“Del Turco, l’inchiesta fa acqua”, ci fa sapere L’Unità. Ci sono voluti tre anni e mezzo al quotidiano del Partito Democratico per raccontare a tutta pagina la storia di una vicenda politica e giudiziaria che grida vendetta e di un processo che si trascina stancamente da sei mesi nella vana attesa che i pm esibiscano uno straccio di prova della “concussione” imputata all’ex governatore di centrosinistra dell’Abruzzo.
Un uomo abbandonato dai “compagni” e da una sinistra schierata sempre e comunque, senza se e senza ma, con le procure e con le truppe dei pm, identificate come la punta di diamante di un salvifico assalto giudiziario al nemico Berlusconi e ad un centrodestra altrimenti inespugnabile con le armi della democrazia e del voto popolare.
Il crollo della giunta di centrosinistra a seguito di quell’inchiesta certificata dalle avventate parole del procuratore capo di Pescara (“abbiamo una valanga di prove”) non fece velo a Berlusconi che, il giorno dopo la “retata”, da Parigi scatenò le reazioni inviperite dell’Associazione magistrati definendo “strana una decapitazione completa di un intero governo di una regione e anche il teorema accusatorio, conoscendo l’attuale sistema dell’accusa in Italia…”.
E dei giorni in cui veniva scaricato dai vertici del partito e trattato come un appestato dai suoi ex compagni “che mi avevano tolto il saluto e in strada facevano finta di non vedermi”, Del Turco raccontava in un’intervista di non poter dimenticare le parole di Berlusconi due giorni dopo l’arresto: ”Disse che non solo mi conosceva, e bene, ma che era certo della mia innocenza”.
E ora, dopo tre anni e mezzo di odissea giudiziaria, 26 giorni di galera, mesi di domiciliari, neppure una parola di solidarietà da sinistra, nessun beneficio del dubbio, il silenzio tombale su un’inchiesta che da subito apparve fare acqua da tutte le parti, ora che Berlusconi- guarda caso- non è più a Palazzo Chigi, L’Unità si sveglia per raccontare che non c’è nessuna prova, che i soldi della concussione non si trovano, che ogni euro di ogni conto in banca di Del Turco trova una giustificazione accertata e plausibile, che le decine di milioni dell’inchiesta hanno forse preso un’altra scorciatoia, visto che il suo unico accusatore è accusato a sua volta di bancarotta fraudolenta.
Del Turco due settimane fa, in un’intervista a Panorama, si toglieva qualche sassolino dalla scarpa sul Pd, dove “ci sono due anime: quella della parte più brutta della tradizione cattolica e l’altra risalente al Pci, quella dei Torquemada e dei Violante, che hanno avvelenato i pozzi della politica di inchieste giudiziarie”. E a proposito del voto su Cosentino: “E’ stata l’insurrezione della parte più nobile del Parlamento, e devo ringraziare il deputato radicale Maurizio Turco, l’unico che ha letto le carte e si è espresso in base a quelle. La Bindi non le ha neanche lette, mentre dovrebbe alzarsi in piedi e spiegare in base a quali passaggi dell’inchiesta giudiziaria ritiene che una persona debba essere arrestata. E’ una vergogna”.
Anche L’Unità gli restituisce finalmente la parola e Del Turco chiede come risarcimento “un Pd diverso, un atto di umiltà dei vecchi dirigenti del Pci, che uomini come D’Alema e Veltroni decidessero di passare nella riserva della politica”. Ma la risposta dell’Unità non va in quel senso e, con un’ultima canagliata, racconta una storia alla rovescia, cioè di un Berlusconi e di un centrodestra impegnati a sfruttare l’inchiesta per mettere in cattiva luce il Pd e conquistare l’Abruzzo. Bugiardi e sbugiardati dallo stesso Del Turco che, vittima del giustizialismo del suo partito, soltanto nella tradizione garantista del Pdl ha trovato solidarietà e comunque quel beneficio del dubbio che spetta a un imputato, segno di una civiltà giuridica trascinata nel gorgo del giustizialismo e che la sinistra non conosce più.
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