Alla fine la telenovela del Pdl per la scelta del candidato sindaco a Palermo s’è conclusa. Si converge su Massimo Costa, personaggio noto della società civile, giovane “promettente” (così dicono) e pupillo dei centristi. Difficile dire, allo stato attuale, se questa, da parte del Pdl, sia stata la scelta più giusta. Più facile, invece, affermare che non è stata la scelta migliore. E non per quella convergenza di idee e valori che ha visto unirsi dopo tanto tempo Udc e Pdl, ma per la persona, per quel giovane così promettente, che ora ha la strada spianata verso il successo. Massimo Costa sarà pure giovane, sarà pure un problem solver – come lui stesso si è autodefinito – sarà pure il simbolo del rinnovamento della classe politica e della discontinuità con la precedente gestione Cammarata. Ma il problema che si pone, ora, dopo tutti gli slalom fatti in queste settimane, degni del miglior Alberto Tomba, è un altro: sarà affidabile? Il 21 febbraio, durante la conferenza stampa di presentazione, Massimo Costa aveva voluto usare parole forti contro il Pdl, come a marcare una presunta differenza di capacità ed etica tra lui e la precedente gestione. Poi, dopo un mese di tira e molla, di accuse su presunte ‘appropriazioni indebite’ di candidati tra Pdl, Mpa, Fli e Udc, la luce:”Sono certo che l'appello fatto ieri (per unire i moderati in un grande progetto per il bene di Palermo, ndr) debba essere raccolto dagli uomini che hanno senso di responsabilità. E sono certo che questo appello verrà accolto da Angelino Alfano e dal mio grande amico Francesco Cascio”. Un’inversione a ‘U’ che fa riflettere, che fa pensare, che fa tornare alla mente il trasformismo di Raffaele Lombardo, il quale nel 2008 aveva un consenso politico inferiore al 2% (arrivato al 60% con i voti del Pdl). Come finirà? Chi vivrà vedrà, ma i palermitani già mugugnano per quel giovane così bravo a risolvere i problemi, quanto a cambiare bandiera da un giorno all’altro. A lui il compito di smentire questi dubbi.
Eugenio Cipolla
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