09/05/12

Tanti partiti, poca stabilità. no al proporzionale

La tornata elettorale amministrativa in Italia ha aperto la strada al rischio greco, in quanto a frammentazione politica. Ad Atene, i due maggiori partiti (Nea Dimokratia e Pasok) che nelle elezioni precedenti avevano sempre incamerato almeno il 79% dei voti, con i risultati di domenica non hanno raggiunto nemmeno il 40%. Con questi dati drammatici, è già tramontata anche la prospettiva di grande coalizione, visto che questi due ex grandi partiti hanno 149 seggi su 300 nel Parlamento greco. Ad aggravare l’instabilità, il ritorno in Parlamento di componenti estremiste di destra e di sinistra, dai neonazisti ai comunisti.
I partiti italiani per ora devono fare i conti con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, ma non è difficile immaginare la nascita di movimenti simili anche a destra. Insomma, ci troviamo di fronte alla realistica possibilità di un aumento esponenziale della frammentazione partitica in grado di travolgere letteralmente il quadro del 2008, quando il Pdl e il Pd presero insieme il 71 per cento scegliendo di fare due mini-coalizioni invece della maxi-coalizioni del passato. Doveva essere l'inizio di una nuova fase nella storia del bipolarismo italiano, ma era solo un'illusione, come dimostra l'esito di queste elezioni amministrative, dove il Pd ha parzialmente retto solo perché è rimasto aggrappato alla foto di Vasto, prigioniero di un'alleanza che non gli permetterà mai di esprimere un governo all'altezza dei problemi del Paese.

La situazione è dunque tale che rende necessaria una profonda riflessione sulla nuova legge elettorale che si stava delineando con la scelta di un ritorno al proporzionale puro che non produrrebbe un vincente - partito o coalizione - e quindi una maggioranza di governo certa. In questo modo i giochi si farebbero in Parlamento e non nelle urne. L'accordo su cui si sta lavorando ricalca la "bozza Violante", il cui punto centrale è la cancellazione dell'attuale premio di maggioranza. Ma il ritorno al proporzionale comporterebbe seriamente il rischio della totale ingovernabilità. I partiti oggi sono già tanti, e l'incertezza politica spinge ad aumentare il livello di frammentazione. Una riforma elettorale sbagliata, in queste condizioni, ci darebbe un Parlamento del tutto ingovernabile.

L'attuale Porcellum è criticato perché favorirebbe le ammucchiate. A parte il fatto che non è vero - come dimostra il risultato del 2008 - quali ammucchiate si dovrebbero fare in un Parlamento eletto con una legge tutta proporzionale con 8, 9 o più partiti? Solo se tra questi partiti ce ne fossero due con una percentuale di seggi sopra il 30% il problema sarebbe minore. Ma per il momento in Italia non esistono più partiti di questa dimensione, né ci saranno senza un sistema elettorale con forti correttivi maggioritari. E così le ammucchiate che non si vogliono fare prima del voto si dovranno fare dopo, con un accresciuto potere di ricatto da parte dei piccoli partiti.

Concludendo: il voto di domenica e lunedì dimostra chiaramente che la scelta di una legge proporzionale frazionerebbe ulteriormente il Parlamento e renderebbe ingovernabile per chiunque il Paese. Meglio rischiare di perdere ma sapere che il vincitore potrà governare, che candidarsi ad un mercato delle vacche il giorno dopo il voto, cosa che allontanerebbe ancora di più i cittadini dalla politica. Il modello tedesco, come ha argutamente sottolineato il professor D'Alimonte, ci porterebbe da Berlino a Weimar.

Se non si vuol tenere la legge attuale, quindi, l'unica alternativa è il modello spagnolo, quello dei piccoli collegi che favoriscono i partiti maggiori e portano con sé una naturale alta soglia di sbarramento. Altrimenti, Franceschini e Bersani hanno già pronta la soluzione del doppio turno alla francese che - come diceva Tatarella - darebbe alla sinistra un vantaggio incolmabile.
Di Paolo

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