Stereotipi, luoghi comuni, contenuti e
frasi offensive, razziste, islamofobiche e antisemite che difficilmente
possono essere comprese e che raramente vengono evidenziate e spiegate
nel modo corretto. E’ il contenuto di alcune terzine della Divina
Commedia che, secondo ‘Gherush92′, organizzazione di ricercatori e
professionisti che gode dello status di consulente speciale con il
Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e che svolge progetti
di educazione allo sviluppo, diritti umani, risoluzione dei conflitti,
razzismo, antisemitismo, islamofobia, andrebbe eliminata dai programmi
scolastici o, quanto meno, letta con le dovute accortezze.
”La Divina Commedia – spiega
all’Adnkronos Valentina Sereni, presidente di Gherush92 – pilastro della
letteratura italiana e pietra miliare della formazione degli studenti
italiani presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico
che nella sostanza e viene proposta senza che via sia alcun filtro o che
vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al
razzismo”.
Sotto la lente di ingrandimento in
particolare i canti XXXIV, XXIII, XXVIII, XIV. Il canto XXXIV, spiega
l’organizzazione, è una tappa obbligata di studio. Il personaggio e il
termine Giuda e giudeo sono parte integrante della cultura cristiana:
”Giuda per antonomasia è persona falsa, traditore (da Giuda, nome
dell’apostolo che tradì Gesù)”; ”giudeo è termine comune dispregiativo
secondo un antico pregiudizio antisemita che indica chi è avido di
denaro, usuraio, persona infida, traditore” (De Mauro, Il dizionario
della lingua italiana). Il significato negativo di giudeo è esteso a
tutto il popolo ebraico. Il Giuda dantesco è la rappresentazione del
Giuda dei Vangeli, fonte dell’antisemitismo.
“Studiando la Divina Commedia – sostiene
Gherush92 – i giovani sono costretti, senza filtri e spiegazioni, ad
apprezzare un’opera che calunnia il popolo ebraico, imparano a
convalidarne il messaggio di condanna antisemita, reiterato ancora oggi
nelle messe, nelle omelie, nei sermoni e nelle prediche e costato al
popolo ebraico dolori e lutti”.
E ancora, prosegue l’organizzazione,
”nel canto XXIII Dante punisce il Sinedrio che, secondo i cristiani,
complottò contro Gesù; i cospiratori, Caifas sommo sacerdote, Anna e i
Farisei, subiscono tutti la stessa pena, diversa però da quella del
resto degli ipocriti: per contrappasso Caifas è nudo e crocefisso a
terra, in modo che ogni altro dannato fra gli ipocriti lo calpesti”.
”Nel canto XXVIII dell’Inferno – spiega
ancora Sereni – Dante descrive le orrende pene che soffrono i seminatori
di discordie, cioè coloro che in vita hanno operato lacerazioni
politiche, religiose e familiari. Maometto è rappresentato come uno
scismatico e l’Islam come una eresia. Al Profeta è riservata una pena
atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano in modo che le
budella gli pendono dalle gambe, immagine che insulta la cultura
islamica. Alì, successore di Maometto, invece, ha la testa spaccata dal
mento ai capelli. L’offesa – aggiunge – è resa più evidente perché il
corpo ”rotto” e ”storpiato” di Maometto è paragonato ad una botte rotta,
oggetto che contiene il vino, interdetto dalla tradizione islamica.
Nella descrizione di Maometto vengono impiegati termini volgari e
immagini raccapriccianti tanto che nella traduzione in arabo della
Commedia del filologo Hassan Osman sono stati omessi i versi considerati
un’offesa”.
Anche i sodomiti, cioè coloro che ebbero
rapporti “contro natura”, sono puniti nell’Inferno: I sodomiti, i
peccatori più numerosi del girone, sono descritti mentre corrono sotto
una pioggia di fuoco, condannati a non fermarsi. Nel Purgatorio i
sodomiti riappaiono, nel canto XXVI, insieme ai lussuriosi
eterosessuali.
”Non invochiamo né censure né roghi –
precisa Sereni – ma vorremmo che si riconoscesse, in maniera chiara e
senza ambiguità che nella Commedia vi sono contenuti razzisti,
islamofobici e antisemiti. L’arte non può essere al di sopra di
qualsiasi giudizio critico. L’arte è fatta di forma e di contenuto e
anche ammettendo che nella Commedia esistano diversi livelli di
interpretazione, simbolico, metaforico, iconografico, estetico, ciò non
autorizza a rimuovere il significato testuale dell’opera, il cui
contenuto denigratorio è evidente e contribuisce, oggi come ieri, a
diffondere false accuse costate nei secoli milioni e milioni di morti.
Persecuzioni, discriminazioni, espulsioni, roghi hanno subito da parte
dei cristiani ebrei, omosessuali, mori, popoli infedeli, eretici e
pagani, gli stessi che Dante colloca nei gironi dell’inferno e del
purgatorio. Questo è razzismo che letture simboliche, metaforiche ed
estetiche dell’opera, evidentemente, non rimuovono”.
