Ormai ci siamo. Ieri la Corte Costituzionale si è pronunciata sul destino della fecondazione assistita in Italia.Era il caso di dire: o la va o la spacca. E se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, diciamo che non è andata poi tanto male.La vicenda costituzionale all'ordine del giorno, prende il suo avvio dalla richiesta inoltrata alla Consulta dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano, perchè si esprimesse sulla legittimità del divieto di fecondazione di tipo eterolgo.
Essendo questa considerata da molti pazienti, l'unica via di scampo concreta per risolvere certi casi di sterilità conclamata.
Facendo un breve pro memoria, ricordiamo che dopo un lungo periodo di "far west" procreativo, nel 2004 finalmente nel nostro paese viene approvata la legge n. 40 sulla "procreazione" medicalmente assitita con l'obiettivo di tutelare la pari dignità degli esseri umani, sin dal loro concepimento.
Infatti la normativa in questione, nasce come strumento giuridico utile per favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità umana nel caso in cui non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le causa dell'impossibilità di concepire nuove vite umane.
Solo che nel farlo, il legislatore si preoccupa di porre al centro degli interessi anzitutto la vita del concepito, la sua personalità e soprattutto la sua "soggettività" considerata allo stesso livello di tutti gli alri soggetti coinvolti nell'avventura della fecondazione in vitro, in pratica il padre e la madre.
E si perchè il nostro ordinamento civile all'art.1 considera persona in senso giuridico, soltanto il bambino nato vivo; poichè per esclusione e aggiungereri per una scelta paradossale, prima di quel momento l'essere umano non ha alcun diritto a vivere, a nascere, se non subordinatamente alla libera e incontestata volontà della madre che lo porta in grembo.Infatti, salvo qualche lieve e timido passo avanti compiuto nel passato (basti confrontare per assurdo l'art.1 della legge n.194 sulla interruzione volontaria sulla gravidanza) la nuova legge sulla procreazione medicalmente assistita è stata l'unica in assoluto nella nostro vissuto giuridico, a prendere una decisa e severa posizione, in favore della vita nascente.
Tuttavia da quando essa ha visto la luce, i tentativi di distruggerla non si sono mai arrestati. E a forza di "picconate" e strappi di ogni tipo, si è giunti quasi al capolinea. Nel senso che una sentenza di approvazione alla fecondazione di tipo eterologo, da parte della Corte Costituzionale e dunque una sua decisione di incostituzionalità della legge, avrebbe definitivamente estromesso il concepito, dal complesso dei diritti costituzionali previsti dal nostro ordinamento. A questo proposito, è anche opportuno ricordare ai lettori che successivamente alla sua approvazione, la ratio stessa della legge 40, è stata gravemente delegittimata da una serie di pronunce giurispudenziali che ignorando la volontà referendaria dei cittadini italiani di manternerla in vigore, sono giunte ad eliminare una serie di divieti fondamentali. Tutti questi infatti avrebbero dovuto impedire ai medici, di fecondare più di tre ovuli contemporaneamente e di ricorrere in certi casi eccezionali, alla diagnosi pre impianto - consentita solo in via osservazionale - con conseguente crioconservazione.
Ma negli ultimi tempi, vediamo che la richiesta di illegittimità costituzionale sul divieto di fecondazione eterologa, ha coinvolto la Corte di Strasburgo in ben due occasioni, chiamata per l'appunto ad intervenire sulla legislazione austriaca. Così mentre in una prima volta nel 2010, i giudici d'oltralpe hanno ritenuto che tale divieto violasse i diritti umani, tutelati negli articoli 8 e 14 della CEDU - che rispettivamente stabiliscono, il diritto al rispetto della vita provata e familiare insieme al divieto di discriminazione - in seconda battuta, la Grande Camera ha preferito confermare la legittimità del divieto eterologo. Da una parte motivando che tale diniego non violasse i diritti umani, con ciò lasciando liberi gli Stati di decidere sulle modalità della pma. E dall'altra, volendo ribadire una questione centrale e cioè che il bilanciamento, tra la vita privata e familiare da una parte e le legittime esigenze di ordine pubblico dall'altra, invocate dalla CEDU, non era in alcun modo compromesso.
