17/11/11

Magia: praticamente è la pretesa di sostituirsi a Dio


«...diventereste come Dio»
di Andrea Menegotto
17 novembre 2011
Domani, venerdì 18 novembre 2011, parteciperò in qualità di relatore al convegno sul tema Ma c’è l’aldilà? L’uomo contemporaneo di fronte al mistero, organizzato a Cefalù (Palermo) dalle Comunità Missionarie del Vangelo in collaborazione con La Pro Civitate Christiana di Assisi e con L'Università degli Studi di Palermo. Titolo del mio intervento: Maghi e fattucchiere: i nuovi sacerdoti? La magia annienta il destino? E il satanismo?
Di passaggio, noto come il luogo stesso del convegno dica qualcosa di significativo circa il tema che affronterò, in quanto proprio a Cefalù, in Sicilia, il controverso magista anglosassone Aleister Crowley (pseudonimo di Edward Alexander, 1875-1947) fondò nel 1920 l’«Abbazia di Thelema», che diventa famosa in tutto il mondo e famigerata sulla stampa inglese. I giornali si scatenarono particolarmente contro la comunità «thelemita» dopo la pubblicazione di un libro di Crowley sulla droga (che racconta in realtà la sua disintossicazione, ma che è accusato di essere stato scritto per difendere la droga mentre si finge di criticarla) e le proteste della moglie di uno dei «monaci», Raoul Loveday, che era morto di malattia nella comunità il 16 febbraio 1923. Il nuovo Stato fascista decide così di espellere Crowley dall’Italia; l’Abbazia – senza il suo capo – continua a esistere fino al 1924, anno in cui è chiusa (l’edificio esiste tuttora, ma è in cattive condizioni e c’è chi chiede un suo possibile restauro per trasformarlo in museo).
Uno schema classico, che risale al positivismo e di cui la cultura ufficiale non si è ancora completamente liberata, considera la magia come uno stato primitivo dei rapporti fra l’uomo e il sacro. Secondo tale schema, a mano a mano che la religione avanza, la magia declina e rimane confinata alla periferia della società. Fino a qualche anno fa, citando Auguste Comte (1798-1857), il padre del positivismo e anche di questa tesi, qualcuno sosteneva che dopo il primo stadio, magico, e il secondo, religioso, l’umanità poteva finalmente entrare nel terzo e più glorioso stadio scientifico. Nell’epoca della scienza, perciò, non solo la magia a poco a poco sarebbe sparita, ma anche la religione avrebbe visto ridursi di molto il suo ruolo. Oggi, con l’esplosione delle molteplici forme di nuova religiosità, con il declino della fiducia nella scienza, con la critica radicale cui sono state sottoposte le teorie classiche della secolarizzazione, lo schema positivista delle tre epoche sembra certamente passato di moda, ma rimane nello spirito generale l’associazione della magia al passato e l’idea che nella società globalizzata dell’informatica e dell’alta tecnologia si tratti al massimo di un divertente anacronismo.
Anche se non tutti sembrano esserne pienamente consapevoli, da molte analisi di tipo sociologico emerge un fatto forse sorprendente: l’epoca della magia nella storia dell’Occidente non è il Medioevo e neppure il Rinascimento (dove pure gli interessi magici erano molteplici): è il ventesimo e oggi il ventunesimo secolo, a partire dalla grande rinascita dell’occultismo e dell’esoterismo che si manifesta contemporaneamente in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti negli ultimi decenni dell’Ottocento e che si sviluppa quindi in un crescendo che arriva fino ai giorni nostri.
Le scienze sociali della religione insistono sulla coesistenza nel tempo dell’esperienza magica con quella religiosa e, di fatto, risulta tecnicamente difficile tracciare una linea netta di distinzione fra magia e religione poiché nella storia si notano vari casi in cui le manifestazioni religiose si intrecciano con manifestazioni magiche. In questa prospettiva lo storico delle religioni italiano Ugo Bianchi (1922-1995) afferma che se la religione si risolve in una completa visione del mondo, una Weltanschauung, e quindi non ha bisogno di riferirsi ad altro, la magia ricava dalla religione idee e concetti, se non altro per sottometterli al proprio trattamento . A questa idea si collega il concetto base di occultismo ─ che si presenta, di fatto, come sinonimo di quella realtà classificabile all’interno del contesto di credenze e pratiche magiche ─ usato per indicare «un grande numero di pratiche che spaziano dall’astrologia all’alchimia, alla medicina occulta, alla magia, vale a dire tutte quelle scienze che si fondano sul principio che esistano analogie o corrispondenze tra l’uomo e altre entità oppure altre dimensioni; sulla scorta di tale assunto, cose tra loro simili possono esercitare un influsso reciproco, in virtù delle corrispondenze che uniscono tutte le cose visibili ad altre realtà, visibili oppure invisibili» (Antoine Faivre, voce «Occultismo» in Enciclopedia delle religioni, diretta da Mircea Eliade, L’esperienza. Vita religiosa, individuale e collettiva, vol. 3, Jaka Book, Milano 1996, p. 436 .
