra Turrisi- Pietro Vittorietti editore).

La Nuova Evangelizzazione nell’era del «tempo breve»


di Andrea Menegotto
Domenica 17 luglio, a Rio de Janeiro, si sono conclusi i lavori del primo seminario di comunicazione per i vescovi del Brasile, dove è intervenuto anche monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Ampi stralci del suo intervento sono ripresi in un articolo del quotidiano vaticano L’Osservatore Romano del 18-19 luglio 2011 («La missione evangelizzatrice nell’era digitale», p. 8) e da News.va, il portale multimediale vaticano che raccoglie le notizie prodotte dai network dei media della Santa Sede, dotato peraltro di notevoli possibilità di collegamento con i principali social network.
Senza utilizzare troppi giri di parole ─ come si conviene , appunto, a un efficace comunicatore ─ l’arcivescovo, nel descrivere le sfide poste dalle nuove tecnologie all’opera di evangelizzazione della Chiesa cattolica, ha affermato: «Se la Chiesa non prenderà coscienza dei cambiamenti culturali suscitati dal sistema comunicativo che attualmente conosciamo, troveremo molte difficoltà nell'evangelizzare in un futuro prossimo». E, ancora: «[…] è fondamentale superare una visione meramente strumentale dei mezzi di comunicazione ─ ossia concepire i mezzi solo come altoparlanti che i destinatari ascoltano in modo acritico ─ e riconoscere che è la stessa cultura a trasformarsi costantemente a causa della comparsa di nuove forme di comunicazione attraverso le nuove tecnologie». Del resto, queste ultime «creano nuovi modi di socializzare, nuovi linguaggi e nuove relazioni fra le persone, e allo stesso tempo schiudono orizzonti e pongono sfide al compito evangelizzatore di ogni battezzato».
Tuttavia, pur dovendo necessariamente tenere conto delle trasformazioni provocate dalle nuove tecnologie, per il Papa (prima il beato Giovanni Paolo II, oggi il suo successore Benedetto XVI) e per i Vescovi la missione resta la stessa ieri, oggi e sempre: la Nuova Evangelizzazione. Essa non coincide con il cedimento del messaggio cristiano alle rivendicazioni di presunta autonomia tipiche ella nostra epoca ─ le quali altro non sono che tentativi di progressiva scristianizzazione della nostra società nel segno della tentazione relativista, tecnocratica e autodeterministica ─, ma semplicemente è il riannuncio con nuovo ardore, nuovi metodi ed espressioni del messaggio bimillenario di Gesù Cristo proclamatosi «la via, la verità e la vita» (Giovanni 14,6); lo stesso identico messaggio affidato da Gesù agli Apostoli e, ora, a tutta la Chiesa.
Dunque, una Chiesa che, forte del mandato ricevuto, si deve porre oggi anche a detta dei suoi stessi pastori a rispondere in maniera adeguata alla sfida dell’annuncio in un’epoca complessa, post-moderna, relativista, globalizzata e tecnologica. Un’era che Marco Niada, giornalista economico milanese da anni residente a Londra, vede caratterizzata da quello che con espressione felice definisce il «tempo breve» (cfr. Il tempo breve. Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione, Garzanti, Milano 2010; per una recensione e un inquadramento in ottica sociologica e in una prospettiva di raccordo con alcuni temi fondanti l’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si rimanda al contributo di Massimo Introvigne, «Il tempo breve» di Marco Niada. «La fine della memoria e la morte dell’attenzione», disponibile sul sito del CESNUR).
Secondo Niada, la nuova rivoluzione non è tanto quella di Internet, ma quella dei telefoni cellulari di nuova generazione, i cosiddetti smartphone, che sono sempre di più computer portatili in costante collegamento con il Web: l’uomo e il giovane del 2011 che hanno con sé giorno e notte, in casa e in ufficio, al lavoro e in vacanza il Blackberry, l’iPhone e l’iPad sono fondamentalmente diversi dall’uomo di uno o due decenni prima. Niada non è nemico della tecnologia, ma richiama problemi reali, così efficacemente riassunti da Introvigne: «Il primo è stato studiato da psicologi e psichiatri già da molti anni: il rischio di una dipendenza da Internet e dai cellulari che ricorda la dipendenza dalla droga e che isola chi ne è vittima, bambini compresi, dal mondo reale. Il secondo problema è al centro dello studio sociologico di Internet da molti anni: si tratta del cosiddetto “information overload” (sovraccarico d’informazioni). Grazie a, o per colpa di, Internet riceviamo più informazioni di quante siamo capaci di assorbire, vagliare e organizzare e alla fine entriamo in crisi. Niada aggiunge, citando dati di diversi studi, due ulteriori elementi: la crisi della memoria – chi vive di Google ha sempre meno memoria, perché è abituato a cercare le informazioni sul Web e non tra i propri ricordi –, e la “morte dell’attenzione”. Il nostro tempo di attenzione si assottiglia sempre di più, e senza attenzione – come insegnavano appunto i monaci del Medioevo – non può nascere la riflessione e neppure la preghiera».
È quest’uomo post-moderno che vive nel e del «tempo breve», spesso isolato e collocato in una realtà virtuale, sovraccarico di informazioni, in crisi di memoria e incapace di dedicare attenzione e quindi riflettere davvero, nonché entrare in un rapporto profondo con il Creatore, l’obiettivo della Nuova Evangelizzazione. D’altra parte , come scriveva Giovanni Paolo II nel Messaggio per la XXXVI Giornata delle comunicazioni sociali, lungi dal demonizzare Internet e la tecnologia: «[…] Internet ridefinisce in modo radicale il rapporto psicologico di una persona con lo spazio e con il tempo. Attrae l'attenzione ciò che è tangibile, utile, subito disponibile. Può venire a mancare lo stimolo a un pensiero e a una riflessione più profondi, mentre gli esseri umani hanno bisogno vitale di tempo e di tranquillità interiore per ponderare ed esaminare la vita e i suoi misteri e per acquisire gradualmente un maturo dominio di sé e del mondo che li circonda», e soprattutto: «Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell'evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c'è spazio per Cristo, non c'è spazio per l’uomo».
Dunque, Internet stesso si configura come un luogo da evangelizzare affinché diventi uno spazio umano autentico e un luogo in cui l’uomo possa incontrare Cristo e così ritrovare se stesso.
Da questo punto di vista, risultano emblematiche due icone: la prima è quella di Papa Giovanni Paolo II, ormai anziano e quasi al culmine della malattia che con un click del mouse, durante una semplice cerimonia tenutasi presso il Palazzo Apostolico il 22 novembre 2001 invia alle chiese particolari dell’Oceania via e-mail l’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Oceania; si tratta della prima volta nella storia in cui un documento pontificio è inviato direttamente dal Papa via e-mail.
La seconda icona, più recente, è quella invece che vede Papa Benedetto XVI, nella solennità liturgica dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno 2011 ─ coincidente peraltro con il sessantesimo anniversario di sacerdozio dello stesso Pontefice ─ mettere in rete il già citato portale vaticano News.va con un semplice tweet (termine tecnico utilizzato per indicare nel social network Twitter un «aggiornamento di servizio») su un tablet, ovvero un «pc tavoletta».
Due icone certo, che ci dicono che siamo solo all’inizio di una grande opera perché gli utenti delle nuove tecnologie incontrando tanti ─ troppi ─ «messaggi», possano incontrare anche il «Messaggio» per eccellenza.
Fonte foto: News.va

