Secondo alcuni Roma sarebbe più estesa sottoterra che in superficie. Tra catacombe, fogne, cantine, gallerie, stanze sotterranee, mitrei, siti archeologici, gallerie, cavità, fiumi nascosti ed altre occulte meraviglie, la Capitale nasconde al comune turista e alla gran parte dei suoi cittadini il suo volto più affascinante e misterioso, riservandolo ai pochi appassionati che non hanno timore di sprofondare nelle viscere della terra per scoprilo. Esistono da qualche tempo associazioni di appassionati che si occupano di studiare o esplorare queste aree scarsamente conosciute o del tutto ignote che, come ben sanno gli archeologi, possono celare tesori che si credevano perduti, come è accaduto nel Rinascimento per la Domus Aurea, il cui stile influenzò un'intera epoca.
Il Comune di Roma, con un generoso patrocinio statale, ha perciò deciso di avviare un'imponente campagna di recupero di reperti, denominando l'operazione con il nome poco convenzionale e immaginifico di "costruzione della Metro C". L'idea è, a dir poco, geniale: due lunghi tunnel che, dopo un tratto in superficie, si aprono nelmsottosuolo, passando sotto San Giovanni, piazza Venezia e San Pietro, per poi giungere a Piazza Mazzini. Si prevede che, una volta terminati i lavori, le gallerie possano essere anche utilizzate per far procedere dei convogli automatizzati atti al trasporto di persone. Un unico problema: la Corte dei Conti, con incomprensibile grettezza, ha voluto fare le pulci al progetto, ritenendo leggermente esosa la cifra per la sua realizzazione.
Fare ironia è fin troppo semplice, ma, abbandonando per un attimo il sorriso, viene davvero da chiedersi come, seguendo un simile tracciato, non si sia previsto di incappare in difficoltà di ogni genere, tanto dal punto di vista della tenuta strutturale degli edifici soprastanti (problema che sembra essersi presentato riguardo alla zona intorno a Corso Vittorio Emanuele II, con il conseguente abbandono della stazione di Chiesa Nuova), quanto per la salvaguardia dei beni archeologici. In realtà, se dovessimo fare il novero delle fermate a rischio, forse faremmo prima ad elencare quelle che sicuramente apriranno. La linea C, infatti, non vedrà l'apertura nè della stazione di piazza Venezia nè di quella di largo di Torre Argentina. Assai quotata l'unificazione delle fermate di San Pietro e Piazza Risorgimento in un'unica soluzione. Ciò che sembra, insomma, assai probabile è che la nuova linea C salti praticamente in blocco il Centro storico, lasciando campo libero a carozzelle e tassinari, semprechè, disponendo di penna e Settimana Enigmistica, non si decida aspettare l'81. Il servizio sarebbe invece concentrato prevalentemente sulla tratta Pantano-San Giovanni che, vale la pena ricordarlo, era giá servita da una sorta di ferrovia che, per quanto degna della periferia di Kinshasa, era pur sempre stata restaurata con una serie di lavori durati (con ritardi) 10 anni. Tramontata l'idea del prolungamento della linea fino al Foro Italico, che sarebbe stata utile nel caso si fossero tenute le Olimpiadi del 2020, e quindi che l'opera servisse quantomeno per andare allo stadio, si può affermare che, per come è oggi concepita, l'opera può essere utile per tutti quegli avvocati che risiedono a Centocelle (nota zona residenziale dei principi del foro) e si devono recare velocemente nella zona dei tribunali, e per tutti i loro clienti provenienti dalla medesima latitudine. Aggiungendo a questi il pubblico del Teatro delle Vittorie, i dipendenti Rai di Roma sud o quelli che, facendo il percorso inverso, volessero recarsi a godere l'aria buona di Torre Angela, mi sembra che la platea di utenti sia pressoché terminata.
La realtà è che la linea C è ad un passo dall'essere, almeno per la sua parte piu significativa, archiviata. Ogni giorno che passa, sembra più probabile che essa terminerà al Colosseo, se non addirittura a San Giovanni. Anche mettendo da parte la pletora di Comitati che chiedono a gran voce la conversione del progetto in un sistema di mezzi di superficie (immagino giá il solito torpedone stracolmo al bordo del quale si maturano i più efferati disegni omicidi), il fattore che dovrebbe condurre in una tale direzione è principalmente la luculliana onerosità dei conti sul tavolo per saziare l'appetito dei convitati. Se Sergio Rizzo tuonava sul Corriere del 2 febbraio contro l'indecenza di un costo complessivo lievitato da 1 miliardo e 925 milioni a 5 miliardi e 72 milioni (273 milioni al chilometro, più del doppio della media europea), la proposta avanzata dall'Ati, il consorzio delle aziende che si sono aggiudicate la costruzione fino a San Giovanni nel 2006, giustificherebbe l'ira di qualche divinità superiore: 10 miliardi in affidamento diretto, oltre alla cessione di 175 mila metri quadrati di zone edificate nel centro per un valore (ampiamente sottostimato) di 415 milioni di euro. Ma da chi è composta questa confraternita di anime pie che decide di impegnarsi in modo così disinteressato e pressoché gratuito? Da Caltagirone ad Astaldi, dal Consorzio Cooperative Costruzioni all'Ansaldo Trasporti, Sistemi Ferrioviari. Vi sono persino le cooperative rosse di Bologna e la Cooperativa muratori braccianti di Carpi. Senza contare il codazzo che un'opera del genere si trascina dietro, i comitati tecnici, i tavoli, le sedie e le consulenze: l'onore di attribuire la presidenza di un Comitato ad Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato, ci è costato 516.614 €. Io mi sarei reso disponibile anche per meno di un quarto della cifra... e da piccolo giocavo sempre con i lego.
Ma i tempi? I tempi almeno saranno garantiti! Si è vero, i lavori dovevano essere terminati giá nel 2006 ed ora di parla invece dell'inaugurazione nel 2013 della parte fino a San Giovanni, ma si tratta di dettagli: il tutto sarà inaugurato nel 2018, come dichiarato dal Sindaco Alemanno lo scorso anno. Anzi nel 2021, secondo la proposta dell'Ati. Forse qualche mese prima dell'invenzione del teletrasporto.
Io non so che ne possiate pensare. Ammetto che arrivare a Pantano in metro possa pure essere una comodità per quelli che vi risiedono, ma probabilmente se avessimo consegnato loro una fornitura a vita di buoni taxi il tutto sarebbe costato meno. Con 5 miliardi di euro si possono fare tante cose più utili rispetto a quanto compiuto finora: si potrebbero, ad esempio, costruire tre linee di metropolitana fuori dal centro senza accanirsi a far passare per forza le carrozze in mezzo all'Ateneum di Adriano sotto Piazza Venezia. Pensare ad un modello innovativo per il centro storico di Roma che prevedesse, ad esempio, un potenziamento dei mezzi condivisi a noleggio, incentivando carsharing, bikesharing e biruote elettrici, oltrchè un miglioramento della rete di servizi pubblici di superficie, potrebbe garantire soluzioni più immediate e meno onerose di una irrealizzabile metro C. Dio solo sa se Roma avrebbe bisogno di metropolitane! Ma finora mi sembra che, nonostante i soldi spesi, restino in piedi, lavori e incidenti permettendo, le solite due affollatissime, disastrate e sporche linee di sempre.
Insomma, concludendo, sarà pur vero che tutte le strade portano a Roma, ma la metro, al massimo, arriva a San Giovanni.
Marcello Spirandelli
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