25/02/12

La vera emergenza dell'Italia? E' il credito alle imprese!

L’allarme recessione lanciato da Bruxelles, con previsioni di un crollo del Pil italiano dell’1,3% nel 2012, non fa che confermare le preoccupazioni espresse da Alfano nella sua recente intervista al Tg5. Le aziende, in particolare quelle piccole e medie, soffrono di mancanza di liquidità e il segretario del Pdl ha indicato al governo le due strade maestre da battere al più presto per ridare fiato al nostro sistema produttivo: “Trovare un sistema per pagare i debiti alle imprese creditrici dello Stato, esattore velocissimo e pagatore lentissimo” e poi fare in modo che “le banche facciano la loro parte” redistribuendo in parte i denari elargiti dalla Bce a un tasso dell’1% per tre anni.

Gli ultimi dati, attendibili poichè provengono dalle fonti più diverse (Prometeia, Cer, Cgia di Mestre, Unioncamere) parlano di 25mila piccole e medie imprese che rischiano di fallire per mancanza di liquidità, bruciando oltre 600mila posti di lavoro. Sono un terzo del totale quelle che ottengono meno credito del richiesto o non lo ottengono affatto, mentre le più fortunate pagano interessi raddoppiati negli ultimi tre mesi.
Si marcia verso un sostanziale azzeramento degli investimenti da parte delle piccole e medie imprese, che pure sono la spina dorsale di questo paese.
Andando al primo snodo indicato da Alfano, le aziende sono creditrici della pubblica amministrazione per una cifra enorme, che oscilla tra i 70 e i 100 miliardi. Una liquidità che vale due manovre finanziarie e che può essere sbloccata solo in piccola parte, che già sarebbe qualcosa. Il governo intanto può operare celermente in direzione di un provvedimento che consenta la certificazione di quei crediti, che così potrebbero essere portati in garanzia alle banche.

Eccoci dunque al secondo snodo. Gli imprenditori lamentano di non aver visto un solo centesimo dei 116 milioni di euro che gli istituti di credito hanno potuto drenare dalla Banca Europea. Alle prese anche con il rigore patrimoniale imposto dalle autorità comunitarie, le banche hanno utilizzato la maggior parte di quei soldi per riacquistare vecchi bond deprezzati e da loro stessi emessi (con buon guadagno e perdite per gli investitori), per acquistare titoli di Stato o per parcheggiare quella liquidità nei forzieri della stessa Bce.

Fioccano le lamentele per fidi bloccati, richieste di rientro da un giorno all’altro, costi del denaro proibitivi. La Bce a breve riaprirà i forzieri ai quali le banche potranno attingere almeno altri 60 miliardi. Occorre vigilare perché questa volta la liquidità vada verso il mondo produttivo. Il governo, dove gli ex-banchieri non mancano, si muova. Senza soldi non c’è sviluppo e la crescita, quella vera, non si fa liberalizzando i taxi e nemmeno le farmacie. Ci vuole qualcosa di più di un’aspirina a prezzo scontato per rimettere in moto il sistema produttivo.
Di Paolo

0 commenti:

Posta un commento