16/05/12

Sul caso Mills Berlusconi era da assolvere

Se nel processo Mills non fosse intervenuta la prescrizione, causata dalla dabbenaggine dei giudici e non dagli avvocati difensori, Silvio Berlusconi sarebbe stato assolto nel merito per insufficienza di prove. A sostenerlo non è un avvocato dell’ex premier o qualche esponente del Pdl, ma il giudice Francesca Vitale nelle motivazioni della sentenza. A giudicare dal coraggio da lei mostrato c’è da giurare che presto o tardi qualcuno gliela farà pagare.
Perché nelle motivazioni scritte di suo pugno sulla
sentenza Mills, nella quale Silvio Berlusconi è stato assolto per prescrizione, tira ceffoni a destra e sinistra, senza curarsi di colpire anche i (fino a ieri intoccabili) pubblici ministeri milanesi e persino i giudici che per primi si occuparono del processo Mills e che decisero la separazione delle posizioni dell’avvocato londinese e di Berlusconi quando venne varato il lodo Alfano.

La sentenza è di quelle destinate a fare rumore e scontenta tutti quegli avvoltoi che attendevano con ansia le motivazioni per sostenere che l’ex presidente del Consiglio è colpevole di corruzione in atti giudiziari ma salvato dal decorrere del tempo provocato dal suo ostruzionismo processuale. Scontenta persino il Corriere della Sera, autore dello scoop, che quasi assolvendo le due giudici a latere, Lai e Interlandi, scrive con astio che la Vitale ha redatto di suo pugno le motivazioni tenendo all’oscuro le due colleghe. Ma cosa sostiene il giudice Vitale? Intanto che a provocare la prescrizione fu la scelta, dalle "ragioni oscure", del giudice Gandus di separare la posizione di Mills e Berlusconi dopo il varo del lodo Alfano. Non manca ironia in questo passaggio della sentenza. Infatti le ragioni erano evidenti e chiare a tutti: la Gandus separò i processi per arrivare almeno alla condanna di Mills in modo da far considerare moralmente responsabile anche Berlusconi. Un gesto di ostilità nei confronti dell’allora premier, un atto meramente politico. Ma un comportamento che alla luce dei fatti si è dimostrato autolesionista in quanto ha accelerato il decorrere del tempo e il maturare della prescrizione. Ironia della sorte, tuttavia, senza la prescrizione Berlusconi sarebbe stato assolto anche nel merito. Il motivo è racchiuso nel documento firmato anni fa da Mills, quella lettera scritta al suo commercialista in cui sostenne di aver preso 600.000 dollari da Berlusconi.

Secondo la legge italiana, infatti, questo documento ha valore di prova solo ed esclusivamente se il suo autore ne conferma il contenuto in aula durante il processo in un contraddittorio che dia garanzie anche alla difesa. Ciò non è avvenuto, anzi è successo l’esatto contrario: Mills, interrogato, ha ammesso di essersi inventato quell’accusa nei confronti di Berlusconi solo per non pagare dazio con il fisco inglese. Secondo il giudice Vitale, la testimonianza dell’avvocato, che lei definisce "infarcita di incongruenze, imprecisioni, inverosimiglianze", fa in modo che "nessuna verità, neppure processuale, può dirsi raggiunta nonostante la profusione di energia di tutte le parti del processo". Dulcis in fundo, la Vitale riserva qualche critica pure al pm De Pasquale per l’accelerazione forzata che ha voluto imprimere al processo allo scopo di evitare la prescrizione. Nella motivazione della sentenza, infatti, critica "le inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario". Un comportamento in contraddizione con le decisioni prese ai più alti vertici dallo stesso Tribunale di Milano con il contributo positivo degli avvocati di Berlusconi che puntava ad ottenere un "evidente risparmio dei tempi processuali".

In definitiva, a leggere le motivazione della sentenza, appare evidente che l’interesse maggiore ad ottenere la prescrizione fosse non dell’imputato ma della pubblica accusa per evitare che Berlusconi fosse assolto nel merito. Ci ha pensato il giudice Vitale a rimettere le cose a posto, sperando che nei suoi confronti ora non cali la vendetta della Procura di Milano.

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