Io metto il mio scudo che prende spunto dal ricordo che ho per la lettura di questa che rimane per me l'opera omnia, l'opera massima per la quale ho pianto di gioia quando, grazie aglio studi Universitari, l'ho dovuta leggere tutta di seguito come un romanzo, senza sosta, senza settimane in mezzo, senza saltare i vari Canti ed alla fine ero anche io stremato ed innamorato di Beatrice e della Madonna.
La rileggo spesso, la Commedia, perché assieme ai Promessi Sposi ed alle Operette Morali di Leopardi rappresentano il podio dal quale non riesco a scendere.
In casa nostra la Divina Commedia è sempre aperta su un leggìò, in bella mostra, pronta per essere vissuta.
Non solo la Divina Commedia non andrebbe tolta da scuola ma andrebbe letta tutta sin dal liceo, senza saltare da un canto all'altro, perchè i ragazzi imparino che cosa vuol dire quando la musica, unendosi alle parole, crea la poesia in endecasillabi: perché i ragazzi imparino ad innamorarsi leggendo assieme lo stesso libro ed essere dannati per quello; perchè i ragazzi imparino la Storia d'Italia ed il Giudizio di Dio; perchè i ragazzi imparino a corteggiare una ragazza ed a puntare al "rivedere le stelle".
Allora, a voi pseudo studiosi, credo che Dante potrebbe benissimo oggi dedicarvi i versi dell'Inferno, Terzo Canto, che recitano così:
« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".
Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa". »
Non solo la Divina Commedia non andrebbe tolta da scuola ma andrebbe letta tutta sin dal liceo, senza saltare da un canto all'altro, perchè i ragazzi imparino che cosa vuol dire quando la musica, unendosi alle parole, crea la poesia in endecasillabi: perché i ragazzi imparino ad innamorarsi leggendo assieme lo stesso libro ed essere dannati per quello; perchè i ragazzi imparino la Storia d'Italia ed il Giudizio di Dio; perchè i ragazzi imparino a corteggiare una ragazza ed a puntare al "rivedere le stelle".
Allora, a voi pseudo studiosi, credo che Dante potrebbe benissimo oggi dedicarvi i versi dell'Inferno, Terzo Canto, che recitano così:
« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".
Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa". »
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