01/12/11

Immigrati, dopo l’emergenza nuove proposte per l’accoglienza del 2012

Passata la fase critica dal Nord Africa, dal consorzio Connecting People alcune proposte per migliorare il sistema: contributo di accoglienza ai comuni, rimpatri assistiti, corsi di legalità e cittadinanza nei centri, sponsor per l’inserimento lavorativo
ROMA – Passata la fase emergenziale dell’arrivo dei profughi dal Nord-Africa in Italia è necessario ragionare sul futuro per provare ad innovare l’intero sistema di accoglienza, dai servizi offerti ai migranti fino al rapporto fra gli enti gestori dei centri, la politica e le istituzioni. Un primo passo in questo senso potrebbe essere la previsione, sui nuovi contratti di gestione dei centri di medie e grandi dimensioni, di un contributo di accoglienza concesso ai comuni, di risorse destinate alla promozione della legalità e della cittadinanza, di fondi per i rimpatri assistiti e di misure che favoriscano la “sponsorizzazione”, da parte dei gestori dei centri, di un certo numero di rifugiati nel loro percorso di inserimento lavorativo. A metterlo in evidenza è Mauro Maurino, consigliere del Consorzio Connecting People, che gestisce in tutta Italia numerose strutture e servizi per migranti (fra di essi numerosi Cara e Cie) e rappresenta venti realtà fra consorzi, cooperative sociali e sanitarie, associazioni.
Nel giorno in cui prende il via il convegno “Fermata Piemonte: raccontare l’accoglienza, disegnare l’integrazione”, in cui sarà raccontata l’esperienza dell’accoglienza del Consorzio (15mila persone in tutta Italia, 11mila solo a Manduria, in Puglia, con 450 presenze in Piemonte), Maurino fa il punto della situazione sulla “ormai chiusa” emergenza della scorsa primavera, ricorda che “l’Italia non ha un sistema di asilo capace di gestire un simile flusso di richiedenti” ma che “oggi siamo tornati in una fase di ordinarietà”, che durerà probabilmente fino alla prossima primavera, quando il fronte potrebbe – complice il bel tempo – riaprirsi. C’è spazio dunque per un bilancio di ciò che è stato: “L’emergenza è caduta in una condizione di vuoto assoluto della politica, con i partiti impegnati a pensare ad altro, dai tagli alla crisi economica. Per questo ha mancato di lucidità ed è stata a guardare, come per paura di sporcarsi le mani”. Un contesto in cui “chi ha avuto la responsabilità di assumere delle decisioni lo ha fatto in assoluta solitudine”, con una sostanziale passività anche dei comuni e delle loro associazioni: “Decisioni prese dall’alto, spesso sulla testa dei sindaci”.
Se i comuni – dice Maurino – “devono decidere per il futuro se vogliono essere protagonisti o meno delle politiche migratorie”, spunti interessanti per migliorare il sistema complessivo di accoglienza vengono anche dal rapporto fra gli enti gestori dei centri da un lato e gli enti di tutela dall’altro, con questi ultimi finora chiamati solamente ad un’attività ispettiva nei confronti dei primi: il consigliere di Connecting People auspica occasioni di confronto che siano slegate dall’attività ispettiva e in cui i problemi di gestione vengono messi apertamente sul campo per individuare congiuntamente le soluzioni: “Io non ho paura di nasconderti i problemi perché non sei qui a ispezionarmi e tu non perdi le tue energie per trovare i problemi, ma insieme ci ragioniamo insieme per trovare le soluzioni migliori”. Ancora, il capitolo dei contratti e del loro contenuto: “Nel garantire i servizi – spiega Maurino – l’ente gestore può attenersi scrupolosamente alla convenzione perché la sua capacità di garantire i diritti viene misurata solo sulla qualità dei servizi che eroga: ma il problema è che ci sono diritti che non transitano attraverso i servizi”. Ecco così che non vengono considerati tutta una serie di attività, come il tempo dedicato alla promozione alla legalità o alla conoscenza del contesto sociale del territorio, che invece rappresentano un valore aggiunto fondamentale per il migrante, il richiedente asilo, il rifugiato. “Sarebbe cosa saggia che oltre al pocket money si parlasse anche di questi elementi e si spingessero gli enti gestori ad investire in questa direzione”. Il che rafforzerebbe, fra l’altro, anche la tendenza a disegnare un sistema che segni il passaggio dai grandi centri – che nella prima fase di permanenza in Italia sono necessari – a strutture più piccole e raccolte come le comunità alloggio in cui indirizzare i rifugiati quando hanno acquisito le competenze necessarie a vivere pienamente nella società che li ospita.
Nel dettaglio, poi, Maurino formula quattro proposte concrete che potrebbero cambiare il quadro dell’accoglienza del 2012. In primis, un contributo di accoglienza che sia indirizzato al comune dove questa avviene: “Non è possibile – dice Maurino - che a fronte delle grandi risorse stanziate per l’emergenza non ci sia nulla che finisca ai comuni”. La realizzazione, con quelle risorse, di un Fondo per le politiche sociali destinato a tutto il territorio interessato avrebbe il grande vantaggio, ad esempio, di dimostrare a tutti i cittadini che la collettività tutta può trarre anche un vantaggio concreto dall’accoglienza. Contestualmente, si potrebbero attuare – propone il consigliere di Connecting People – piani di rimpatrio assistito per quei migranti che ritengono fallito, o semplicemente, concluso il loro progetto migratorio ma che non hanno i mezzi per tornare a casa. Terza proposta: che nella seconda fase dell’accoglienza vengano garantite all’interno dei centri attività di promozione della legalità e della cittadinanza. Infine, il recupero del concetto di sponsorizzazione: “Oggi – spiega Maurino - nelle gare sui contratti dei centri governativi il gestore acquisisce un punteggio maggiore se si dice disponibile a non farsi pagare la quota del 10% di presenze oltre la capienza massima del centro”. “Cambiamo questa clausola – propone allora - e trasformiamola in una clausola di sponsorizzazione chiedendo al gestore di impegnarsi nell’arco di 60 giorni, con azioni concrete, a trovare un inserimento professionale ad una certa percentuale delle persone che ottengono lo status di rifugiato o la protezione umanitaria”. Se tutti o alcuni di questi punti venissero messi in pratica, compatibilmente con una valutazione positiva della loro ricaduta rispetto ai singoli centri interessati, ci si troverebbe di fronte – dice Maurino – “ad una concreta innovazione del sistema di accoglienza”.
Stefano Caredda da il Redattore Sociale

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