12/01/12

La consulta boccia il referendum: ora dobbiamo salvare il Bipolarismo


I quesiti su cui la Consulta doveva esprimersi erano due: il primo chiedeva'abrogazione completa della legge del 2005 (il cosiddetto "Porcellum"). A parere dei promotori, una vittoria dei sì al referendum non avrebbe creato un vuoto legislativo ma avrebbe fatto tornare automaticamente in vigore la legge precedente, il cosiddetto ''Mattarellum'' che dal 1993 assegnava il 75% dei seggi col sistema uninominale maggioritario e il restante 25% col proporzionale. Il secondo quesito, presentato come una sorta di paracadute in caso di bocciatura del primo, abrogava solo alcune parti della stessa legge del 2005.
I giudici della Corte Costituzionale erano chiamati a valutare in prima istanza se la richiesta referendaria fosse ammissibile o meno, e poi a verificare le condizioni di omogeneità e di non contraddittorietà dei due quesiti. Ma il nodo cruciale era, in sostanza, uno solo: decidere se l'eventuale abrogazione della legge elettorale vigente lascia o meno un vuoto legislativo impedendo così nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento. Ed è stata quest'ultima considerazione quella decisiva ai fini del giudizio finale sull'ammissibilità dei referendum.
Già da alcuni giorni erano trapelate indiscrezioni sulla possibile bocciatura dei quesiti, seppure accompagnata da alcune indicazioni di metodo rivolte a Camera e Senato per una riforma dell'attuale legge elettorale.
Indiscrezioni poi confermate stamani, in linea con la tradizione dei pronunciamenti della Consulta, da sempre contrari ad ammettere quesiti abrogativi di una legge elettorale. Una giurisprudenza consolidata che non è stata influenzata nemmeno questa volta dal percorso "innovativo" indicato da diversi costituzionalisti vicini alla sinistra.
Ma l'abc della giurisprudenza dice, in tutti i campi del diritto, che l'abrogazione di una legge non implica automaticamente il ripristino di quella precedente. Ma se anche fosse stata accolta la tesi del ritorno al Mattarellum, la vecchia legge non sarebbe stata ugualmente in grado di funzionare, dal momento che i collegi uninominali non sono stati ridisegnati.
Il sì ai referendum, dunque, avrebbe avuto solo una motivazione politica. Comunque sia, tutti i partiti si dicono concordi sulla necessità di riformare la legge elettorale, e la bocciatura dei referendum apre uno spazio temporale sufficiente per trovare un'intesa, anche se le posizioni di partenza sono molto diversificate, sia fra le forze politiche che all'interno di esse.
Il Pd ha proposto di aprire un tavolo all'interno della maggioranza che sostiene il governo Monti (con Pdl e Terzo polo) facendo infuriare Di Pietro, e c'è chi suggerisce un patto preventivo fra Pdl e Pd partiti per non rinunciare a un sistema elettorale che favorisce il bipolarismo e quindi la possibilità di creare coalizioni intorno ai due maggiori partiti.
Il Terzo polo, con l'Udc in testa, è invece favorevole a una legge il più possibile proporzionale, che farebbe tornare il sistejma politici indietro di venti anni. Se la Corte avesse dichiarato ammissibili i due quesiti, o anche uno solo di essi, i partiti sarebbero stati messi con le spalle al muro, essendo costretti ad accordarsi in due mesi per scongiurare la celebrazione dei referendum, previsti dalla Costituzione tra il 15 aprile e il 15 giugno.
C'è anche un risvolto politico non secondario nel no di stamani della Consulta: sono venute infatti meno le tentazioni di favorire elezioni anticipate nella prossima primavera per evitare i referendum.
Di Paolo

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