19/07/11

La Nuova Evangelizzazione nell’era del «tempo breve»


di Andrea Menegotto
Domenica 17 luglio, a Rio de Janeiro, si sono conclusi i lavori del primo seminario di comunicazione per i vescovi del Brasile, dove è intervenuto anche monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Ampi stralci del suo intervento sono ripresi in un articolo del quotidiano vaticano L’Osservatore Romano del 18-19 luglio 2011 («La missione evangelizzatrice nell’era digitale», p. 8) e da News.va, il portale multimediale vaticano che raccoglie le notizie prodotte dai network dei media della Santa Sede, dotato peraltro di notevoli possibilità di collegamento con i principali social network.
Senza utilizzare troppi giri di parole ─ come si conviene , appunto, a un efficace comunicatore ─ l’arcivescovo, nel descrivere le sfide poste dalle nuove tecnologie all’opera di evangelizzazione della Chiesa cattolica, ha affermato: «Se la Chiesa non prenderà coscienza dei cambiamenti culturali suscitati dal sistema comunicativo che attualmente conosciamo, troveremo molte difficoltà nell'evangelizzare in un futuro prossimo». E, ancora: «[…] è fondamentale superare una visione meramente strumentale dei mezzi di comunicazione ─ ossia concepire i mezzi solo come altoparlanti che i destinatari ascoltano in modo acritico ─ e riconoscere che è la stessa cultura a trasformarsi costantemente a causa della comparsa di nuove forme di comunicazione attraverso le nuove tecnologie». Del resto, queste ultime «creano nuovi modi di socializzare, nuovi linguaggi e nuove relazioni fra le persone, e allo stesso tempo schiudono orizzonti e pongono sfide al compito evangelizzatore di ogni battezzato».
Tuttavia, pur dovendo necessariamente tenere conto delle trasformazioni provocate dalle nuove tecnologie, per il Papa (prima il beato Giovanni Paolo II, oggi il suo successore Benedetto XVI) e per i Vescovi la missione resta la stessa ieri, oggi e sempre: la Nuova Evangelizzazione. Essa non coincide con il cedimento del messaggio cristiano alle rivendicazioni di presunta autonomia tipiche ella nostra epoca ─ le quali altro non sono che tentativi di progressiva scristianizzazione della nostra società nel segno della tentazione relativista, tecnocratica e autodeterministica ─, ma semplicemente è il riannuncio con nuovo ardore, nuovi metodi ed espressioni del messaggio bimillenario di Gesù Cristo proclamatosi «la via, la verità e la vita» (Giovanni 14,6); lo stesso identico messaggio affidato da Gesù agli Apostoli e, ora, a tutta la Chiesa.
Dunque, una Chiesa che, forte del mandato ricevuto, si deve porre oggi anche a detta dei suoi stessi pastori a rispondere in maniera adeguata alla sfida dell’annuncio in un’epoca complessa, post-moderna, relativista, globalizzata e tecnologica. Un’era che Marco Niada, giornalista economico milanese da anni residente a Londra, vede caratterizzata da quello che con espressione felice definisce il «tempo breve» (cfr. Il tempo breve. Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione, Garzanti, Milano 2010; per una recensione e un inquadramento in ottica sociologica e in una prospettiva di raccordo con alcuni temi fondanti l’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si rimanda al contributo di Massimo Introvigne, «Il tempo breve» di Marco Niada. «La fine della memoria e la morte dell’attenzione», disponibile sul sito del CESNUR).
Secondo Niada, la nuova rivoluzione non è tanto quella di Internet, ma quella dei telefoni cellulari di nuova generazione, i cosiddetti smartphone, che sono sempre di più computer portatili in costante collegamento con il Web: l’uomo e il giovane del 2011 che hanno con sé giorno e notte, in casa e in ufficio, al lavoro e in vacanza il Blackberry, l’iPhone e l’iPad sono fondamentalmente diversi dall’uomo di uno o due decenni prima. Niada non è nemico della tecnologia, ma richiama problemi reali, così efficacemente riassunti da Introvigne: «Il primo è stato studiato da psicologi e psichiatri già da molti anni: il rischio di una dipendenza da Internet e dai cellulari che ricorda la dipendenza dalla droga e che isola chi ne è vittima, bambini compresi, dal mondo reale. Il secondo problema è al centro dello studio sociologico di Internet da molti anni: si tratta del cosiddetto “information overload” (sovraccarico d’informazioni). Grazie a, o per colpa di, Internet riceviamo più informazioni di quante siamo capaci di assorbire, vagliare e organizzare e alla fine entriamo in crisi. Niada aggiunge, citando dati di diversi studi, due ulteriori elementi: la crisi della memoria – chi vive di Google ha sempre meno memoria, perché è abituato a cercare le informazioni sul Web e non tra i propri ricordi –, e la “morte dell’attenzione”. Il nostro tempo di attenzione si assottiglia sempre di più, e senza attenzione – come insegnavano appunto i monaci del Medioevo – non può nascere la riflessione e neppure la preghiera».
È quest’uomo post-moderno che vive nel e del «tempo breve», spesso isolato e collocato in una realtà virtuale, sovraccarico di informazioni, in crisi di memoria e incapace di dedicare attenzione e quindi riflettere davvero, nonché entrare in un rapporto profondo con il Creatore, l’obiettivo della Nuova Evangelizzazione. D’altra parte , come scriveva Giovanni Paolo II nel Messaggio per la XXXVI Giornata delle comunicazioni sociali, lungi dal demonizzare Internet e la tecnologia: «[…] Internet ridefinisce in modo radicale il rapporto psicologico di una persona con lo spazio e con il tempo. Attrae l'attenzione ciò che è tangibile, utile, subito disponibile. Può venire a mancare lo stimolo a un pensiero e a una riflessione più profondi, mentre gli esseri umani hanno bisogno vitale di tempo e di tranquillità interiore per ponderare ed esaminare la vita e i suoi misteri e per acquisire gradualmente un maturo dominio di sé e del mondo che li circonda», e soprattutto: «Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell'evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c'è spazio per Cristo, non c'è spazio per l’uomo».
Dunque, Internet stesso si configura come un luogo da evangelizzare affinché diventi uno spazio umano autentico e un luogo in cui l’uomo possa incontrare Cristo e così ritrovare se stesso.
Da questo punto di vista, risultano emblematiche due icone: la prima è quella di Papa Giovanni Paolo II, ormai anziano e quasi al culmine della malattia che con un click del mouse, durante una semplice cerimonia tenutasi presso il Palazzo Apostolico il 22 novembre 2001 invia alle chiese particolari dell’Oceania via e-mail l’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Oceania; si tratta della prima volta nella storia in cui un documento pontificio è inviato direttamente dal Papa via e-mail.
La seconda icona, più recente, è quella invece che vede Papa Benedetto XVI, nella solennità liturgica dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno 2011 ─ coincidente peraltro con il sessantesimo anniversario di sacerdozio dello stesso Pontefice ─ mettere in rete il già citato portale vaticano News.va con un semplice tweet (termine tecnico utilizzato per indicare nel social network Twitter un «aggiornamento di servizio») su un tablet, ovvero un «pc tavoletta».
Due icone certo, che ci dicono che siamo solo all’inizio di una grande opera perché gli utenti delle nuove tecnologie incontrando tanti ─ troppi ─ «messaggi», possano incontrare anche il «Messaggio» per eccellenza.
Fonte foto: News.va

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