03/03/12

Veltroni è di destra, di sinistra o semplicemente di troppo?

C'è un nuovo tormentone che sta animando il dibattito all'interno del Pd e, più in generale, nell'arcipelago del centrosinistra che vede sbiadire ogni giorno di più i contorni della foto di Vasto con Bersani, Di Pietro e Vendola: Veltroni è di destra o di sinistra? Per taluni ha ragione quel buontempone che ha scritto sul web: forse è semplicemente di troppo. Ma la querelle, aperta da un perfido attacco di Vendola al primo segretario del Partito democratico, sta assumendo la forma e la sostanza di un vero e proprio caso politico-diplomatico. Il leader di Sinistra e libertà, infatti, anziché fare le sue scuse a Veltroni, ha sferrato un nuovo affondo confermando l'accusa di incarnare una ''destra con il loden'' per la posizione espressa sul controverso articolo18.

Ma Vendola è andato anche oltre: ha posto in evidenza il più irrisolto problema politico che il Pd si porta dietro fino dal giorno della fondazione: quello di non essere né carne né pesce, come dimostra la sua anomala collocazione europea, che resta al di fuori delle due grandi famiglie socialdemocratica e popolare. Al di là degli attacchi personali, insomma, Vendola ha posto una questione di sostanza politica con cui il Pd dovrà fare i conti da qui a un anno, quando si rinnoverà il Parlamento e dovranno essere definite le nuove alleanze. La confusione resta dunque altissima sotto il cielo del centrosinistra, fino a scomodare il padre nobile dei democratici, Romano Prodi, tirato in ballo proprio da Vendola che gli ha attribuito un giudizio pesantissimo sulle cose che dice Veltroni. Quell’''agghiacciante'' deve essergli sfuggito nella foga del discorso, perché poco dopo ha dovuto fare una precisazione, evidentemente preoccupato di provocare uno strappo irreparabile.

Ma la frittata ormai era fatta, e la precisazione non è bastata a placare le ire del Professore. Questa polemica è, in tutta evidenza, solo la punta dell'iceberg di una sinistra che ha perso tutti i suoi riferimenti storici, e si rinfaccia da una parte il fallimento delle socialdemocrazie europee, non più in grado di governare la modernità, dall'altra la palude in cui è finita l'esperienza dell'Ulivo e poi del Pd, incapaci entrambi di coniugare col riformismo il patto di potere tra postcomunisti e postdemocristiani.

All'ombra del governo tecnico, il futuro è ancora tutto da scrivere e da decifrare, e in queste condizioni suona quasi patetico l'appello di Rosy Bindi:''Smettiamola di litigare per decidere quale sinistra può vincere. Occorre una coalizione larga e perciò dobbiamo fare la fatica di andare d'accordo".

Di Paolo

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