14/04/12

Ma davvero c'è il desiderio di far sparire i partiti? Per sostituirli con che cosa?

L’emendamento al decreto fiscale sul finanziamento pubblico dei partiti è stato dichiarato inammissibile dal presidente Fini in mancanza dell’unanimità dei gruppi in commissione. L’Idv si è infatti detta contraria nel merito, mentre la Lega ha auspicato un provvedimento ad hoc. A questo punto la soluzione passa per una proposta di legge firmata da Alfano, Bersani e Casini che ricalca i nove commi contenuti nell’emendamento.
Una volta approvato, i partiti si avvarranno di una società di revisione iscritta nell’albo speciale tenuto dalla Consob, sarà istituita una "commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci" che dovranno essere presentati non oltre il 31 maggio di ogni anno.
I partiti, inoltre, potranno investire solo in titoli di Stato italiani. Un’iniziativa del genere era inevitabile, in questi tempi di crisi e di antipolitica imperante, con la credibilità dei partiti scesa sotto il 4 per cento. Ma se qualcuno ha in mente di portare fino alle estreme conseguenze la delegittimazione dei partiti - che hanno certo le loro colpe, ma non sono fucine di corrotti - deve dire chiaramente quale vuol essere l’approdo finale. In breve: cosa ha intenzione di mettere al posto dei partiti, che sono una delle architravi della democrazia.

La sensazione, molto sgradevole, è che sia in atto un’operazione per certi versi simile a quella dell’inizio anni Novanta, quando furono spazzati via tutti partiti della Prima Repubblica tranne il Pci-Pds grazie al combinato disposto delle inchieste giudiziarie e delle campagne giornalistiche. Ma allora c’era un sistema trasversale di finanziamento illecito alle forze politiche, mentre oggi stanno venendo alla luce episodi gravi, ma di natura molto più circoscritta. E allora, questa furia antipolitica che i grandi quotidiani stanno portando al diapason suona più che sospetta. Un esempio? Il Sole 24 Ore ha definito "del tutto ridicolo" il taglio che la politica si è auto inflitta negli ultimissimi anni, pur dovendo ammettere che le decurtazioni dei fondi attuate con le manovre del governo Berlusconi hanno portato negli ultimi quattro anni a un taglio del 30 per cento del finanziamento pubblico.

Il fatto è che quando si entra nelle spirali demagogiche non basta mai nulla: né la riduzione del numero dei parlamentari, né il taglio alla loro indennità, né quello ai partiti che però svolgono una funzione prevista dalla Costituzione e hanno la necessità di reperire risorse. Chi, dunque, come Di Pietro, propone di abolire del tutto il finanziamento pubblico lo fa per trovare consenso a buon mercato, ma c’è da chiedersi come mai non abbia devoluto in tutti questi anni neanche un euro in beneficenza dei soldi affluiti dallo Stato nelle casse della sua fondazione.
Di Paolo

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