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28/11/11
Singer o Mengele? "Zwillinge heraus!" : "Fuori i gemelli"!
Categorie:
bioetica
Pubblicato da
silvia bosio
Vi racconto una storia, accaduta non tantissimo tempo fa, quando la sorte dei diritti umani era affidata al potente di turno o a pochi eletti, in grado di stabilire chi doveva vivere e morire, chi avrebbe potuto essere felice e chi invece no. Semplicemente perchè quel qualcuno aveva la colpa originaria, di non possedere quei requisiti necessari per essere considerato dai più, degno di vivere. La storia che qui ci riguarda da vicino, è una storia vera che in tutta la sua crudeltà, si svolse nella prima metà del novecento e che ha per protagonista uno scienziato tedesco, meglio conosciuto come dottor Mengele. Il suo nome era molto noto in campo scientifico per le ricerche svolte sulle coppie dei gemelli, costretti a subire la così detta zw o legge del bavaglio, con il quale venivano soffocati i gemiti di dolore delle piccole vittime, sottoposti alle più atroci torture. Eppure secondo l’ideologia “eugenetica” dell’epoca, queste povere vite, appartenevano ad esseri umani meritevoli di una dignità minore, sacrificabile in vista dei progressi della scienza. Poco importava se a morire alla fine erano loro, perchè in nome del mito della razza ariana, esisteva sempre una buona ragione per uccidere chi non era considerato di pari grado. Basti considerare che alla base di questo modo di pensare, allora come oggi, vi era la distinzione tra essere umano e persona e cioè la differenza tra un concetto che fa riferimento alla specie e un altro che invece allude, agli esseri dotati di determinate specifiche caratteristiche razionali. In breve allora come oggi venivano considerate persone, soltanto quegli esseri umani in grado di interagire con l’ambiente, di essere autocoscienti e di provare piacere o dolore. Queste pochi e semplici parametri, legittimavano gli intellettuali di quel momento a ritenere che la salute e la vita, non fossero un uguale diritto spettante a tutti indistintamente, ma un appannaggio riservato a pochi eletti. In breve, malati gravi, disabili, handicappati, minorati fisici e mentali e i soggetti comatosi, venivano pertanto ascritti alla categoria delle non persone che includeva degli esseri umani, addirittura inferiori a certi animali non umani. E’ ragionevole pensare un diritto che giudica giusto, lasciare morire chi non è attualmente o non è più autosufficiente o cosciente? Un diritto plagiato da una logica nichilista che non riconosce ad ogni vita umana, un suo valore intrinseco? Se ancora oggi rispondessimo affermativamente a questa domanda tanto inquietante, dovremmo anche essere disposti ad abbracciare i diktat dell’utilitarismo totale, secondo il quale quando una vita è arrivata alla fine o è inutile, va soppressa; specialmente quando si è diventati esseri umani senza qualità, senza quelle caratteristiche che identificano le “persone” nel senso comune del termine. Di fronte a queste ciniche osservazioni, il rischio concreto che stiamo attualmente vivendo è di regredire alla preistoria dei diritti umani e quindi ad un periodo nel quale non esisteva l’elaborazione culturale dei diritti e vigeva piuttosto un sistema giuridico assolutamente irragionevole. Ma tutto è possibile, basta soltanto volerlo. E allora la nostra società potrebbe addirittura con un plebiscito, ritenere opportuno anche il ripristino della schiavitù, della rupe Tarpea, della monarchia assoluta e perchè no dei servi della gleba. I quali nel medioevo com’è a tutti noto, erano titolari di un grado di umanità talmente irrilevante, da non potere essere distinti dagli animali più nobili. E se vi dicessi che “uccidere un neonato con malformazioni non è equivalente a uccidere una persona” poiché “molto spesso non è per niente sbagliato”? A cosa pensereste? Ad una pura provocazione, magari espressa da Adolf Hitler in persona? Non è così. Purtroppo, questo ragionamento proviene da un noto e contemporaneo filosofo australiano, Peter Singer, secondo il quale uccidere una vita segnata dalla anormalità e condannata all’infelicità, non rappresenta un fatto immorale da porre “sullo stesso piano dell’uccidere esseri umani normali, o qualsiasi essere umano autocosciente”. Infatti in queste situazioni “anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo”. E ancora il filosofo prosegue dicendo: “E’ un diritto ragionevole lasciar morire i malati neurovegetativi perché essi sono simili agli infanti disabili, non sono esseri coscienti, razionali, autonomi, la loro vita non ha valore intrinseco, il loro viaggio è arrivato alla fine”. In questa prospettiva “I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli”; perchè “L’idea di attribuire a tutti un uguale diritto alla vita, è un’arma a doppio taglio. Se la vita con quadriplegia (paralisi) è buona come la vita senza paralisi, non c’è alcun beneficio di salute a curarla”. Dunque il dato scandaloso da segnalare in questa sede è che recentemente l’UNICEF – la nota agenzia dell’Onu- ha sponsorizzato senza battere ciglio, una conferenza di Singer all’Università Luiss che ha aperto una serie di convegni, aventi ad oggetto il tema della filantropia. Non certo nei confronti degli esseri incapaci di difendersi da soli, né tanto meno verso i bambini, considerando l’atteggiamento direi poco filantropo del filosofo che suggerisce ai genitori l’infanticidio. Per conoscenza, a questo punto vanno menzionati una serie di riferimenti giuridici di portata internazionale, nati proprio per tutelare fino in fondo i minori. A titolo esemplificativo ne citiamo alcuni. Anzitutto, l’art.3 della Convenzione universale sui diritti del fanciullo (ONU, 20 novembre 1989): “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche e private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente”; la Dichiarazione universale (ONU, 20 novembre 1959): “gli Stati devono dare ai fanciulli il meglio di sé stessi”; l’art. 53 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali (1950): “Nessuna delle disposizioni della presente convezione può esser interpretata in modo da pregiudicare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali che possono essere riconosciuti in base alle leggi di ogni parte contraente o in base ad ogni altro accordo al quale essa partecipi”; e ancora l’art.24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che ribadisce esattamente il contenuto dell’art. 3 della Convenzione prima citata. Non credo che i dati appena riportati, siano condivisibili dagli intellettuali come Singer che considerano la vita come un bene disponibile. E’ certo che il nazismo predicava un progetto di "eugenetica" diretto ad ottenere un miglioramento della "razza" germanica coltivando e favorendo i caratteri ereditari favorevoli ("eugenici") e impedendo lo sviluppo dei caratteri ereditari sfavorevoli ("disgenici"). All'interno di questo progetto di eugenetica non trovavano ovviamente posto i malati incurabili e i disabili fisici e psichici. C’è da chiedersi se con Singer sia resuscitato il Mengele del nuovo millennio. Su di lui si racconta un aneddoto raccapricciante: quando i prigionieri giungevano ad Auschwitz, i bambini gemelli erano selezionati personalmente dallo scienziato tedesco, il quale aggirandosi lungo le fila dei prigionieri usava gridare "Zwillinge heraus!" "Fuori i gemelli"! Quasi si trattasse di specie inferiori. Quando vengono riportate alla memoria questi episodi di inciviltà, anche ai giorni nostri sarebbe meglio astenersi da certi atteggiamenti farisaici e piuttosto gridare a gran voce che nella condizione di dipendenza la difesa della dignità, richiede un altissimo grado di umanità!
dott.ssa Silvia Bosio
Dottore di Ricerca in Bioetica
U.C.S.C. Roma
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Quanti dottor Mengele anche oggi!
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