Prima di buttarci a capofitto sulla riflessione di oggi, vorrei proporre al lettore un enigma, come fece la Sfinge ad Edipo quando stava dirigendosi a Tebe (per maggiorni informazioni rivolgersi a Sofocle, scala A, 5° piano, citofonare wikipedia). Sono ormai 7 settimane, un numero due volte perfetto, che scrivo queste righe un po' per divertiento, un po' per sfogarmi di alcune piccole o grandi difficoltà ormai divenute triste consuetudine o cronica abitudine nella mia città d'adozione, la Capitale. Certamente si tratta di una sorta di denuncia che io sparo, per la vanità di farmi leggere, sia su facebook sia su twitter. Ho constatato con stupore che, ogni volta che propongo il mio pezzo, si aggiunge a seguirmi qualche nuovo attore istituzionale o qualche comitato elettorale camuffato con qualcuno tra i più innocui nomi in codice mai concepiti (Ripartiamo da Roma, Giovani per Roma, ecc.). La questione è dunque la seguente: essendo spesso critico prorpio nei confronti degli amministratori presenti e passati, non si rendono essi conto che, direttamente o indirettamente, fanno pubblicità proprio a delle riflessioni che li mettono sotto accusa? Qualunque sia la risposta, vi confesso che la cosa mi fa piacere: dà sempre una gran gioia collezionare seguaci, anche inconsapevoli, e illudersi che leggano ciò che si scrive.
Oggi vi confesso che avevo pensato di parlare del rifacimento di piazza san Silvestro, proponendo una petizione per riempire uno spazio così disadorno con un obelisco intitolato al sindaco o, in alternativa, per trasformare l'area in un campo di calcetto per consentire agli impiegati degli edifici adiacenti di distrarsi nelle ore della pausa pranzo. E' però capitato un fatto che ha distratto prepotentemente la mia attenzione e mi ha fatto ripromettere di parlarne in questa mia rubrichetta. Poche ore fa stavo per venire travolto sul mio piccolo motorino da una bus grande come una nave da crociera. Dopo le buone parole di rito spese in direzione dell'autista, dei turisti (peraltro tedeschi) che quella sorta di mammut imbizzarrito trasporta, ho lanciato un veloce sguardo attorno a me, abbracciando la maestà di piazza Venezia alle 9.30 del mattino di un giorno feriale. Si è trattato di una sorta di epifania che fino ad allora non avevo completamente realizzat in tutto il suo grandioso splendore. Sembrava di stare sulla Salerno-Reggio Calabria nei giorni del ponte di ferragosto. La gigantografia di un'indemoniata guatava con gli occhi spiritati dal retro di un bus le auto incasellate tipo tetris, mentre un mezzo giallo dell'Opera Romana Pellegrinaggi cercava di farsi largo verso di lei. Le auto cercavano in modo premeditato di speronare i motorini i quali, tra sampietrini e slalom, sembrava che affrontassero una gara di motociclismo acrobatico. Ed ecco il SUV di quell'intelligentone che non ha ancora capito che non viviamo a Los Angeles che cerca d'investire il gruppo di turisti giapponesi che si muovono in mandrie compatte dietro ad un ombrello verde alzato. Una scena che mi è già capitato di vedere in qualche film apocalittico, quando un meteorite si sta per schiantare sulla terra e scatta tardiva l'evacuazione: a quel punto tutti cercano di scappare con auto stipate come alla partenza per le vacanze, salvo poi restare imbottigliati 20 metri dopo.
Il traffico di Roma, si sa, è caotico per definizione. Lo era già ai tempi degli antichi Romani dato che essi che costruivano città geometriche improntate sul modello razionale dell'accampamento militare, dovevano fare i conti con una capitale che si era stratificata nei secoli, sorgendo in tempi in cui non c'erano solo pochi carretti che portavano sale sulla Salaria. Si aggiunsero in seguito i modelli di ultima generazione: lettighe, bighe, carri bestiame. La situazione divene insostenibile a tal punto da portare Cesare a prevedere che i carri di trasporto merci si dovessero muovere soltanto di notte. Anni dopo, infatti, Marziale ancora si lamentava del caos.