”Oggi – conclude Sereni – il razzismo è
considerato un crimine ed esistono leggi e convenzioni internazionali
che tutelano la diversità culturale e preservano dalla discriminazione,
dall’odio o dalla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi, e a queste bisogna riferirsi; quindi questi contenuti, se
insegnati nelle scuole o declamati in pubblico, contravvengono a queste
leggi, soprattutto se in presenza di una delle categorie discriminate.
E’ nostro dovere segnalare alle autorità competenti, anche giudiziarie,
che la Commedia presenta contenuti offensivi e razzisti che vanno
approfonditi e conosciuti. Chiediamo, quindi, di espungere la Divina
Commedia dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i
necessari commenti e chiarimenti”.
LE REAZIONI – Non si fanno attendere i
commenti alla proposta di ‘Gherush92′. “Mi pare un ennesimo delirio del
politically correct, unito ad una assoluta mancanza di senso storico”
afferma all’Adnkronos Giulio Ferroni, storico della letteratura, critico
letterario e scrittore, professore ordinario di letteratura italiana
alla Sapienza di Roma. “La Divina Commedia va letta nel suo contesto
storico. Ci si potrà pure mettere qualche nota in più – prosegue Ferroni
– ma sarebbe follia rinunciare allo studio di un capolavoro che ha
contribuito a costruire l’immagine dell’umanità, pur partendo dai suoi
ovvi limiti storici. La Divina Commedia ha anzi aperto la via al
progresso, al riconoscimento dell’altro”.
Duro il commento anche di Maurizio
Cucchi, poeta, critico letterario e traduttore. “I vantaggi che si
possono trarre dalla lettura e dallo studio della Divina Commedia sono
così tanti che affermazioni di questo genere sono soltanto ridicole –
sottolinea Cucchi – Se non si capiscono i vantaggi che un poema come la
Divina Commedia, che forse è il più grande di tutti i tempi e di tutte
le letterature, è in grado di dare, siamo davvero di fronte alla
dittatura dell’ignoranza”.
“Ma è uno scherzo? Il nostro passato non
si cancella – replica alla proposta Edoardo Nesi, premio Strega nel
2011 – La Divina Commedia fa parte della storia della letteratura
mondiale: bisognerà che questa idea revisionista che gira per il mondo
si plachi prima o poi. E che qualcuno rientri nel senso comune”. ”E’
come se si volesse raddrizzare la Torre di Pisa – aggiunge lo scrittore –
come se il passato dovesse essere piegato alle esigenze più bizzarre
del presente. Sono del tutto contrario a queste proposte”.
Per il presidente dell’Associazione
nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp), Giorgio
Rembado, abolire lo studio della Divina Commedia “non avrebbe senso”,
mentre può averne corredare l’apparato critico che l’accompagna in
materia di razzismo, omofobia, islamofobia e simili, tenendo comunque
presente che l’opera di Dante non può certo essere giudicata con i
criteri di oggi.
“L’unico commento che si può fare, prima
di mettersi a ridere, è giù le mani dalla Divina Commedia” è la
reazione di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, rete
trasversale italiana per i Diritti Civili che si batte appunto contro
razzismo, omofobia, antisemitismo e discriminazioni in generale. “E
un’opera magna riconosciuta dal mondo, è figlia del suo tempo come lo
era Dante. Prendersela con la Divina Commedia è come prendersela con la
Bibbia. E poi nella nostra scuola, anche se messa un po’ male, la si
studia con una forte storicizzazione, a tutto merito dei professori”,
rimarca Mancuso.
Secondo Franco Grillini, presidente di
Gaynet, “la Divina Commedia va contestualizzata nel periodo in cui è
stata scritta. Io che pure sono un fautore del politicamente corretto
credo che in questo caso si esageri, che ci sia un eccesso di
politically correct”.
Sulla questione interviene inoltre un
Gigi Proietti perplesso e lievemente incredulo. “La Divina Commedia l’ho
studiata a scuola, come tutti e con i limiti di tutti – dice – l’ho
riletta da adulto rivalutandola e poi l’ho interpretata da attore e non
mi pare proprio di essere diventato razzista né omofobico. E poi per gli
italiani Dante è l’Italia, in qualche modo la rappresenta”. ”Che Dante
sia una colonna portante della nostra cultura, della nostra lingua, non
c’è certo bisogno che lo dica io. E’ ridicolo giudicarlo con il metro di
oggi e poi io diffido sempre di coloro che dicono che bisogna eliminare
qualcosa”, aggiunge Proietti, che spesso ha prestato la sua arte di
attore in letture dantesche. E conclude: “Non mi risulta che Dante sia
stato diseducativo per qualcuno, altro che cancellare lo studio della
Divina Commedia, fosse per me nelle aule si dovrebbe dare più spazio al
latino”.
A commentare all’Adnkronos la proposta
dell’associazione ‘Gherush92′ è anche Magdi Cristiano Allam, per il
quale “una posizione del genere è una violazione di quella che è la
specificità di un’opera d’arte, di un capolavoro della letteratura
mondiale che ha un contesto storico e culturale specifico, che fuoriesce
da quelli che possono essere degli schemi valutativi moraleggianti.
Rappresenta un faro che ha illuminato la cultura europea”.
Di redazione
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