18/05/12

Quel carabiniere mi disse: "I diversi siete voi etero"

Ricevo e pubblico una lettera pervenutami nella giornata di ieri. A voi lascio il giudizio e le considerazioni.

Gent.mo ********, 
oggi per la prima volta nella mia vita mi sono sentito discriminato. E’ la giornata internazionale contro l’omofobia. Una manifestazione giusta che serve a sensibilizzare la società su un argomento scottante quale la discriminazione nei confronti di quelle persone che hanno orientamenti sessuali fuori dalle convenzioni naturali.
Non ho mai avuto problemi nei confronti delle persone gay. Questo perché la mia educazione - la mia famiglia è molto cattolica - è stata decisamente rigida, impostata sui  valori della carità, della solidarietà, della speranza, ma soprattutto del rispetto per l’individuo come essere vivente, come vita preziosa che ha il privilegio di passare per il nostro mondo. 

Se vedessi due omosessuali baciarsi per strada non so come mi comporterei. Probabilmente storcerei il naso. E non perché rifiuto l’idea che due persone dello stesso sesso possano amarsi, piuttosto perché sarebbe difficile, e forse fuorviante, spiegare a mio figlio di appena 5 anni come mai due maschi o due femmine si baciano e si amano. 

Pensa, l’altro giorno ho dovuto spiegargli perché il suo compagnetto preferito aveva due papà piuttosto che una mamma e un papà come lui. “Anche io voglio due papà”, mi ha detto. Ma come faccio a dirgli che avesse avuto due papà non sarebbe mai nato? Così ho detto lui che la mamma di Andrea, il suo amichetto di scuola, era volata in cielo con gli angioletti per aiutare Gesù e che il suo papà era andato al mercato, ma le mamme erano finite. 

Luigi, mio figlio, mi ha guardato. All’inizio estasiato dal mio racconto. Poi si è messo a pensare con il dito poggiato sulle labbra e lo sguardo rivolto all’insù. E’ stato un attimo, roba di qualche secondo. “Sai papà, però, a me va bene così com’è. Tu non sai - mi ha detto - quanto piange Andrea quando va al bagno, perché tutti gli altri compagnetti lo prendono in giro. E io non voglio piangere”. 

Ritornando a noi, caro *****, ti dirò che al momento sono molto contrariato nel pensare che un giorno due persone omosessuali possano sposarsi. Dove andranno a finire tutti quei valori dei quali le famiglie italiane si sono fatte per secoli portatrici? Dove andrà a finire la società se non ci sarà più la procreazione? Andrà tutto in malora? Ci estingueremo? Magari non è un discorso che riguarda me, ma quelli che verranno dopo, quelli che vivranno tra 150 anni. Che fine faranno?

Ebbene, io credo che i miei siano dubbi legittimi, domande esistenziali che una persona, amante della riflessione, si pone con naturalezza. Cosa faccio di male, in fondo? Magari domani cambierò idea, magari penserò che il matrimonio tra due persone dello stesso sesso è una cosa legittima. O magari no. Magari continuerò a domandarmi perché insistere nel voler rendere legale un atto che rappresenta solo il sigillo dell’amore, non il fulcro. 
Agli omosessuali la società non impedisce di amarsi. Oppure no? Non siamo mica in Iran dove l’omosessualità è un reato punito con la condanna a morte. Siamo in Italia. C’è la democrazia, la libertà di pensiero, il libero arbitrio, l’autodeterminazione dell’individuo e tanti altri principi che rendono la vita dipendente dalla nostra volontà. 

Eppure, amico mio, non ci crederai ma stamattina, entrando in un bar, sono stato insultato. Deriso, schernito, ingiuriato, vilipeso per il semplice motivo di aver esposto il mio pensiero. E non credo sia dipeso da come mi sono posto. Mi conosci, lo sai che l’educazione e il rispetto sono i capisaldi della mia quotidianità. Ma non c’è stato nulla da fare. Mi hanno dato del malato, del nazista, del razzista. Uno mi ha detto che ero come Stalin ai tempi delle purghe, un altro che quelli come me erano da appendere a piazzale Loreto. E ancora. C’è anche chi ha augurato il peggio del peggio per mio figlio, per mia madre, per mia moglie. Che erano quelli come me ad essere anormali, fuori dal mondo. Per farla breve, mi hanno dato dell'omofobo. Il tutto, solo per aver espresso una mia opinione in modo gentile e rispettoso delle altrui idee, senza offendere la dignità degli omosessuali, senza usare appellativi di strada per definire quelle che in fin dei conti sono persone come me, esseri viventi che hanno dei sentimenti, che sentono la gioia e percepiscono il dolore. 

Al peggio, però, non c’è mai fine. Uscito dal bar ero distrutto. Mi sentivo come una donna appena violentata dal suo aguzzino, dilaniato da parole spregevoli e prive di senso. Avrei voluto sparire dalla faccia della terra in quell’istante. Sembrava quasi che la gente mi leggesse nel pensiero, che sapesse quali erano le mie idee, i valori dei quali mi son sempre fatto portatore. Ad un certo punto sulla strada ho incontrato un carabiniere.

L’ho fermato, supplicato di ascoltarmi, implorato di comprendermi. Gli ho raccontato per filo e per segno cosa era successo, per sapere in che modo la giustizia avrebbe potuto punire quei seviziatori psicologici. Lui mi ha guardato, forse con commiserazione e compatimento. Poi mi ha risposto:”Sa, se lei era gay non c’era solo l’aspetto diffamatorio, ma anche quello discriminatorio. Purtroppo, però, lei è etero. E questo fa la differenza. Se vuole denunciare, faccia pure, ma sappia che in questo campo non solo non esiste nulla a livello legislativo, ma è pure difficile trovare un giudice a Berlino. I diversi, ormai, siete voi”.

L.P.

P.S. Ovviamente la lettera è frutto della fantasia dell'autore. Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Anche se ben presto potrebbe non essere più così.

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