13/04/12

L'Italia: una terra d'asilo e di accoglienza umanitaria


L’emergenza dell’anno scorso riguardante l’arrivo di decine di migliaia di richiedenti protezione internazionale sancisce definitivamente la trasformazione dell’Italia in terra d’asilo[1]. A dir la verità non si tratta di un dato estemporaneo: al fianco dell’incremento esponenziale del numero di cittadini stranieri residenti in Italia si registra già da anni, infatti, una crescita costante di richieste di protezione internazionale, ponendo l’Italia -subito dopo gli Stati Uniti, il Canada e la Francia- tra gli Stati
maggiormente esposti ai flussi per richieste di asilo tra i paesi industrializzati. Tale passaggio è avvenuto gradualmente. Nel periodo tra il 1952 e il 1989 vengono presentate in Italia 188.188 domande d’asilo di cui una minima parte ha optato per una residenza permanente. Secondo i dati dell’Acnur aggiornati al 1991, solo 12.203 rifugiati riconosciuti dal Governo italiano risultavano infatti “stabiliti in Italia”. Lo scenario cambia radicalmente con l’abrogazione della c.d. “riserva geografica” avvenuta nel 1990 ma ancora di più con le ripetute emergenze degli anni novanta che portano in Italia diverse decine di migliaia di persone bisognose di una qualche forma di protezione provenienti prevalentemente dall’area balcanica (già nell’ormai lontano 1999 vengono presentate in Italia oltre 33.000 domande d’asilo con il conseguente collasso del precario sistema assistenziale nei confronti dei richiedenti asilo e rifugiati)e più di recente, con gli sbarchi sulle coste calabresi e siciliane dei richiedenti asilo provenienti dall’area medio orientale ed africana. Nel solo 2011 sono state presentate oltre 60.000 richieste di protezione internazionale e/o permessi di soggiorno umanitario

Tuttavia, di fronte alle continue emergenze, i diversi governi hanno preferito ricorrere all’emanazione di leggi o decreti ministeriali ad hoc, anziché affrontare il problema dell’assenza di una normativa organica in materia di asilo o quello più generale della mancanza di un vero e proprio sistema d’accoglienza in Italia. Nonostante gli indubbi e numerosi progressi di carattere organizzativo e normativo (avvenuto spesso tramite la valorizzazione di iniziative nate dal basso che, a livello territoriale, cercavano di rispondere alle necessità dei richiedenti asilo e dei rifugiati in stato di bisogno), il completamento di un sistema nazionale si può considerare infatti tutt’altro che compiuto. Di conseguenza è doveroso avviare una riflessione sulla rispondenza del sistema di accoglienza, attraverso un suo radicale ripensamento. A tal fine, è indispensabile un coinvolgimento di quei soggetti che ricoprono ancora un ruolo marginale, nello specifico valorizzando il ruolo delle Regioni, ma anche sollecitando un collegamento proficuo con il mondo del lavoro. Allo stesso tempo, la complessità della sfida impone l’esigenza di un maggiore coordinamento sia a livello nazionale che a livello regionale, tramite la convocazione di un Tavolo permanente sull’accoglienza ed integrazione dei rifugiati (che coinvolga le Prefetture–U.T.G. maggiormente esposte al fenomeno, le Regioni, i rappresentanti delle Aree metropolitane, l’Acnur, l’Oim e le principali associazioni di rappresentanza degli enti locali e degli enti di tutela) e l’individuazione di una struttura a livello centrale avente il compito di coordinare in modo organico le attività in materia di asilo.

Nadan Petrovic

Responsabile dell’Unità SID (Sistema di interventi decentrati) dell’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) ed autore del libro “Rifugiati, profughi, sfollati-Breve storia del diritto d’asilo in Italia dalla Costituzione ad oggi”, ed. Franco Angeli, 2011

[1] Nel solo 2011 sono state presentate oltre 60.000 richisete di protezione internazionale e/o permessi di soggioarno umanitario.

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