Nonostante alcune difficoltà di carattere metodologico e interpretativo, risulta tuttavia possibile coglie-re la reale essenza della magia e le sue sostanziali differenze con la religione attingendo dal ricco patrimo-nio di studi che ci ha lasciato il fenomenologo delle religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986), secondo il quale la magia si distingue dalla religione in quanto l’esperienza magica più che un’esperienza del divino o del sacro (ierofania) è un’esperienza del potere (cratofania), dove l’uomo manipola il sacro e lo mette al proprio servizio . Se dunque l’uomo religioso invoca l’intercessione di Dio, il mago e la strega pensano di manipolare forze soprannaturali o preternaturali. La religione cerca dunque l’esperienza del sacro per se stessa e ha come termine di riferimento, almeno tendenziale, Dio o l’Assoluto. La magia tende invece a ricercare il contatto con forze «occulte», considerate superiori al singolo uomo, che possono però essere manipolate e controllate accrescendo la potenza del mago e dei suoi seguaci. Lo scopo per cui si vogliono acquisire i poteri magici può essere materiale (acquisizione della ricchezza o del dominio sulle altre perso-ne) o nobili (miglioramento di se stessi e dell’umanità). Per raggiungere tali fini si mobiliteranno soprattutto una serie di divinità «intermedie» – spiriti, angeli, demoni, fluidi, energie, potenze – mentre, almeno in Occidente, l’influenza della corrente anti-magica che percorre il giudaismo e il cristianesimo renderà meno credibile la pretesa di «catturare» Dio stesso per porlo al servizio dei propri progetti magici.
Le considerazioni circa la magia in genere potrebbero portarci molto lontano, tuttavia in uno sforzo di sintesi e seguendo le indicazioni di importanti documenti del Magistero cattolico, è necessario affermare che il cattolico, leggendo la realtà della magia deve essere disposto a fare un passo in più rispetto allo scienziato, camminando insieme al teologo e anche all’esorcista, il quale – beninteso – non è il mago che si spaccia per tale, ma il sacerdote delegato dal Vescovo a norma del canone n. 1172 del Codice di Diritto Canonico.
Nella spiegazione dei fenomeni magici, infatti, non si può negare la possibilità di un’azione del demonio anche se su questo aspetto – consiglia monsignor Giuseppe Casale nella sua Lettera pastorale Nuova religiosità e nuova evangelizzazione (1993) – occorre essere molto prudenti. Se infatti l’esistenza e l’azione del demonio sono chiaramente affermate dalla dottrina della Chiesa cattolica non si può comunque innescare la tendenza a «demonizzare» tutto.
Parlare di demoni non consiste nel far riecheggiare qualche eco di antiche credenze medioevali, ma è semplicemente ribadire la dottrina cattolica, riaffermata in anni recenti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede , dal Catechismo della Chiesa Cattolica (in particolare ai nn. 2850-2854), in alcune catechesi all’Udienza generale di Giovanni Paolo II (in particolare: 13 e 20 agosto 1986; 18 agosto 1999) e di Paolo VI, il quale il 15 novembre 1972 affermava: «Oggi, uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo demonio. Un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà, misteriosa e paurosa. Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi rifiuta di riconoscerla esistente» .
In ogni caso, anche quando – nella maggioranza delle situazioni – sarebbe eccessivo presupporre un intervento del demonio nell’ambito dei fenomeni caratterizzanti l’ambiente delle pratiche magiche, la magia rimane pur sempre un atteggiamento psicologico e «culturale» incompatibile con la fede. Pertanto, non esistono – come vorrebbe qualche operatore dell’occulto – maghi, cartomanti e astrologi «buoni» e altri «cattivi». La magia e le pratiche superstiziose in genere sono una deviazione del senso religioso ed un tentativo di sostituirsi a Dio esercitando la propria volontà di dominio e potenza sugli eventi, sulla natura e il prossimo, anziché assumere un atteggiamento umile di richiesta e supplica nella preghiera.
Di fatto, la magia rappresenta una grande «tentazione del potere»: l’impadronirsi del potere stesso di Dio, comandando agli spiriti, demoni e angeli…, riprende nella sostanza le parole con cui il serpente (tentatore) nel racconto biblico di Genesi 3,5 si rivolge ai progenitori inducendoli al peccato originale: «...diventereste come Dio». Da questo punto di vista la magia altro non è che il tentativo dell’uomo di autodeterminarsi affrancandosi dal Creatore; dunque è lo sforzo dell’uomo di annientare il proprio destino manovrandolo e facendosene totalmente padrone, sfuggendo da qualunque limite creaturale e logica provvidenziale.
In fondo, questa tentazione altro non è che la punta di un iceberg che ci indica – in una forma certamente esasperata e portata all’eccesso – l’effettivo spessore e la grande pericolosità delle rivendicazioni di presunta autonomia tipiche ella nostra epoca, le quali corrispondono a progressivi tentativi di scristianizzazione della nostra società nel segno della tentazione relativista, tecnocratica e autodeterministica.
Sta alla Chiesa – e a tutti noi – riportare l’uomo post-moderno, confuso e tentato dall’autodeterminismo e dalla magia, alla consapevolezza di essere inscindibilmente e indelebilmente legato alla condizione che Sant’Agostino d’Ippona (354-430) definisce di «homo viator». Tale ritorno all’autenticità, alla proclamazione della verità sull’uomo, è oggigiorno il primo compito della Nuova Evangelizzazione.

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