Consigli Fotografici: Copyright & Batch Watermarking - Fotografia in sicurezza


Diamo oggi inizio alla sezione “Consigli” della rubrica fotografica di Frews.
Come già spiegato, i nostri consigli saranno estremamente pratici e semplici da mettere in atto. Abbiamo deciso quindi di iniziare con un consiglio fondamentale per chi pubblica le proprie foto in rete. Come poterlo fare in completa sicurezza? Come tutelarsi da eventuali furti e plagi?
Eccovi qualche dritta sulla pubblicazione di immagini.

Innanzitutto occorre fare una precisazione. E' importante sottolineare quanto sia difficile rintracciare eventuali trattamenti delle immagini non autorizzati. In questo caso, la vastità della rete internet non aiuta. E' estremamente difficile imbattersi in un utilizzo non appropriato di una propria immagine, come ad esempio la sua ri-pubblicazione senza la citazione della fonte originaria. Risulta quindi indispensabile utilizzare alcuni espedienti per far desistere i naviganti poco corretti dall'impossessarsi di immagini di cui vogliamo detenere quantomeno i diritti e i riconoscimenti.

Il primo espediente riguarda il copyright. Se pubblicate le vostre immagini su un blog a vostra gestione, abbiate l'accortezza di inserire un cosiddetto “Disclaimer” che dichiari esplicitamente il vostro diritto sui contenuti pubblicati. Un esempio tipico di dichiarazione di possesso del copyright può essere

Tutte le foto sono proprietà di VOSTRO NOME/TITOLO DEL BLOG e come tali sono soggette a copyright. E pertanto tutto il materiale qui contenuto non è utilizzabile nè in alcun modo riproducibile, in qualsiasi forma e misura senza il consenso scritto dell'autore.

Già una dicitura come questa fungerà da deterrente per i ladri di immagini e vi darà il completo controllo sulle vostre immagini. Questo, ovviamente, vale solo e unicamente se voi siete in possesso del file originale in alta qualità. In caso di dispute legali, il possesso di quel file è determinante per l'assegnazione del possesso dello scatto. Per questo motivo è necessario conservare i file originali anche dopo averli pubblicati su facebook, blogger o qualsivoglia piattaforma.

Il secondo consiglio che vi propongo riguarda la pratica di Batch Watermark, più semplicemente l'inserimento della firma alle vostre foto. 


Come potete vedere in questo, è presente in basso a sinistra la firma dell'autore. Questo simbolo apparentemente insignificante è importantissimo. Vi permette di marchiare con un simbolo indelebile i vostri scatti, in modo che se dovessero essere utilizzati da terzi, il vostro nome sarà sempre e comunque visibile. Per questo motivo è consigliabile inserire il proprio nome e cognome, oppure l'indirizzo del vostro blog. Ma come inserire la firma?
Io vi consiglio un programma semplicissimo da usare: FastStone Photo Resizer, un software gratuito scaricabile all'indirizzo http://www.faststone.org/FSResizerDetail.htm
Tra le tante funzioni, questo programma vi permette creare una copia dello scatto firmata senza modificare il file originale. Inoltre, potete firmare più file contemporaneamente, catalogarli in specifiche cartelle e conservare nel tempo il vostro Logo di firma per i futuri scatti.

Spero che questi primi consigli vi tornino utili. Fatemelo sapere commentando questo post o mandandomi una mail all'indirizzo che troverete nelle note. Buona fotografia a tutti!

 Mirko Fin



Avete qualche richiesta particolare o un consiglio da suggerire? Mandate le vostre richieste via mail a servlad90@yahoo.it 
Sarà per noi un piacere esaudire ogni vostra richiesta!