03/04/12

The Lady: un film su Aung San Suu Kyi, proprio mentre viene eletta


Per una singolare coincidenza, nei cinema italiani è possibile vedere in questi giorni The Lady, il film di Luc Besson che racconta la storia della leader dell’opposizione birmana e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, che proprio l'altro ieri, grazie alle elezioni vinte con un plebiscito, andrà finalmente in Parlamento in Myanmar, dopo un'attesa di oltre vent'anni. Nel 1990 aveva già trionfato, ma la giunta militare l'aveva messa agli arresti domiciliari. Si tratta, dunque, di un'occasione per conoscere la vicenda umana e politica di una donna coraggiosa e tenace, della sua lotta pacifica, che coincide in parte con la storia recente di un popolo che vive dal 1988 sotto un regime repressivo come pochi altri; regime che in questi ultimi tempi, grazie soprattutto all'attenzione riservata dai media mondiali proprio alla San Suu Kyi, sta facendo piccoli passi in avanti per riformarsi e sottrarsi così anche all'isolamento internazionale. Vista in quest'ottica, la pellicola — che non colpisce particolarmente dal punto di vista prettamente cinematografico — ha comunque un valore pedagogico, perché porta all'attenzione del grande pubblico su un pezzo di mondo lontano e prova tenere alta l’attenzione sul delicato e attualissimo tema dei diritti umani.

Besson sceglie di raccontare questa moderna eroina in modo convenzionale, dal punto di vista familiare: il rapporto di Aung San Suu Kyi (interpretata da una brava Michelle Yeoh) con il marito inglese Michael Aris (David Thewlis), inglese, docente a Oxford, con i due figli. Un taglio interessante, ma esplicitato in modo fin troppo oleografico per un regista visionario e amante dell’azione. Il film comincia con la protagonista bambina tra le braccia del padre, acclamato leader nazionalista, che le racconta, la mattina stessa in cui verrà assassinato, una nostalgica favola sulla Birmania di un tempo passato. La ritroveremo subito dopo donna ormai matura, richiamata in patria nel 1988 dalla malattia della madre, catapultata d'improvviso nelle vicende politiche di un Paese scosso dalla violenta repressione del regime appena salito al potere.

Il film sorvola su come un’anonima casalinga di Oxford diventi di colpo leader dell’opposizione all’altro capo del mondo, sacrificando, oltre alla sua libertà, la famiglia, gli affetti più cari. Di sicuro c'è solo l’eredità morale del padre che incombe, ma non è chiaro se precedentemente la donna sia stata impegnata in attività politiche a sostegno delle lotte del suo popolo oppresso. Nell’intento di celebrare l’audacia della protagonista, Besson non evita alcune trappole del racconto agiografico. L’eccezionalità riconosciuta di Aung San Suu Kyi — i cui arresti domiciliari, ventidue anni complessivi, sono stati revocati l’ultima volta solo nel novembre del 2010 — avrebbe richiesto uno sforzo creativo al di là del semplice racconto biografico.

The Lady resta comunque un film di ottima fattura, godibile, capace di far riflettere. E con quest'opera il cinema offre un prezioso contributo alla conoscenza di un personaggio importante del nostro tempo e della sua alta testimonianza civile. Il suo carisma, la sua forza, la sua determinazione nel perseguire l'obiettivo senza piegarsi a compromessi ma anche senza l'uso della violenza — dopo l'esito del voto la “Signora” ha invitato i suoi sostenitori a festeggiare “in maniera dignitosa” — costituiscono una lezione per tutti. E, visti i risultati, danno speranza a quanti sono impegnati in analoghe battaglie in difesa della dignità dell'uomo, dei suoi diritti, della democrazia. 
Gaetano Vallini

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