23/03/12

Articolo 18: vecchio tabù di Sinistra che non ha creato un solo posto di lavoro

Se oggi chiedete a un giovane alle prese con l’ingresso nel mondo del lavoro che cosa sia l’articolo 18, vi risponderà con un’alzata di spalle. Quel tabù – o quello scalpo, come lo definiscono all’unisono la Cgil e Repubblica – stanno tanto a cuore alla sinistra, ma non hanno creato un solo posto di lavoro, non hanno prodotto crescita, non hanno migliorato le retribuzioni. Che sia un motivo vero o un alibi, come dice Monti, l’articolo 18 ha di fatto tagliato in due il mondo del lavoro. Da una parte garanzie rigide per i garantiti, che potevano andare bene quando lo Statuto dei lavoratori fu scritto nel 1970, e le imprese (molte delle quali pubbliche) non dovevano vedersela con la concorrenza e la globalizzazione.
Dall’altra, stabilendo una differenza tra aziende con più o meno di 15 dipendenti, l’articolo 18 ha impedito la crescita dimensionale delle piccole e medie imprese. E con la crescita, ha bloccato in momenti di crisi come adesso l’accesso al credito, alla ricerca, e di nuovo la concorrenza all’estero.

La Cgil e il Pd sono convinti che il mercato del lavoro italiano sia perfetto? Sembra di sì, visto che vanno in piazza e scioperano per difendere l’esistente. Eppure Cgil e Pd (nonché parte della Confindustria) hanno chiuso tutti e due gli occhi di fronte all’eccesso di precariato nel quale la flessibilità introdotta con la legge Biagi è stata spesso tradita. La riforma che noi appoggiamo sana questa situazione, mantenendo la flessibilità e la mobilità ma garantendo al tempo stesso che i giovani abbiano le medesime tutele degli anziani in fatto di discriminazioni, di licenziamenti illegittimi; impedendo che gli stage siano trasformati in lavoro non retribuito, che le partite Iva vengano utilizzate come dipendenti. La riforma abolisce la differenza tra piccole e grandi imprese, permettendo alle prime di crescere e svilupparsi. La riforma, inoltre, scoraggia i licenziamenti perché le indennità previste e poste a carico delle aziende sono superiori agli attuali incentivi all’esodo: tutte altre cose che andavano benissimo alla Cgil. Ecco perché è esatto dire che la riforma non è solo articolo 18. Per questo la appoggiamo e la votiamo: per creare più lavoro, per i giovani e meno garantiti. Perché il Paese non può continuare così.
Di Paolo

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