05/05/12

Rapporto primavera araba un anno dopo 8: Iraq


L’Iraq ha vissuto una stagione di proteste contro la corruzione, il nepotismo e la presenza di truppe straniere, incentrate sulla richiesta di migliori servizi e di un miglioramento del quadro economico. Le manifestazioni, svolte per tutto l’arco dell’anno in tutto il paese, non hanno avuto, tuttavia, quel carattere di massa e la connotazione antiregime che ha caratterizzato i movimenti della così detta primavera araba, e ciò in ragione del differente contesto politico.
A differenza degli altri paesi investiti dalle rivolte popolari, infatti, l’Iraq non usciva da decenni di stabilità mantenuta con la forza bruta e la presenza ubiquitaria delle forze di intelligence e di sicurezza, ma da un periodo di guerre, sanzioni dagli effetti devastanti, intervento di truppe straniere, clima di violenza endemica e collasso economico; la stessa caduta di Saddam Hussein non è stata causata dalla pressione di un movimento di massa “demanding democracy”.

La risposta delle autorità irachene alle manifestazioni iniziate nel febbraio 2011 si è caratterizzata per un uso eccessivo della forza che ha comportato uccisioni, ferimenti, arresti in molti casi illegali e spesso accompagnati da pratiche di tortura. Tra gli interventi repressivi a sfondo politico il Report rammenta in particolare quelli contro avvocati e giornalisti.

Tuttavia, la prosecuzione, a cadenza quasi settimanale da febbraio, di proteste pacifiche da parte della popolazione irachena rappresenta, nonostante lo scarso rilievo offerto dai mass media internazionali, un’evoluzione positiva se paragonata alla diffusa pratica di atti di violenza, spesso settari e indiscriminati, che ha caratterizzato per anni il panorama iracheno.

Maria Leone

(fine dell Rapporto Amnesty)

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