12/10/11

Alcune semplici riflessioni sull'etica, la scienza, il diritto e il senso della vita umana










Mettiamo le cose in chiaro. La vita è un bene disponibile o indisponibile? Il problema di fondo allora è quello di stabilire prima di tutto se la vita è un diritto oggettivamente assoluto valido per tutti, nessuno escluso oppure un valore, relativo alla volontà del singolo soggetto-persona. Ma chi può essere definito persona a tutti gli effetti e soprattutto c’è da chiedersi, chi può stabilirlo. La legge, i giudici, mah un mistero. O forse no, in realtà ultimamente stiamo assistendo ad una mutazione culturale del nostro ordinamento giuridico, da sempre regolato da un sistema basato sulla legge positiva che a quanto pare invece sta piano, piano trasformandosi in un altro, molto simile al common law anglosassone. Dove a farla da padrone, non sono le leggi positive stabilite dal parlamento quanto le decisioni del giudice che caso per caso, giudizio per giudizio, crea le leggi. Ma procediamo per ordine. Partiamo dalla vita e citiamo per esempio, un documento a caso: la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948. In essa a proposito dei diritti fondamentali, tra i quali la vita, l’art. 30 stabilisce che “nulla nella presente dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati”. Sappiamo inoltre che ai sensi dell’art.2 della nostra Cost. tra i diritti fondamentali, inviolabili, assoluti, fondamentali, il primo avente validità assiologica è proprio il diritto alla vita. E infine, come potremmo non citare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e gli art.1,2e 3 posti rispettivamente a tutela dell’inviolabilità della dignità umana, del diritto alla vita “ogni individuo ha diritto alla vita” e dell’integrità della persona? A quanto pare, gli interrogativi sono tanti, il che vuol dire che la nostra società si dibatte quotidianamente in mezzo a innumerevoli questioni che non riesce a risolvere unanimemente, nonostante l’estrema semplicità dei contenuti di valore dei principi universali, sanciti dai comuni ordinamenti internazionali. In proposito ho trovato molto interessante, il punto di vista dell’arcivescovo Carlo Caffarra, secondo il quale oggi, l’uomo vive una vera e propria rivoluzione culturale che subordina “la ragionevolezza pratica alla sola ragionevolezza tecnica o scientifica”. Con il risultato di avere inferto un colpo mortale alla ragione e di avere del tutto smarrito il punto di vista centrale dell’etica che avrebbe al contrario dovuto mantenere, una sua autonomia di senso per garantire il raggiungimento dell’obiettivo del bene comune dell’uomo. Quanto detto, non è poco anzi direi essenziale, soprattutto considerando da un lato che il “sequestro” della ragionevolezza etica da parte della ragionevolezza tecnica, è il frutto della loro mancata interazione; e dall’altro che questa stortura a sua volta sta generando, una cultura tecno-centrica riduttiva, peraltro portata ad escludere del tutto le innate capacità razionali dell’uomo. Fa bene, l’arcivescovo Caffarra a segnalare il grande pericolo nel quale ci stiamo tutti imbattendo ovvero la costruzione di una realtà nella quale l’etica è decontestualizzata. Nella quale come sottolineato da una Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede del 2002, è gravemente compromessa “l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona”. La verità prosegue la Nota è che “esistono esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili” alle quali dovrebbero adeguarsi le “attività politiche” per la “realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato”. E’ altrettanto vero come rileva Anna Arendt che allo stato attuale, l’enorme accrescimento del sapere umano e del suo potere nei confronti della natura si è talmente evoluto da essere quasi in grado di “distruggere tutta vita organica sulla terra”. Infatti la scienza ormai ci consente di riprodurre artificialmente alcuni “processi che non si verificano sulla terra” e di “agire su di essa dall’esterno”. Il punto è che il nostro nuovo potere creativo, ci sta spingendo oltre sino a “produrre nuovi elementi mai trovati in natura” e perchè no forse anche lo stesso “miracolo della vita”. Sembrerebbe fantascienza, eppure “abbiamo già “cominciato a popolare lo spazio che circonda la terra con stelle artificiali creando, per così dire, in forma di satelliti, nuovi corpi celesti”. Non c’è dubbio quanto tutto questo sia di per sé affascinante e attraente per la mente umana, tuttavia rimane in piedi il quesito di fondo: il ruolo dell’essere umano. In una scala di valori, quale posto gli spetterebbe? A mio parere la logica ispiratrice, dovrebbe comunque tenere ben saldo il principio fondamentale della tutela della dignità, non negoziabile e strumentalizzabile in nessuna circostanza, al fine di scongiurare le tragiche violazioni ben conosciute nella passata epoca del Nazionalsocialismo. Senza pertanto smarrire il senso della libertà individuale, l’uomo non dovrebbe perdere mai di vista il significato originario della sua dignità; così come formulata dalla stessa tradizione costituzionale europea con un preciso significato oggettivo, riferibile a qualunque essere umano in qualunque fase della sua esistenza, dal concepimento alla morte naturale.
D’altronde seguendo il concetto laico della indisponibilità della vita umana, non dovrebbe essere tanto difficile riuscire a pensare in termini kantiani e concludere che “l’uomo non può disporre di se stesso” distruggendo anche la propria esistenza.
dott.ssa Silvia Bosio
Dottore di Ricerca in Bioetica
U.C.S.C. Roma

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