15/04/12

Gli italiani cominciano ad essere stufi anche del governo tecnico

Un senso di disagio e di frustrazione comincia a serpeggiare nella classe dirigente non solo politica che osserva le ultime mosse del governo Monti. Non si tratta solo della ripresa dello spread, dei mercati in altalena, del risultato non apprezzabile (e quindi diplomaticamente dubbio) del viaggio mediorientale del premier, ma di una sensazione più concreta e pericolosa. Il dubbio cioè che neppure un governo tecnico, nato senza una scelta dei cittadini e forte di una maggioranza ineguagliabile, riesca a cambiare in meglio il Paese.
Nessun Esecutivo aveva potuto godere di una stampa amica in Italia e all’estero per cosi lungo tempo e in queste proporzioni. Eppure nelle ultime settimane, negli ultimi giorni, qualcosa si è spezzato e la magia si è interrotta. Il Professore ha sentito sul collo le critiche feroci di quotidiani prestigiosi (Wall Street Journal e Financial Times) che finora lo avevano adulato e si è accorto come il “compromesso” siglato sulla riforma del lavoro abbia coinciso con il suo declino. Per ora solo di immagine, come immediatamente ha registrato il calo di consenso nei sondaggi, e tuttavia qualche incrinatura politica è comparsa in un tragitto che pareva assai più agevole e scontato.

La ripresa delle ondate speculative dimostra ancora una volta che ai mercati poco interessa il prestigio personale del Premier, mentre badano alla concretezza del risanamento e più ancora alla serietà delle riforme annunciate. Quando hanno percepito, magari sbagliando, che Monti accettava sulla rigidità del mercato del lavoro un compromesso al ribasso, si sono fatti sentire spietatamente. La stessa delusione degli imprenditori italiani che ha accompagnato l’esito della legge ha fatalmente innescato una ondata di sfiducia che il governo non può permettersi, così come i partiti che lo sostengono. Se anche un esecutivo dotato di ogni genere di benedizione (dai poteri forti al Quirinale) si mostra incapace di invertire il passo rispetto alle cattive abitudini del Paese, si può pensare che la “malattia” nazionale non ammetta scampo. E soprattutto che sia colpevole oltre che dannoso, angustiare i cittadini con tasse di ogni genere finendo per lasciare l’Italia al palo.
Di Paolo

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