Con una ulteriore mossa di apertura verso forme di governo più democratiche, il regime birmano torna a dare legittimità e legalità ai sindacati, che erano stai vietati da 1962. Il presidente Thein Sein ha firmato una legge che consente ai lavoratori di formare sindacati (con un minimo di 30 memrbi), prevede il diritto di sciopero e anche possibili sanzioni per i datori di lavoro.
Le autorità birmane hanno consultato gli esperti Organizzazione Internazionale per il Lavoro (ILO) prima di promulgare la legge che, secondo il governo " dovrebbe "migliorare la trasparenza e contribuire ad aumentare gli investimenti stranieri".
Secondo fonti di Fides in Mynmar, i diversi passi compiuti dal governo negli ultimi mesi - pur restando ancora molte questioni aperte - "rappresentano un chiaro orientamento verso democrazia e riforme": la liberazione della leader pro-democrazia Aung San Suu Kyi e la libertà di movimento che le viene concessa; la formazione di due specifiche Commissioni, un per Minoranze etniche, una per i Diritti Umani; il blocco della diga di Mytston sul fiume Irrawaddy, con le possibili ricadute positive di pacificazione con le minoranze etniche; la liberazione di oltre 6.000 detenuti, fra i quali oltre 100 prigionieri politici; la legalizzazione dei sindacati.
Interpellato da Fides, Mons. Bishop Alexander Cho, Vescovo di Pyay, commenta: "Per quanto possiamo vedere, il presidente sta cercando fare di sforzi per il bene della nazione. La legalizzazione dei sindacati è un passo importante, un buon segnale. Laa gente, laici, preti, nelle comunità locali pensa che ci si sta muovendo nella direzione giusta. La situazione sociale sta migliora e ne siamo felici di questo. La fiducia verso il futuro sta crescendo". Le prossime sfide, rimarca il Vescovo, sono "fermare i conflitti con le minoranze e riconciliare la nazione. Speriamo che questo possa avverarsi presto". (PA) (Agenzia Fides 15/10/2011)
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