Un vigile ha sbagliato. Durante la colluttazione con un ladro ha eccesso con la legittima difesa, sparando un colpo. Ha sbagliato e pagherà. Un medico, invece, non riesce a portare a buon fine un’operazione delicata per un errore di valutazione, facendo così passare a miglior vita il proprio paziente. Ha sbagliato e pagherà. Poi c’è anche il tassista. Durante una corsa, con l’asfalto bagnato per l’eccessiva pioggia, ha spinto il piede sull’accelleratore più del dovuto, investendo un pedone. Ha sbagliato e pagherà. Sono solo alcune delle tante storie che si potrebbero citare per commentare la bocciatura del plenum del Csm sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, ipotesi introdotta nella legge Comunitaria (emendamento Pini) ora al vaglio dell’Aula del Senato. Con 19 voti favorevoli, 3 contrari e un astenuto, il plenum richiama una sentenza della Corte costituzionale (n.18/89) dove si evidenzia “l’esigenza di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura quale presidio indispensabile per la tutela dei diritti fondamentali di ciascuno”.
Secondo il maggiore organo della magistratura, infatti, “di fronte alla praticabilità ampia dell’azione diretta, il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’esercizio dell’azione diretta”. Insomma, per farla breve, la magistratura chiede il ritiro di quella norma che se da un lato potrebbe indurre il giudice a scegliere la soluzione meno rischiosa per se stesso (a quel punto verrebbe meno il senso delle Istituzioni, però), dall’altro metterà fine a teoremi, accuse e ricostruzioni fantasiose che hanno rovinato vite, esistenze e carriere. Storie che hanno tutte la stessa trama e lo stesso epilogo. Storie che, fino a oggi, hanno pagato gli italiani, i cittadini onesti, i contribuenti. Perché oltre il danno psicologico molte volte c’è anche quello economico che di certo il giudice di turno non pagherà di tasca propria. Eccola l’ingiustizia italiana, è tutta qua. Paradossale pensare che provenga proprio da chi legge una sentenza sotto uno degli emblemi storici della nostra Costituzione:”la legge è uguale per tutti”. Per tutti tranne che per loro. Gli unici che fino a oggi non hanno mai pagato per gli sbagli commessi e che nonostante mille errori sono sempre seduti sulla stessa poltrona.
Eugenio Cipolla
Si potranno fare tutto le Leggi e i Regolamenti che si vogliono...ma se non c'è un senso etico-morale personale, soprattutto da parte di chi ricopre certe posizioni (come ad esempio i giudici), non serviranno a nulla!!
RispondiEliminaIl giudice deve capire che in certi momenti decide della vita e del futuro delle persone (e delle loro famiglie) che gli stanno davanti; dovrebbe avere coscienza e cercare quindi di emettere il proprio giudizio cercando di essere "giusto" e questo non potrà imporglielo nessuna "Legge"...sarà una cosa che dovrà sentire lui dentro di sè!