23/12/11

Natale: lo stupore, la gioia, l’attualità e la pace


Un concetto cardine nel grande patrimonio di studi che ci ha lasciato il fenomenologo delle religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986), è quello di ierofania: termine che lui utilizza per indicare la religione intesa come «esperienza del divino o del sacro». Il vocabolo – di per sé – non comporta alcuna ulteriore specifica e tende a denotare una realtà completamente altra rispetto a quella empirica, ovvero al profano, all’hinc et nunc tipico del nostro mondo sensibile e materiale, in cui però l’alterità del sacro si manifesta – appunto – attraverso la ierofania.

Nella storia delle religioni, qualunque manifestazione del sacro o evento percepito come tale crea stupore e, in effetti, lo stupore è forse la prima predisposizione d’animo che ci aiuta a cogliere il senso del Natale.
Papa Benedetto XVI, nell’omelia della Messa nella Notte di Natale del 2010 così affermava: «Il Vangelo di Natale ci racconta, alla fine, che una moltitudine di angeli dell’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14). La Chiesa ha amplificato, nel Gloria, questa lode, che gli angeli hanno intonato di fronte all’evento della Notte Santa, facendone un inno di gioia sulla gloria di Dio. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. Ti rendiamo grazie per la bellezza, per la grandezza, per la tua bontà, che in questa notte diventano visibili a noi. L’apparire della bellezza, del bello, ci rende lieti senza che dobbiamo interrogarci sulla sua utilità. La gloria di Dio, dalla quale proviene ogni bellezza, fa esplodere in noi lo stupore e la gioia».
Purtroppo, oggi, lo stupore e la gioia che da esso ne deriva non sono atteggiamenti scontati, tant’è che ancora il Papa nella catechesi pre-natalizia all’Udienza generale del 21 dicembre 2011 ha così affermato: «Facciamo in modo che, anche nella società attuale, lo scambio degli auguri non perda il suo profondo valore religioso, e la festa non venga assorbita dagli aspetti esteriori, che toccano le corde del cuore. Certamente, i segni esterni sono belli e importanti, purché non ci distolgano, ma piuttosto ci aiutino a vivere il Natale nel suo senso più vero, quello sacro e cristiano, in modo che anche la nostra gioia non sia superficiale, ma profonda».
E, ancora per questo motivo, il sacerdote cattolico Michel Quoist (1921-1997) in un suo componimento poetico il cui titolo non casuale è Il dono dello stupore, così invocava: «Fa’, o Signore, che non perda mai il senso del sorprendente. Concedimi il dono dello stupore! […] Signore, insegnami a fermarmi: l’anima vive di pause; insegnami a tacere: solo nel silenzio si può capire ciò che è stato concepito in silenzio».
Lo stupore dell’evento storico della nascita di Gesù Cristo, del sacro che quindi irrompe nella storia umana, non è tuttavia confinabile a un solo fatto collocabile nella storia, ma si riattualizza e rinnova ogni anno con la celebrazione del Natale. Per il cristiano il Natale non è quindi un semplice anniversario, ma un fatto odierno. Ce lo ricorda ancora Papa Benedetto XVI nell’Udienza del 21 dicembre: «Il Natale, infatti, non è un semplice anniversario della nascita di Gesù, è anche questo, ma è di più, è celebrare un Mistero che ha segnato e continua a segnare la storia dell’uomo – Dio stesso è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14), si è fatto uno di noi –; un Mistero che interessa la nostra fede e la nostra esistenza; un Mistero che viviamo concretamente nelle celebrazioni liturgiche, in particolare nella Santa Messa».
Ciò che quindi rinnova e rende presente oggi la ierofania del Natale, rendendola attualissima, è la liturgia: «Nella Santa Messa della Notte di Natale, ripeteremo come ritornello al Salmo Responsoriale queste parole: “Oggi è nato per noi il Salvatore”». L’avverbio di tempo «oggi», che ricorre molte volte e con insistenza nelle celebrazioni natalizie e del tempo di Natale, non è casuale, e il Papa ce ne rivela il suo preciso significato: «Nella Liturgia tale avvenimento oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo e diventa attuale, presente; il suo effetto perdura, pur nello scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli […] la celebrazione del Natale rinnova la certezza che Dio è realmente presente con noi, ancora “carne” e non solo lontano: pur essendo col Padre è vicino a noi. Dio, in quel Bambino nato a Betlemme, si è avvicinato all’uomo: noi Lo possiamo incontrare adesso, in un “oggi” che non ha tramonto».
L’attualità del Natale, la sua efficacia nel tempo presente, rinnovano e rendono attuale pure il messaggio degli angeli nella Santa Notte: «Pace agli uomini che egli ama» (Luca 2,14), la cui traduzione latina, utilizzata nella liturgia e che risale a san Girolamo (347 ca.-420), suona: «Pace agli uomini di buona volontà».
Tale pace è il dono cui il mondo, l’umanità intera e ogni singola persona tanto anelano, ma perché la pace regni ovunque e nel nostro cuore occorre che il Natale dall’evento storico della Notte Santa passi all’oggi, e dall’oggi alla quotidianità della nostra vita in hac lacrimarum valle. Così infatti scrive la poetessa americana Helen Steiner Rice (1900-1981): «La pace verrà sulla terra per rimanere, quando vivremo il Natale ogni giorno».
Lo stupore di fronte al Bimbo divino che si fa uomo e irrompe oggi nella storia del mondo – e di ognuno di noi – e la pace che Egli porta ci accompagnino in questo Natale e in tutta la nostra esistenza.
È questo il mio augurio; dunque, di cuore: Buon Natale!
Andrea Menegotto

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