10/11/11

Un martire cristiano al mondo ogni cinque minuti


L’allarme di Massimo Introvigne:
«Chi nasconde le cifre forse semplicemente preferisce non fare nulla per fermare il massacro»
di Andrea Menegotto
10 novembre 2011
Il tema della intolleranza contro le minoranze religiose continua drammaticamente ad essere di attualità, come mostrano anche alcuni recenti lanci dell’Agenzia Fides opportunamente ripresi su Frews riguardo il Pakistan, uno degli scenari mondiali più caldi in tal senso.

Il caso ormai tristemente famoso è quello di Asia Bibi, la quarantacinquenne cristiana, madre di cinque figli, che rischia la pena capitale con l’accusa di blasfemia in quanto condannata dal tribunale di Sheikupura ormai un anno fa, l’8 novembre 2010.
Tuttavia, anche il recentissimo studio di un organismo indipendente bipartisan del governo federale USA, la Commissione internazionale sulla Libertà religiosa (United States Commission on International Religious Freedom, USCIRF), presentato a Washington il 9 novembre 2011, mette in luce elementi preoccupanti indicando nel sistema scolastico pakistano la radice del diffuso radicalismo islamico, rilevando in particolare come i libri di testo utilizzati nelle scuole pubbliche e private insegnano ai bambini pakistani l'intolleranza verso le minoranze religiose non musulmane.
Anche in India la musica non cambia: come ancora denuncia Fides (8 novembre 2011) riprendendo dati dell’organizzazione ecumenica All India Christian Council, la violenza anticristiana è in aumento e nell’ultimo anno ha registrato oltre 1.000 casi. Secondo gli esperti del panorama sociale indiano la radice del problema è nota: sono le organizzazioni estremiste indù, sostenute dai governi del Barathiya Janata Party, che intendono polarizzare la società agendo secondo un clichet: accusano i cristiani di condurre conversioni fraudolente; ingannano così i cittadini indù poveri, innocenti e ingenui pagandoli per compiere atti di vandalismo nei luoghi religiosi cristiani.
L’elenco e la cronaca dei casi potrebbero essere molto lunghi… e certamente potremmo notare che ai veri e propri focolai dell’intolleranza religiosa presenti in Pakistan, India, Cina, Corea del Nord, Libano, Egitto e altrove, si affiancano episodi del tutto significativi in Occidente e in Italia. Episodi che, in genere, non producono vittime, ma parlano il linguaggio della discriminazione e della persecuzione, spesso di carattere amministrativo.
In questa luce, Neville Kyrke-Smith, direttore britannico di Aiuto alla Chiesa che Soffre – organismo fondato da padre Werenfried van Straaten (1913-2003, noto come “padre Lardo”) ed eretto in Associazione pubblica universale dipendente dalla Santa Sede con Decreto del 7 aprile 1984 della Congregazione per il Clero – ha recentemente elogiato il premier britannico David Cameron per aver riconosciuto la persecuzione a cui sono sottoposti i cristiani e aver minacciato di ritirare il sostegno economico a quei Paesi che persisteranno in questa discriminazione. Tuttavia, altri cattolici inglesi come Ann Noreen Widdecombe, scrittrice e romanziera nonché attiva politica nelle file dei conservatori sino al 2010 , hanno ricordato che il Pakistan, dove appunto è imprigionata la cristiana Asia Bibi, si è visto raddoppiare gli aiuti economici dal Regno Unito a 350 milioni di sterline all’anno, un caso che ha attirato la condanna internazionale.
Anche il filosofo francese non credente Bernard Henri Lévy, fra i fondatori della cosiddetta nouvelle philosophie, circa un anno fa (il 17 novembre 2010) scrisse un appello sul Corriere della sera chiedendo di proteggere i cristiani, che oggi «formano, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata».
Per indicare la persecuzione che si perpetua oggigiorno in vari scenari mondiali attraverso l'intolleranza, le discriminazioni e gli atteggiamenti persecutori che hanno per oggetto la fede cristiana e i suoi aderenti è utilizzato il termine «cristianofobia», portato in auge da René Guitton, autore del saggio Cristianofobia. La nuova persecuzione (Lindau, Torino 2010): «La cristianofobia è emersa soprattutto in quei paesi che hanno raggiunto l'indipendenza dopo gli anni '50. I coloni occidentali venivano identificati come cristiani, in un amalgama culturale-religioso. Anche oggi, queste ragioni sono rispolverate da gruppi estremisti islamici contro l'occidente e giustificano atti di violenza in risposta alle sofferenze subite in passato. Certamente è un ragionamento schematico e semplicistico, ma è usato per accusare i cristiani e giustificare la violenza» (lancio Fides, 24 novembre 2011, tr. it. dall’originale inglese). Il neologismo compare già nel 2003 all’interno di una Risoluzione del Terzo Comitato della 58° Assemblea Generale dell’ONU, associato a islamofobia e antisemitismo e – nel documento in questione – con tale termine si indicano i comportamenti di persecuzione anche violenta fatta a danno dei cristiani e la discriminazione subita dai cristiani nei secoli; insomma una sorta di nuova forma di razzismo.
Di fatto, come abbiamo già accennato, la cristianofobia – oltre a concentrarsi drammaticamente a livello mondiale in alcune specifiche zone geografiche – ormai invade pure l'Occidente e porta a «pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto, particolarmente in tema di aborto» (Papa Benedetto XVI, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10 gennaio 2011). Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione, e in particolare del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi in nome del rispetto per chi appartiene ad altre religioni o è non credente. La cristianofobia si manifesta inoltre anche nelle minacce alla libertà di educazione e nell’avversione amministrativa alle scuole cristiane, imponendo di partecipare a corsi di educazione sessuale o civile che – come ha ancora detto il Papa al Corpo diplomatico – «trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione».
