10/05/12

Ma i moderati, chi sono?

In politica mai dar retta agli umori: contano poco o nulla e inducono all’errore, mentre un sano realismo fa la differenza. Stiamo ai fatti. Monti esce indebolito dal voto: il suo consenso è crollato da oltre il 70% degli esordi a poco più del 30%. Per proseguire deve accordarsi con quei partiti che lo sostengono e che (tutti) escono “ammaccati” dalle urne, ma ancor più indispensabili a tenere diritta la barra e salvare la faccia e (i conti) al paese.
Meglio di tutti lo sa Napolitano che ha legato a questo governo in parte le sorti del suo ultimo anno di permanenza al Colle. Nessun leader di partito può cantare vittoria, mentre il Capocomico alla moda resterà sugli scudi solo se le forze politiche tradizionali non avranno un sussulto di responsabilità.

Casini ha perso meno voti di altri ma ha infranto il sogno di trasformare il Terzo Polo nel nuovo Cantiere moderato. L’opa sul PdL è fallita e lui si trova in mezzo al guado: aveva demolito la vecchia casa e gettato fondamenta che non reggono. Il PdL ha una nuova opportunità, resa più convincente dalla freschezza della Segreteria Alfano e dalla esperienza (imprescindibile anche per Monti costretto a chieder scusa e a fare marcia indietro ogni volta che prova a distaccarsene) di Silvio Berlusconi. Occorre riunificare tutto lo schieramento moderato, cattolico, liberale e riformista rimasto orfano nel Paese. Non con un discorso di convenienze strumentali, bensì con un forte, qualificato e persino “patriottico” richiamo alla responsabilità: con il progetto, l’ambizione e la forza di traghettare l’Italia oltre le secche della crisi, verso una nuova speranza.

E’ un appello che Silvio Berlusconi lancia in prima persona per tenere insieme il nostro popolo, recuperare i transfughi del Terzo Polo e mantenere i contatti con il mondo sofferente della Lega, senza dimenticare la Destra di Storace. I numeri delle amministrative valgono e pesano meno della nostra Storia, iniziata nel ‘94 dentro un terremoto politico, economico e giudiziario non meno grave dell’attuale. Possiamo e dobbiamo porci ancora come la grande forza di coesione di cui il Paese ha bisogno. Non come espressione esclusiva di una parte e ancor meno come fazione. Ai timori, al malessere e alle ansie della gente dobbiamo offrire un processo convincente, realistico e dunque “moderato” per ridurre le distanze che separano le tante Italie in conflitto. Utili solo alle scorribande dei demagoghi in cerca di facile bottino!
Di Paolo

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