Dio maledica l’anti politica, vero pericolo per le democrazie europee, metastasi della libera espressione, minaccia per la ripresa della nostra economia e per la rinascita della politica nostrana, affollata e flagellata negli ultimi anni da loschi personaggi - non tutti per fortuna - che hanno pensato solamente a tessere rapporti economici non proprio limpidi per trarne vantaggio personale.
E pensare che in questo momento particolare, nel nostro paese, c’è qualcuno convinto che la nostra rinascita civile e politica possa passare attraverso le odiose parole di giullari e finti moralisti, equivale a un lungo brivido che percorre la schiena di chiunque abbia nel cervello un briciolo di raziocinio.
E pensare che in questo momento particolare, nel nostro paese, c’è qualcuno convinto che la nostra rinascita civile e politica possa passare attraverso le odiose parole di giullari e finti moralisti, equivale a un lungo brivido che percorre la schiena di chiunque abbia nel cervello un briciolo di raziocinio.
Premesso questo, le novità del caso Lusi, con la procura di Roma che ha spiccato una richiesta di custodia cautelare per l’ex tesoriere della Margherita, possono essere una buona occasione per tracciare un netto confine tra quello che dovrebbe fare la politica e quello che non dovrebbero fare i cittadini italiani, investiti in pieno dalla ventata di anti politica che sta sconvolgendo le geometrie Parlamentari e non del nostro paese. Ebbene, nonostante le trame che si sono sviluppate nella vicenda che ha investito in pieno l’ex partito di Rutelli e in quella che ha spazzato via il consenso della Lega Nord siano simili, diversi sono i comportamenti e i giudizi da tenere.
Bossi, Rosi Mauro, Stiffoni, si sono detti estranei alle accuse mosse loro dai Pm e dall’opinione pubblica. E nonostante le prove a loro carico risultino a primo impatto schiaccianti, nascono sempre dalle ipotesi di giudici, ossia persone che hanno la facoltà di errare (per il momento non di pagare per i loro errori, ma solo per il momento). E’ giusto, quindi, essere garantisti fino alla fine, perché il nostro diritto, fino a prova contraria, si basa sul principio della presunzione d’innocenza.
Luigi Lusi, al contrario, è reo confesso. Non ha mai nascosto di aver rubato denaro pubblico e di averlo utilizzato per fini personali. Ha accusato addirittura il suo ex leader, Francesco Rutelli, di essere a conoscenza dei movimenti non proprio limpidi del conto bancario dell’ormai defunta Margherita. Viaggi, alberghi di lusso, spese personali. Ora, secondo le carte dell’inchiesta, anche trenta mila euro per pagare un famoso chef da far venire al proprio (secondo) matrimonio.
Ecco perché quando il Senato sarà chiamato a giudicare la richiesta d’arresto nei suoi confronti, non dovrà basarsi solamente sui dettagli gossippari della vicenda, e nemmeno farsi schiacciare dall’incessante pressione dell’opinione pubblica, ma considerare soprattutto il suo status di reo confesso e per questo punirlo con una risposta positiva alla Magistratura. Ovvio, il Pd, l’Idv, l’Udc e la Lega voteranno a favore dell’arresto per opportunità politica, per far trasparire all’esterno un’immagine di legalità e trasparenza che in realtà non c’è mai stata, per acquisire consensi in un momento molto difficile per la politica.
Il Pdl, invece, dovrà farlo per altri motivi, magari sottolineando che la confessione di Lusi è il motivo principale per il quale non si può concedere ‘all’imputato’ il principio di garantismo che ha sempre distinto il partito di Alfano dal giustizialismo barbaro del peggior Di Pietro. Solo così la politica potrà dare un segnale forte e allontanare la sfiducia crescente nei confronti dei partiti. Staremo a vedere.
Ottima distinzione dei due casi.
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