25/05/12

Berlusconi-Alfano: nessuna svolta ma un punto d'inizio


Parliamoci chiaro. Senza mezzi termini, senza frasi fatte, senza slogan e tatticismi politici. La proposta presentata stamattina da Berlusconi e Alfano per ammodernare il paese è una buona iniziativa. Nulla di meraviglioso né di fantasmagorico come hanno detto alcuni, nulla di pessimo e già visto come hanno affermato altri.
E’ più un punto di partenza, una goccia nell’oceano rappresentato da quegli elettori moderati che negli ultimi tempi hanno perso fiducia e stima nei confronti del Pdl. “Alla gente in questo momento non frega nulla del presidenzialismo”, ha osato affermare qualcuno, con tono superbo, nella grande giungla twitteriana. E’ vero. Chi d’altronde non sarebbe d’accordo? La gente in questo momento vuole capire come arrivare alla fine del mese, come portare ogni giorno a tavola un piatto di minestra, come riuscire a pagare l’Imu se l’aliquota è cosi alta e le buste paghe così magre. Ed è un aspetto che il Pdl, se vuole risorgere, se vuole rialzare la china e tornare a dettare legge nel centrodestra, non deve assolutamente sottovalutare. La proposta Berlusconi-Alfano, infatti, sarebbe limitata, quasi inefficace, se non seguisse una politica volta alla tutela del singolo cittadino. Traduzione per i meno perspicaci: Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, se vogliono riconquistare la fiducia degli elettori persi per strada durante gli ultimi nove mesi, devono cominciare a sbattere i pugni sul tavolo del Governo delle tasse e invitare Mario Monti a seguire una politica veramente equa che non strozzi imprese e famiglie.

Accantonando momentaneamente il punto di vista di un qualsiasi elettore che fino a ieri votava Silvio Berlusconi, però, ci si può accorgere come una modifica dell’assetto costituzionale in tal senso porterebbe indubbi vantaggi capaci di contribuire alla crescita e allo sviluppo. Il requisito minimo per compiere un’analisi del genere è l’obiettività. L’ingovernabilità dell’Italia, che si è sempre contraddistinta per avere partiti da prima repubblica, pur essendo al tramonto della seconda, è un problema storico. Dalla Costituente ad oggi abbiamo assistito a Governi deboli della durata media di 10 mesi, eccezion fatta per i Berlusconi bis e quater, soggetti al volere di pochi che contrattavano poltrone nelle stanze dei bottoni in cambio di voti in Parlamento. Così nacquero tanti Esecutivi. E’ risaputo, anche se l’opinione pubblica ha fatto sempre finta di nulla. E il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Italia è un paese che attualmente non sta pagando i dieci anni di potere berlusconiano, ma i quarant’anni di giochi vili fatti sulla pelle dei cittadini.

Cosa cambierà, dunque, se la proposta Berlusconi-Alfano verrà portata a termine? Maggiore governabilità, monocameralismo, sburocratizzazione dei provvedimenti legislativi. E’ impensabile, d’altronde, che un provvedimento possa metterci anni prima di diventare legge. La società, soprattutto quella europea, è dinamica in maniera direttamente proporzionale alla velocità di mutamento delle sue esigenze. E un ddl che può risultare efficace nel maggio del 2012 può non essere già più così efficace a settembre.

Qualcuno potrebbe anche dire che questi non sono aspetti fondamentali per la rinascita dell’Italia. Vero, ma magari possono contribuire a rendere migliore l’azione del Parlamento nonché quella di colui che democraticamente viene chiamato a guidare il paese. Che sia di destra, di sinistra o di centro poco importa. Qui è in ballo il futuro. E il futuro non appartiene al Pdl, tanto meno al Pd o a Di Pietro. Ma a noi. 

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