E' significativo il voto con cui il Parlamento ellenico ha dato il via libera all'ennesimo piano di sacrifici imposto dal mondo (Ue, Bce e Fmi), in cambio di altri aiuti (145 miliardi di euro), al di là delle gravissime manifestazioni di protesta che hanno messo a ferro e fuoco la capitale ellenica. E' stata una drammatica domenica di disordini e incidenti nella bufera di un terribile inverno meteorologico e metaforico, ma un risultato è stato raggiunto con il via libera all'ultima bombola d'ossigeno per consentire ad Atene di uscire finalmente dal baratro. Ci auguriamo tutti che basti perché, a prescindere dalle simpatie di ciascuno di noi per la Grecia, c'è un grande rischio: se crolla il governo Papademos può crollare tutta l'Europa e l’Italia tornerebbe nel mirino della speculazione.
E' vero che non siamo la Grecia e che gli sforzi da noi compiuti nell'ultimo anno dai governi Berlusconi e Monti stanno già dando i primi risultati, ma dobbiamo essere, comunque, consapevoli del fatto che il nostro risanamento non può prescindere dall'ipoteca europea. Già oggi siamo in una situazione così difficile perché i poteri forti di Bruxelles (leggi: Merkel, innanzitutto) hanno ritardato i soccorsi internazionali e hanno, poi, concesso linee di credito con interessi così elevati che Atene non è in grado di pagare.
Cosa succederebbe, a questo punto, se i nuovi aiuti non fossero ancora sufficienti per evitare il default greco? Cadrebbe davvero tutto: l'euro e l'intera impalcatura monetaria messa in piedi in modo troppo affrettato. Sarebbe un disastro terribile, e in prima fila, a pagarne le conseguenze, si troverebbe anche la Germania che è il Paese commercialmente più attivo nell'eurozona. Come spiegare, allora, la miopia della cancelliera di ferro? La ragione è semplice: gli investitori di tutto il mondo (banche tedesche in primis), dovranno procedere - in cambio dell'ultimo piano di austerità varato dal Parlamento ellenico - al taglio volontario di almeno il 50% del valore nominale dei bond emessi da Atene. Un taglio già previsto, ma per ora solo sulla carta.
E' vero che non siamo la Grecia e che gli sforzi da noi compiuti nell'ultimo anno dai governi Berlusconi e Monti stanno già dando i primi risultati, ma dobbiamo essere, comunque, consapevoli del fatto che il nostro risanamento non può prescindere dall'ipoteca europea. Già oggi siamo in una situazione così difficile perché i poteri forti di Bruxelles (leggi: Merkel, innanzitutto) hanno ritardato i soccorsi internazionali e hanno, poi, concesso linee di credito con interessi così elevati che Atene non è in grado di pagare.
Cosa succederebbe, a questo punto, se i nuovi aiuti non fossero ancora sufficienti per evitare il default greco? Cadrebbe davvero tutto: l'euro e l'intera impalcatura monetaria messa in piedi in modo troppo affrettato. Sarebbe un disastro terribile, e in prima fila, a pagarne le conseguenze, si troverebbe anche la Germania che è il Paese commercialmente più attivo nell'eurozona. Come spiegare, allora, la miopia della cancelliera di ferro? La ragione è semplice: gli investitori di tutto il mondo (banche tedesche in primis), dovranno procedere - in cambio dell'ultimo piano di austerità varato dal Parlamento ellenico - al taglio volontario di almeno il 50% del valore nominale dei bond emessi da Atene. Un taglio già previsto, ma per ora solo sulla carta.
Di Paolo
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