16/03/12

IL GIORNO PRIMO E L’OTTAVO/16. I 22 bambini e gli occhi di Dio.


Voglio tornare anch’ io sulla strage dei 22 bambini morti sul pullman che li stava riportando a casa dopo la vacanza.
Il giorno successivo ho letto un articolo intenso e agghiacciante di Valeria Braghieri su Il Giornale che si poneva una domanda pesante: Ma perché Dio si è distratto? Il pensiero sotteso era quello di una insensatezza di ...
un evento che però coinvolge anche l’insensatezza del credere che esista un Dio garante del senso dell’esistenza.

Mi sono chiesto cosa ne pensavo io a proposito di questa distrazione. Mi sono reso conto che la mia fede mi costringe a dire qualcosa in apparenza ancor più agghiacciante. Dio non era distratto: aveva invece gli occhi ben aperti.

Essere credente è particolarmente impegnativo in questi momenti. Perché significa tirarsi addosso tutte le domande che gli uomini si pongono e diventare il bersaglio di tutta la rabbia che essi vorrebbero sfogare davanti a ciò che abitualmente ritengono assurdo. Son disponibile a questo, che già vuol dire dover pagare un pezzo pesante, perché la rabbia delle persone è rabbia davvero, che diventa offesa gratuita e disprezzo, e perché il credente, se anche si trova forse più supportato dalla consolazione che viene da Dio -non dalla ragione solitaria! - si trova tuttavia a dover sostenere le persone senza speranza che rifiutano Dio.

E comunque lo ripeto: aderire alla Rivelazione significa anche affermare che Dio, in quella galleria, era presente, con gli occhi ben aperti, ed è pure sopravvissuto, lasciando che tutto accadesse secondo la linea dell’apparente assurdo che portava il pullman proprio contro quello sperone di muro.

Dove mi porta questa affermazione? A trovare un senso? Davanti a questa enormità, ancora piccola rispetto a tante altre enormità della storia, io non so trovare il senso. D’altronde, non è nemmeno questo lo scopo della fede: esprimere il senso preciso di ogni singolo fatto della vita. Il senso è qualcosa di esigente e non lo si può trattare a qualche modo: ognuno vorrebbe il suo. Perché quel bambino e non quell’altro? Perché a quella famiglia e non a quell’altra? Anche queste son questioni che riguardano la ricerca del senso e non si può fare di tutte un mazzo, liquidandole con un semplice “le sventure fanno parte della vita e ci insegnano sempre”. Forse dovremmo fare come fra’ Ginepro, nel romanzo Il ponte di San Luis Rey, quando si dedicò a cercare il motivo per cui erano morte proprio quelle cinque persona nella disfatta del ponte e non altre: lui il senso lo trovò, uno per ciascuna persona!

Dio aveva gli occhi aperti in quel tunnel. Ma li aveva aperti su quelle 28 vite anche prima, da quando avevano cominciato ad esistere. Invece io, tu, Valeria, gli occhi su quelle vite ce li abbiamo cacciati solo nel momento in cui il pullman si è schiantato: “che ognuno pensi a se stesso, che è già troppo!”, questo è il nostro modo di vivere, per egoismo o anche solo per limiti oggettivi.

Invece a Dio tutto è presente: tutto. Nulla gli sfugge: nulla. Tutto tiene in mano: tutto. Sempre: con premura e cura continue.

Il vero atteggiamento della fede non è quello di risvegliarsi solo quando accade l’incidente. La fede autentica è condivisione della vigilanza di Dio sul mondo. È tenere gli occhi sempre aperti nel mondo. È saper gioire di ogni cosa bella e soffrire di tutte le sofferenze che accadono, delle grandi, come delle piccole. Gli occhi del credente autentico sono sempre aperti, a imitazione di quelli di Dio: non come, temo, gli occhi di tanti, che ieri si sono svegliati nella tragedia e domani torneranno già a inebriarsi di abituale distrazione.

Don Alberto

3 commenti:

  1. Mi torna in mente un tuo post sulla neve...a grandi linee,partendo dal fenomeno atmosferico,arrivavi a concludere che finiamo col percepire come stratosferiche cose"normali".Qui si tratta di 28 vite però sappiamo che può accadere come può accadere che nevichi.Io mi sento piccola,insignificante,davanti a una tragedia come questa o a quella più immane del terremoto a L'Aquila,non so che pensare.Anzi,la prima cosa che mi passa per la testa,è quando venni investita a 19 anni e invece di morire,data la dinamica del...usciì illesa.E anche quando un pazzoide mi venne addosso con l'auto e con la mia sarei potuta finire contro quel muretto e restarci secca,lo schivai di pochi centimetri e imbranata neopatentata qual ero so che non lo schivai io.Allora,per egoismo forse,io posso solo ringraziare e cercare di non sprecare nessun giorno,nessun istante.Poi,invece,cado nell'errore ma ultimamente il pentimento si fa più forte.

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  2. Non credo nemmeno io che "Dio fosse distratto"...credo proprio che per sua Natura Dio non possa distrarsi nemmeno volendo! :-)
    Certo che trovo difficile il riuscire a non porsi dei "perchè" su questo e mille altre cose...e questi "perchè" rimangono sempre senza risposta...l'unica cosa che possiamo fare è af-fidarci.
    Ma è difficile, soprattutto da parte di un genitore che subisce una tragedia del genere, in quelle condizioni sono certo che anche la Fede più forte e radicata vacilla!
    Mi permetto anche di consigliare la lettura del libro "il rifugio" di Paul Young, dove viene narrata la storia di un papà al quale viene rapita e uccisa la figlia più piccola (di 4-5 anni)...egli entra poi in una Grande Depressione, dalla quale non riesce più a risollevarsi. Finchè un giorno (dopo circa 3 anni) riceve un biglietto dove viene invitato a recarsi al rifugio (il posto proprio dove è avvenuto l'omicidio, un incubo per il protagonista) firmato da "Pa" che era il nomignolo con il quale sua moglie chiama Dio...

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  3. Ho visto una madre che ha perso il figlio essere forte,mantenere la serenità e,credo,la Fede.Tutto questo per me è un mistero.

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