Oggi sembra che il problema sia più o meno quello del passato, senza neppure le limitazioni poste da Cesare. Esse sono state sostituite dalla ZTL, area in cui, di fatto, la limitazione si può scavalcare ottenendo un permesso a pagamento o versando un salato pedaggio di un'ottantina di euro (cosa che molti che vengono da fuori in auto non hanno particolari problemi a fare). E mezzi piccoli e grandi si affastellano uno sull'altro tentando di aprirsi un varco come rompighiacci nell'Artico. Le limitazioni certo ci sono, ma sono assai blande nonché scarsamente vigilate. L'ultimo giorno di targhe altrerne mi sono reso conto solo a sera di circolare con un mezzo di targa dispari nel turno dei pari e al momento, incrociando le dita, a casa non è arrivata ancora nessuna contravvenzione.
Le soluzioni a questa situazione non sono facili. Il sindaco Veltroni lanciò qualche anno fa un concorso per assumere un migliaio di vigili per contrastare il fenomeno. Mi sfugge che connessione ci sia tra un vigile e il traddico se non, è ovvio, la proporzionalità diretta che lega l'aumento del caos alla presenza del pizzardone a dirigere (non chiedete loro, per carità, di fare le multe alle auto in sosta vietata o in doppia fila perchè quello è compito degli ausiliari). Il direttrore di questa testata online faceva , invece, giustamente pubblicità ai mezzi pubblici (ah, la poesia di godere della puzza di sudore la mattina appena svegli), che tuttavia difficile sponsorizzare finchè si trovano in queste condizioni.
In realtà, a mio modo di vedere, c'è un'altra soluzione: quello di creare un piano di mobilità innovativo per Roma. Non sarò così assurdo da proporre la costruzione di metro, avendo già parlato di come a Roma una linea costi 10 volte la cifra che è sufficiente in qualsiasi altro luogo del mondo conosciuto. Vorrei invece lanciare come proposta un rafforzamento dei mezzi di trasorto condiviso di piccola taglia. Espongo nuda e cruda la mia idea: chiudere al traffico veicolare privato l'area esterna alle Mura Aueliane, eccezion fatta per i motorini. Rafforzare i mezzi di superficie, investendo in prevalenza sui tram. Impiegare cifre significative per incrementare e rendere più competitivo e capillare carsharing, bikesharing, magari inserendo la possibilità di introdurre noleggi a prezzi vantaggiosi di segaway e scooter.
Credo che un altro modello di mobilità rispetto all'attuale sia sempre più urgenti. Ma per crearlo occorre inventiva. E il coraggio di essere impopolari.
Per chiudere ho buttato giù un sonetto in Veneto su Roma. Non ho l'ambizione di essere il Belli. Diciamo che è solo un piccolo divertissement. Non so se un extrapadano lo comprenda. Nel caso in cui non sia così vi prego di contattarmi a spirandelli.m@gmail.com e sarò ben lieto di spedirvi la traduzione. Ah, naturalmente potete utilizzare questa mail anche per suggerimenti su futuri articoli o anche solo per insultarmi. Disponibile a tutto.
Roma, cortegìà come se te fosi una dona,
con canzonette, arie e poesie
pardoname un po' se te digo le mie
con qualche parola che non l'è proprio bona.
Non l'è mia colpa del me spirito critico
se vardandome intorno, andando per via,
se vede sete colli de rabaltaria
se te ghè vù visigoto e politico.
E non ghè da toierse el capelo
se con un fià de sonolenta apatìa
ridendoghe su te soporti ogni roba.
Sarìa come se ti t'avesi na goba
e metendote un fià de malinconia
a carnevale te vestisi da camelo.
Adesso pure menestrello!
RispondiEliminaGrazie del sonetto!Mio nonno materno se n'è andato che ero piccolissima e di lui ricordo proprio le esclamazioni in dialetto,3 su tutte(una mi pare di averla già scritta):
RispondiElimina-Passata la galeria de Ancona semo nela basa
-Come mi non ghe n'è
-La Giuve è la Giuve (Giuve=Juve)
Bellissimo dialetto!
Peccato che mamma parli quello leccese come sua madre!
Grazie e grande Marcello...sempre più il nostro candidato sindaco ideale
RispondiEliminaGrazie, davvero gentilissimi. Questa settimana in realtà mi sentivo un po' sottotono sia per la difficoltà di unire proposte serie al sorriso, sia perchè c'era il cambio dell'ora e ero angosciato dal fatto che la mattina dopo dovevo andare a messa presto. In ogni caso, spero lo stesso di avervi fatto inarcare la bocca. E anche nel caso fosse stata una paresi, mi accontenterò di quel che passa il convento. Giorgio prepara i manifesti
RispondiElimina