di Andrea Menegotto
26 novembre 2011
A questo proposito, gli studiosi parlano di «magia popolare» o folk magic (l’aggettivo «popolare» è riferito al livello culturale, non a quello socio-economico, talora alto, di praticanti e clienti), costituita da maghi, che dietro compensi che vanno dal modesto all’astronomico, promettono guarigioni, risoluzione di problemi economici e affettivi, lanciano fatture.... Di fronte alla diffusione della magia popolare, che esercita una forte attrattiva in particolare sui ceti urbani emergenti e professionali (diplomati, laureati, dirigenti, tecnici, commercianti, medici...), monsignor Giuseppe Casale, arcivescovo emerito di Foggia-Bovino, afferma che se nell’opinione di Karl Marx (1818-1883) la religione era intesa come «oppio del popolo», oggi la magia può essere considerata «l’“oppio” di una certa borghesia»(Nuova religiosità e nuova evangelizzazione. Lettera pastorale del 6 marzo 1993, Piemme, Casale Monferrato [Alessandria] 1993, p. 47).
Per completezza, occorre notare che la folk magic è a sua volta suddivisibile in due sfere distinte: quella della magia popolare delle campagne e quella della magia popolare delle città. Se quest’ultima ha i tratti sopra descritti, la prima ha invece origini antichissime e non sembra per nulla intaccata dallo sforzo di evangelizzazione che cerca di portare al superamento delle superstizioni, la sua crisi deriva semmai dalla facilità delle comunicazioni e in particolare dalle televisioni private, che portano il più smaliziato mago di città a invadere anche il terreno un tempo egemonizzato dal suo «cugino» di campagna.
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