12/04/12

In arrivo la tassa sugli sms. Monti sembra uscito da un racconto di Puskin


Prima fu l’Imu, poi l’Irpef, e ancora le accise sui carburanti (compresa quella sulle disgrazie, come se già non bastassero quelle delle famiglie italiane in questo periodo di crisi). Le tasse introdotte da Mario Monti nei suoi cinque mesi di Governo sono molteplici. Ultima – ma non ultima, purtroppo, e lo sappiamo benissimo, potrebbe essere la tassa sugli sms (fino a due centesimi su ogni messaggino inviato), che consentirebbe la riforma della Protezione Civile e che potrebbe già essere introdotta da Venerdì prossimo, quando il Governo Monti dovrebbe approvare il decreto legge. Insomma, per farla breve un’altra stangata che si abbatterà sui cittadini italiani. Ecco perché questa notizia non poteva che, in maniera del tutto naturale, riportare alla mente a un racconto scritto di Aleksandr Puskin, famoso scrittore russo, intitolato “Storia del villaggio di Gorjuchino”. Di seguito un passo molto significativo.
Prese le redini del Governo, *** (l’autore non menziona il nome dell’amministratore, ndr) si dedicò alla pratica attuazione del suo sistema politico, che merita un’analisi particolareggiata. Si fondava principalmente sul seguente assioma:quanto più un contadino è ricco, tanto più è viziato; quanto più è povero, tanto più è obbediente. Di conseguenza *** incentivava nei suoi sottoposti l’obbedienza come la più alta virtù contadina. Pretese dai contadini un inventario dei loro bene, e li divise tra ricchi e poveri. 1) I canoni inevasi erano ripartiti tra i contadini benestanti e riscossi con la massima severità. 2) Gli insolventi e i perdigiorno venivano immediatamente spediti ad arare i campi, e se a suo giudizio il loro lavoro risultava insufficiente, li dava come braccianti ad altri contadini, che per questo gli pagavano un tributo volontario, mentre quanti erano fini a fare i servi avevano il pieno diritti di riscattarsi, pagando oltre agli arretrati un doppio dazio padronale annuo. Ogni pubblica incombenza ricadeva sui contadini benestanti. Con il reclutamento il venale amministratore raggiungeva il vertice delle sue arti: uno per uno tutti i contadini benestanti dovevano pagare per esentarsene, finché la scelta cadeva su qualche farabutto o spiantato. Le riunioni dell’assemblea contadina furono sospese. Il dazio padronale lo riscuoteva un po’ alla volta e ininterrottamente per tutto l’anno. Oltre a ciò, introdusse delle riscossioni straordinarie. Sembra che i contadini non pagassero più di prima, ma non riuscivano più in nessun modo a guadagnare a sufficienza, né a mettere da parte abbastanza soldi. In tre anni Gorjuchino fu ridotta completamente sul lastrico. Gorjuchino intristì, il mercato andò deserto, le canzoni di Archip il Calvo smisero di riecheggiare. Metà dei contadini era fuori sui campi, e l’altra metà ridotta a braccianti; e il giorno della festa del patrono divenne, per usare le parole dell’annalista, non un giorno di gioia e giubilo, ma l’anniversario del lutto e una sempre rinnovata amarezza.
Ora, al di là di ciò che ognuno di noi possa pensare di Mario Monti e del suo Esecutivo, vien quasi naturale pensare a lui. Si provi, dunque, a giocare per un attimo con la mente, a sostituire qua e là i nomi di città e dei personaggi. Ne verrà fuori un racconto molto simile alla realtà che stiamo vivendo. Monti starà facendo anche il bene dell’Italia, come qualcuno afferma in maniera convinta da mesi, ma ormai con tutte queste tasse sembra uscito da un racconto di Puskin.

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