08/03/12

Le amare verità del caso Riccardi, ministro per la Cooperazione

Ci sono due verità sul caso scatenatosi dopo le parole pronunciate dal Ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi. Due verità che, seppur contrapposte tra loro, hanno lo stesso grado di giustezza. Due verità assolute. Due verità amare. C'è la verità di chi, come Francesco Nitto Palma, insieme con altri 45 senatori del Pdl, vorrebbe presentare una mozione di sfiducia individuale al Ministro per la Cooperazione dopo quelle aberranti parole degne del peggior Beppe Grillo. E poi c'e la verità di chi, invece, questa polemica preferirebbe evitarla. E a pensarci bene e' quasi paradossale che si equivalgano. Da un lato, infatti, c'e la miglior politica. Quella che ritiene sbagliato trovare un capro espiatorio facilmente attaccabile in un momento di profonda crisi economico-sociale. E se questo attacco arriva dal componente di un Esecutivo tecnico, per non dire di emergenza, allora la storia si complica. Soprattutto perché l'attacco di Riccardi va in contrapposizione a quella sobrietà, non solo economica, che Mario Monti ha trasformato nel cavallo di battaglia del suo Governo.

Ovvio, dunque, che per un episodio così grave le scuse non bastano, perché saprebbero troppo di menzogna e poco di convinzione. Ma qui entrano in gioco le ragioni del buonsenso, quelle di coloro che hanno preferito fermarsi per un attimo e pensare, guardandosi in giro per vedere a che punto e' questa Italia lacerata da barriere e steccati ideologici. Perché, pensandoci bene, quanto può convenire al Pdl gettare ulteriormente benzina sul fuoco? A conti fatti sarebbe un disastro. La sfiducia a un Ministro in questo momento significherebbe far cadere un Governo che si regge in piedi per grazia divina e senso di responsabilità. Con il risultato di consegnare il paese nuovamente nelle mani degli speculatori e affrontare una campagna elettorale dove il Pdl sarebbe il responsabile della catastrofe, il partito degli irresponsabili, resuscitando, così, quell'antiberlusconismo d'altri tempi che ha impedito al paese di cambiare e modernizzarsi.


Eugenio Cipolla

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