Sociologo di fama internazionale e direttore del CESNUR, Massimo Introvigne dall’inizio dell’anno 2011 è stato nominato Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni dell’OSCE, l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa.
In tale veste, nel corso della prima settimana di giugno 2011, è stato fra i relatori a un grande evento organizzato dalla Presidenza ungherese dell’Unione Europea al Castello Reale di Gödöllo, presso Budapest, sul tema del dialogo interreligioso fra cristiani, ebrei e musulmani, cui hanno partecipato anche il cardinale Péter Erdö, presidente dei vescovi europei e il custode di Terrasanta padre Pierbattista Pizzaballa, insieme a importanti esponenti del mondo ebraico, islamico, maronita, della Chiesa Ortodossa Russa e del Congresso Ebraico.
«I giornalisti presenti ─ afferma il Rappresentante OSCE ─ hanno ricavato soprattutto dal mio intervento a Gödöllo e dalla discussione che ne è seguita l’affermazione secondo cui ogni anno i cristiani uccisi nel mondo per la loro fede sono 105.000, uno ogni cinque minuti. Come avviene nell’epoca di Internet, dalle auree volte del Castello Reale di la citazione è rimbalzata su quotidiani e siti di tutti i continenti. È certamente servita a risvegliare le coscienze sul tema dei cristiani perseguitati. Di questo sono molto contento: sono all’OSCE per questo».
Tuttavia, qualcuno ha sollevato dubbi su una cifra certamente molto elevata: «In queste reazioni ─ prosegue Introvigne ─ c’è già di per sé una lezione: si sottovaluta talmente il problema dei cristiani perseguitati che le cifre, sembrano a prima vista incredibili» e, ancora: «In Italia si è distinta per un’ironia fuori luogo quando si parla di morti la solita UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti».
Per tale motivo, in un intervento disponibile sul sito Web del CESNUR, il sociologo torinese ritiene, con la sua puntuale precisione e accuratezza, di rendere note le fonti che permettono di giungere a un calcolo tanto fondato quanto impressionante.
La base per il conteggio della cifra riguardante i martiri cristiani si fonda sui dati forniti dal principale centro mondiale di statistica religiosa, il Center for Study of Global Christianity, diretto da David B. Barrett, il quale, con il collaboratore Todd M. Johnson, nel 2001 incominciò a raccogliere statistiche sui martiri cristiani, ovvero sui «credenti in Cristo che hanno perso la loro vita prematuramente, nella situazione di testimoni, come risultato dell’ostilità umana», secondo la definizione stessa di Barrett e Johnson. In un volume del 2001, i due studiosi concludevano che i martiri cristiani nei primi due millenni erano stati circa settanta milioni, di cui quarantacinque milioni concentrati nel solo ventesimo secolo XX (cfr. World Christian Trends AD 30 – AD 2200, William Carey Library, Pasadena 2001).
Da qui in avanti Barrett e Johnson hanno aggiornato annualmente i loro calcoli, giungendo così a poter affermare su basi di calcolo e rilevazioni certe che intorno al 2005 il numero di martiri, comunque in crescita progressiva nel corso dei primi anni del nuovo millennio, ha raggiunto il dato di 160.000 nuovi martiri l’anno. Nel 2010 il numero è invece diminuito rispetto alla metà del decennio precedente, a fronte del fatto che la persecuzione dei cristiani nel Sud Sudan si sta placando a causa degli accordi di pace nel 2005. In ogni caso rimangono ─ e talora si aggravano ─ altri focolai di martirio, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo e nella Corea del Nord. Così che una stima prudenziale per il 2011, secondo Barrett e Johnson, è di circa 100.00 martiri in un anno.
Tale dato è addirittura considerato troppo modesto dai due sociologi statunitensi Brian J. Grim e Roger Finke, autori di un altro volume sul tema (The Price of Freedom Denied, Cambridge University Press, 2011), che citano altre cifre secondo cui il numero di martiri cristiani che perdono la vita ogni anno potrebbe appunto essere più alto, fra 130.000 e 170.000.
Nell’intervento a Budapest, Massimo Introvigne dichiara di avere adottato una revisione minima della stima di Barrett e Johnson, supponendo che dalle 100.000 vittime circa del 2010 si passi a 105.000 nel 2011: una cifra molto minore di quella proposta da Grim e Finke. 105.000 morti equivalgono a 287-288 morti al giorno, cioè dodici all’ora, ovvero uno ogni cinque minuti.
Così, dopo avere opportunamente informato sulle sue fonti che, in ogni caso, notiamo essere come di consueto tutte di livello accademico, di fama mondiale nonché ampiamente vagliate dal dibattito specialistico sul tema e dalla sua stessa eminente competenza sociologica, Introvigne conclude: «Può darsi che si debba seguire la stima più bassa di Barrett e Johnson e che i minuti siano cinque e mezzo anziché cinque. O che abbiano ragione invece Grim e Finke e muoia un cristiano ogni quattro minuti, non ogni cinque. La linea di tendenza rimane comunque spaventosa. Se non si gridano al mondo le cifre della persecuzione dei cristiani, se non si ferma la strage, se non si riconosce che la persecuzione dei cristiani è la prima emergenza mondiale in materia di violenza e discriminazione religiosa, il dialogo tra le religioni e le culture produrrà solo bellissimi convegni, ma nessun risultato concreto. Chi nasconde le cifre forse semplicemente preferisce non fare nulla per fermare il massacro».

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