04/04/12

Dopo Berlusconi ancora B. La vendetta di Montecristo sarebbe l'ideale


Fu qualche mese prima che Berlusconi cadesse - non il berlusconismo, quello grazie a Dio è ancora in piedi vivo e vegeto - che molti iniziarono a chiedersi chi, dopo quell'imprenditore tanto bravo quanto carismatico, avesse preso il suo posto, continuando le sue storiche battaglie per  migliorare l'Italia. La scelta del partito, o quanto meno di gran parte di esso, ricadde su Angelino Alfano, giovane delfino di Berlusconi molto promettente e dalle ìdee chiare. Il sigillo di quell'investitura fu la nomina a segretario politico di quello che era ancora il primo partito italiano.
Da quel dì sono passati molti mesi, è cambiato un Governo e, soprattutto, è mutato il quadro politico oltre che quello sociale di un'Italia che se prima arrivava con fatica alla terza settimana, ora arriva a stento alla seconda. In questo contesto a dir poco catastrofico, però, il bravo Angelino non è riuscito a fare quello che tutti si aspettavano, restando prigioniero delle correnti che ancor prima della sua nomina avevano dilaniato il Pdl e non riuscendo, dunque, a dare al partito quella scossa che serviva per rilanciare un'immagine ormai vittima degli scandali sessuali che avevano accompagnato gli ultimi due anni del Berlusconi quater. Molto bene, si potrebbe obiettare che sotto la guida Alfano il partito ha intrapreso un processo di democratizzazione che serviva per uscire dall'era del leader carismatico padre e padrone. E si potrebbero anche ricordare i numerosi congressi svoltisi in tutta Italia e le primarie per la scelta dei candidati sindaci di alcune città che si apprestano a rinnovare le amministrazioni comunali. Magnifico, ma questo non basta, non e' bastato - lampante prova sono i sondaggi che vedono il Pdl in caduta libera - e non basterà. Perché il Pdl, come tutti gli altri partiti, potrà fare mille primarie e due mila congressi, potrà riunire cento volte l'ufficio di presidenza e discutere per ore la giusta linea da seguire. Ma fino a che non tornerà tra la gente a sentire quali sono i veri bisogni, a toccare con mano la realtà di chi ormai fatica a mettere in tavola un piatto di minestra ogni giorno, tutto sarà vano. E' forse questa la chiave di volta dell'era Alfano? E' forse questo che il segretario del Pdl e i colonnelli del partito non hanno capito? Senza dubbio e' così. Ecco perché diventa inevitabile chiedersi se non era meglio quando si stava peggio, se il partito era più coeso e razionale quando Berlusconi era a capo del Governo e del partito. Ci sono molte probabilità che la risposta a questi due quesiti sia positiva, così come ci sono buone speranze che Berlusconi abbandoni il ruolo di regista, che non gli calza così a pennello, e torni a fare il protagonista della nuova stagione politica. E' molto difficile che il partito, spinto dalla errata convizione che questo rappresenti un passo indietro, possa accettare questa eventualità. Ma non è così. Anzi, sarebbe un grande passo avanti, perché un ritorno di Berlusconi sarebbe qualcosa di molto simile alla vendetta del Conte di Montecristo. Almeno si farebbe un po' di pulizia in un partito dove le idee sono ormai ai margini, confinate dai giochi di potere indegni di chi ha contribuito a ridurre la politica in fin di vita.
Eugenio Cipolla

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