Poichè a parere della Corte, tale intervento legislativo da parte dell'Austria, non costituiva nessuna ingerenza illegittima e tanto meno sporporzionata. Tradotto in altri termini, la Corte non solo ha voluto dire che vi è stato assoluto equilibrio nel bilanciare i diritti dei singoli con le esigenze di carattere pubblico; ma anche che un eventuale diritto al figlio come diritto fondamentale e costituzionale, sarebbe stata una vera e propria stortura giuridica, contraddittoria e dunque priva di qualunque fondamento costituzionale.Vediamo allora che la prospettiva della legislazione austriaca, sostenuta dalla decisione della Grande Camera, sostanzialmente ha voluto sottolineare che "la distinzione della maternità tra la madre genetica e quelle "uterina" si differenzia in modo significativo dal rapporto genitore-figlio adottivo". E qui una buona volta, affrontiamo il nodo nevralgico di tutta la questione sulla liceità o meno delle normative che approvano la fecondazione eterologa.
Infatti, il vulnus della genitorialità artificiale, sta tutto nel voler ridurre la filiazione in quella incertezza dell’indistinto, studiata a favore di un falso rapporto di discendenza. Per due ordini di ragioni. Anzitutto perchè in ossequio all’art. 30 della Cost., ai fini dell’acquisto della genitorialità, è decisivo esattamente l’elemento biologico, fondato sul rispetto del principio di responsabilità. Invero perchè nell’ambito dell’adozione, la legge 184/1983, riformata dalla L. 149/1999, intende soddisfare sia un desiderio di genitorialità sia la necessità di corrispondere l’amore dei bambini che si trovano in uno stato di abbandono materiale o morale. Inoltre, a dimostrazione del fatto che conoscere la verità rafforza “la fiducia nelle relazioni significative” e conseguentemente anche il “rispetto della verità”. l’art. 28 prescrive che“il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni” . Quanto appena esposto, ci porta molto lontano dal desiderio seppur umanamente condivisibile, di voler procreare un figlio a tutti i costi. Soprattutto perchè è lo stesso sistema giuridico a negarcelo, considerando che esso al contrario ci indica quanto il ripetto della verità generazionale, vuoi biologica, vuoi adottiva, non ha nulla da condividere con una idea proprietaria del concetto di famiglia e di filiazione.
Evidentemente ieri pomeriggio le medesime condiderazioni, hanno supportato la decisione dei giudici della Consulta. I quali è vero che hanno confermato il divieto di procreare artificialmente con un gamete estraneo alla coppia, rifacendosi alla seconda sentenza di Strasburgo; ma allo stesso tempo però e anche in via interlocutoria, hanno pilatescamente rilasciato ai posteri, la decisione finale. Lasciando tuttavia insoluta una altra questione di fondo e ancor più sostanziale: i futuri concepiti in vitro saranno i prodotti di una semplice fecondazione o invece di una procreazione, assistita responsabilmente da medici e genitori?
dott.ssa Silvia Bosio
Docente di Biodiritto
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Palermo
La verità biologica starebbe nel fare bambini alla vecchia maniera. Produrre esseri umani è sempre "anti-umano" contro la verità biologica e non solo dell'uomo. Dovremmo ribadirlo più spesso. Questa è una piccolissima ingiustizia in meno che un bambino "prodotto" in laboratorio subisce, ma l'ingiustizia principale continua a subirla: non essere frutto dell'amore carnale e caldo dei suoi genitori ma della tecnica fredda di biologi.
RispondiEliminasiamo d'accordo . ma il termine da me usato ha a che fare con un'interpretazione giuridica che deve attenersi all'analisi dei fatti successi.
RispondiEliminaquindi l'uso del termine "verità biologica" attiene alla differenze giuridica tra chi ha una provenienza biologica precisa e chi invece no.
la legge 40 è una realtà giuridca anch'essa e io come molti giuristi ho il dovere di difenderla per quel che resta. così come il dovere di creare un ponte con chi ha idee diverse dalle mie. è vero, dal punto di vista cristiano-cattolico la legge si allontana dalla verità perfetta. infatti si è trattato di un compromesso per non chiudere le porte a chi non intende rinunciare al sogno di un figlio in braccio. da qui all'eterologa, c'è di mezzo un autostrada e su questo sono pronta a combattere!