25/05/12

IL GIORNO PRIMO E L’OTTAVO /24. Ma tu guarda "L'Intelligentone" marpione!


Il Grande Divorzio – 4 
Volendo essere fedele al principio metodologico per cui i fatti, la storia, precedono la riflessione e non viceversa, comincio proprio dal racconto del nuovo incontro, facendo un passo indietro. Mentre, seduto sul bus, il nostro Lewis compiva il viaggio dalla città al luogo meraviglioso, una sorta di purgatorio, si era trovato accanto un personaggio. Lo aveva definito dentro di sé “L’Intelligentone”, a motivo del suo aver una risposta ad ogni domanda e un aver una idea ben chiara di tutto.
In particolare, il loro discorso aveva riguardato la città dalla quale erano partiti e che ora il bus fantastico stava sorvolando: essa si spandeva a perdita d’occhio sotto di loro, grigia e tremendamente vuota, almeno a prima vista. L’Intelligentone aveva spiegato a Lewis la caratteristica principale della vita in quel posto: ognuno dei suoi abitanti riteneva fondamentalmente insopportabile la presenza e la vicinanza degli altri, perché ciascuno supponeva di bastare a se stesso. Ecco il motivo per cui la città era tanto vasta e apparentemente deserta: ogni cittadino ...
andava a costruirsi la casa lontano dagli altri, essendo così costretto ad allontanarsi sempre più, e dovendo spostarsi ancora ogni qual volta si ritrovava nuovamente circondato da altri. Le vie vuote erano state una volta affollate da gente che vi aveva abitato per un tempo brevissimo, per poi andarsene ai primi accenni di mal sopportazioni, litigi, lotte. Persone ce n’erano dunque tantissime, ma di relazioni nessuna! 
L’Intelligentone, da parte sua, ha escogitato un piano: 


«È la scarsità che consente alla società di esistere. Bene, qua è dove entro in gioco io. Io non sto facendo questo viaggio per motivi di salute. Finchè va avanti così non penso che mi aggradi molto. Ma se posso tornare indietro con delle reali comodità – qualsiasi cosa che lei possa realmente comprare o bere o usare per sedercisi sopra – ecco che d’un colpo si avrebbe una domanda giù nella nostra città. Comincerei una piccola attività. Avrei qualcosa da vendere. La gente comincerebbe ad abitare nelle vicinanze: centralizzazione. Due strade completamente disabitate verrebbero sistemate per quelle persone che adesso sono sparse su un milione quadrato di miglia di strade vuote. Farei un simpatico profitto e sarei anche un benefattore.» 


Per questo stava facendo quel viaggio: sperava di trovar finalmente quella merce misteriosa! 

Lewis ritrova L’Intelligentone nel nuovo mondo: ora gli appare però come uno Spettro, che, come gli altri, procede a fatica e con precauzione nel giardino "consistente". Lewis lo segue con attenzione e guarda cosa sta facendo. In particolare, nota che ha finalmente trovato ciò che cercava. Si trova infatti sotto un albero di squisite mele: belle come solo in quel luogo possono essere, e della stessa pesante consistenza di tutto ciò che c’è attorno. Il problema dell’Intelligentone è che è appunto uno spettro inconsistente: non riesce quindi a rubare tante le mele a motivo del loro peso per lui insopportabile. Alla fine, si accontenta di raccogliere con grandissimo sforzo la mela più piccola e, col tesoro in tasca, cerca di portarsi di nuovo al bus per tornare nel mondo da cui è venuto. Mentre lo fa, uno Spirito, un angelo della forma di una bellissima cascata d’acqua, si rivolge all’Intelligentone gridandogli: 


«Pazzo, mettila giù. Tu non puoi portarla indietro. Non vi è posto per essa all’Inferno. Resta qui e apprendi a mangiare simili mele. Le stesse foglie e le lame d’erba del bosco si divertiranno a insegnartelo!» 


Sembra la scena biblica del paradiso terrestre, con una premessa che spiega l’origine del gesto improvvido del furto del frutto. La questione centrale è ancora la stessa: L’Intelligentone, come Adamo ed Eva, non guarda alla vita come un bene che gli sta davanti e che lo può mettere in relazione con il suo Creatore, ma la vede come un bene da cui trarre un profitto, impossessandosene. L’intelligenza, avviluppandosi su se stessa, è andata in cortocircuito e ha reso tutto difficile, tutto complicato, anzitutto per se stessa. Vi invito a non fare l’errore di trasformare la questione con una semplice deduzione moralistica, psicologica o metodologica, del tipo che bisogna mantenere un equilibrio tra intelligenza e sguardo sulla realtà o via di seguito. Non è questione di equilibrio. È che l’intelligenza può condurre alla verità solo se si sottomette al semplice messaggio della realtà, solo se capisce che la realtà (non intesa qui come il frutto dei comportamenti umani!) è la porta di accesso alla relazione con l’Autore di tutto. L’intelligenza e la vita sono compiute solo se portano al passo decisivo e libero del voler stabilire una relazione di riconoscenza con Dio. 

L’intelligenza, ben utilizzata, non potrà mai essere neutra, ma solo veritiera. 

E la realtà stessa non è neutra, né frigida, né solo misurabile: è già un atto d’amore, che solo la concupiscenza e la perversione non sono più capaci di gustare. Anziché gioire per il fiore splendido e lodarne il Fattore, abbiamo pensato che fosse “umano” coglierlo, prenderlo, usarlo. E s’è seccato in mano. 

Atto d’amore di Chi?! 

Don Alberto

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