23/02/12

Si fa presto a dire "Parco" (l'inefficacia delle leggi su carta)









Recentemente ho avuto modo di partecipare ad un discorso relativo alla possibilità che uno splendido tratti di costa della Sardegna diventi Area Marina Protetta.



E' necessario fare una premessa. I parchi e soprattutto la visione degli stessi hanno subito una evoluzione nel corso del tempo. Inizialmente, e si parla della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, un parco era visto come una teca di vetro: nessun intervento umano al suo interno, nessuna gestione, completa autoregolazione naturale. Ciò che si è visto però è che in questo caso il parco è considerato come una realtà lontana, distaccata dall’uomo e soprattutto senza benefici economici. Il succo del discorso è che è inutile recintare una zona pregiata e dire “Da oggi qui non si entra, non si fa questo e non si fa quello”. L’evoluzione dei parchi è andata quindi verso una maggior fruibilità (non si dimentichi il valore estetico: che senso ha avere un bel bosco protetto se non lo si può visitare?).



Uno dei maggiori passi in questo senso è stata la zonazione dei parchi, con aree soggette a diversa regolamentazione e protezione, dalle più periferiche e fruibili alle più centrali con divieto di accesso e massima protezione. Detto ciò, le occasioni fanno l’uomo ladro, è una gran furbizia nascondere la proprio furbizia, il mondo è fatto di scale e i furbi prendono l’ascensore, e chi più ne ha più ne metta. Possono esistere tutti i parchi del mondo, tutte le forme di protezione possibili, ma ci sarà sempre qualcuno che, alle spese degli altri, farà il furbo e aggirerà le leggi. Se istituisco zona di protezione assoluta una grotta perché ci vanno a dormire i dentici da 12 kg, ci sarà sempre qualcuno che ci va di notte a prenderli; se a livello nazionale dico “le cicale di mare non si possono catturare”, ci sarà sempre qualcuno che ci si fa gli spaghetti.



La motivazione della discussione è la presenza di ingenti, meravigliose colonie di corallo rosso (Corallium rubrum). Questa specie, che per un soffio nel 2007 non è entrata sotto protezione globale, è protetta a livello europeo dalla Direttiva Habitat in allegato V (“specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione”).



Il comune subacqueo ed il privato non autorizzato non possono raccoglierlo; inoltre, in Sardegna è vietata la raccolta a profondità inferiori agli 80 metri (e quindi le colonie in questione sarebbero al sicuro da questo punto di vista perchè si trovano a profondità inferiori).



Sulla carta dunque, il nostro corallo sembrerebbe protetto. Ma le leggi sulla carta non proteggono a sufficienza, come esemplificato in precedenza.



Purtroppo, per quel che mi riguarda, l’unico modo per salvaguardare un determinato spot con qualcosa di particolarmente raro (che sia il cranio di una foca monaca, un ramo di corallo nero o un cavalluccio) è il silenzio. Questo potrà sembrare un controsenso visto che prima abbiamo detto “che senso ha avere un bel bosco protetto se non lo si può visitare?”, ma tant’è, per la fruibilità del grande pubblico basterà mostrare le specie più comuni e meno sensibili. Non tutti i visitatori del parco d’Abruzzo vedono l’orso o il lupo, eppure sono contenti dell’incontro col cervo. Purtroppo questa mia politica (egoistica quanto si vuole) è poco compatibile con certe attività economiche (es. diving), ma non si può avere tutto dalla vita. Ritengo comunque lodevole l’esigenza di un parco “dal basso” e non imposto.



Marco

2 commenti:

  1. Purtroppo in Italia i parchi sono protetti solo sulla carta.
    Abbiamo dei bellissimi parchi di carta, per citare Greenpeace.
    Una carta di convenzioni scritte con inchiostro simpatico, che di notte scompare insieme ai dentici dalle grotte.
    Io credo che la tua "politica" non sia affatto egoistica, anzi credo sia l'esatto contrario; la tua visione è quella di una persona che ha talmente a cuore la Natura, da preservarla in ogni modo. Anche col silenzio, se necessario.
    Un silenzio che non sa di egoismo, ma di tutela, rispetto e protezione.
    Le attività economiche non si accontenteranno mai del cervo, ma forse i singoli sì.
    Sicuramente sì, se continuerà ad esistere una divulgazione come la tua.
    Alcune persone dicono di volere salvare il mondo, altre lo fanno davvero. A volte, semplicemente, stando in silenzio.

    Bell'articolo, Marco!
    Bravo Davvero.

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