“Licenziamenti facili”: lo slogan populista e accattivante, ancorché bugiardo, della Cgil e della sinistra si concentra su un solo aspetto della riforma del lavoro (il totem dell’articolo 18), distogliendo così l’attenzione dai contenuti complessivi di un pacchetto di provvedimenti che si tengono gli uni con gli altri e dove ciascun soggetto sociale ha dovuto dare prima di prendere. Vale per la flessibilità in entrata, che risulta più onerosa per gli imprenditori mentre i sindacati festeggiano la fine della “flessibilità cattiva”; vale per la flessibilità in uscita, laddove si stabilisce finalmente che, nel momento in cui assume, un imprenditore non sposa il suo dipendente per tutta la vita. C’è poi il capitolo ammortizzatori sociali che trova un po’ tutti d’accordo. Aggiustamenti se ne potranno e dovranno fare in Parlamento, ma il progetto di riforma non si presta a stravolgimenti, come vorrebbe il Pd per inseguire la Cgil, e in questo senso va l’avvertimento di Alfano sul rischio di una riforma “al ribasso” che non intende in alcun modo avallare.
Il Pdl ha segnalato e continua a segnalare, ad esempio, che la semplificazione delle forme contrattuali (leggi precariato) viene pagata pesantemente dalle imprese, con costi aggiuntivi che appaiono troppo elevati soprattutto per le medie e le piccole. In questo caso noi parliamo di possibili aggiustamenti che siano compatibili con i numeri economici e con la filosofia complessiva del “pacchetto lavoro”. Ben diversa la posizione del Pd, che mostra di voler affrontare il dibattito sulla flessibilità in uscita con il coltello tra i denti e gli slogan della sinistra più estrema: “No ai diktat di Monti”, parole inaccettabili, un Pd di lotta e di governo.
Ma ecco i punti salienti dei provvedimenti sul lavoro.
Flessibilità in entrata.
· Prevalenza del contratto a tempo indeterminato
· Ingresso al lavoro attraverso l’apprendistato
· Contratti a termine più costosi (l’azienda recupera tali oneri in caso di assunzione) e con limite di 36 mesi
· Strumenti per disincentivare la flessibilità “malata” (ad esempio una stretta sulle partite Iva).
Ammortizzatori sociali
· Nasce l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) che sostituirà l’indennità di mobilità e disoccupazione. Pari al 70% degli stipendi e fino a un tetto massimo di 1.119 euro.
· La Cassa integrazione ordinaria e straordinaria (ma non per cessazione di attività) viene mantenuta, quella in deroga no.
· C’è un fondo per la mobilità destinato al sostegno degli over58.
Flessibilità in uscita
· Per i licenziamenti discriminatori l’articolo 18 resta invariato e vale universalmente per tutte le aziende: è dunque obbligatorio il reintegro.
· Per i licenziamenti economici il giudice non può disporre il reintegro ma solo il pagamento dell’indennità (fino a 27 mesi)
· Per i licenziamenti disciplinari, ove il giudice accerti l’inesistenza del giustificato motivo, il giudice può disporre il pagamento di un’indennità oppure il reintegro.
Di Paolo
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