06/04/12

Aiutare le famiglie e le imprese per uscire dalla recessione


La recessione si fa sentire in tutto il Paese e in tutti i settori. Le famiglie sono costrette a risparmiare sempre meno e le imprese registrano ormai pochissimi profitti: in tutti e due i casi, gli indici sono tornati addirittura ai livelli più bassi di 17 anni addietro, ai livelli del 1995. Anche i dati di un osservatorio internazionale prestigioso come l'Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, confermano che l'Italia è in recessione già dall'ultimo trimestre dello scorso anno. Anzi, quel dato relativo al Pil, il prodotto interno lordo che misura la ricchezza nazionale, è non solo negativo (meno 0,7 per cento) ma addirittura al di sotto della media dei Paesi più sviluppati.
Tutti si aspettano, da un lato, un piano dettagliato e organico per la ripresa dell'economia e, dall'altro, la apertura dei rubinetti del credito alle famiglie e alle imprese che stanno soffocando in modo tale da rimettere in moto produzione e investimenti. Una lunga serie di mozioni e di ordini del giorno al Senato e alla Camera presentata dai rappresentanti del Popolo della Libertà mette in luce l'alto livello di preoccupazione per la stretta del credito. I parlamentari del Pdl lanciano proposte operative. Per esempio, una iniziativa su scala europea perché siano riservate misure "di favore" alle piccole e medie imprese. Oppure, un'altra iniziativa, sempre in tutta Europa, per far sì che vengano liquidati in tempi accettabili alle aziende i crediti dovuti da parte della pubblica amministrazione. Siamo in sostanza di fronte al tentativo di passare questo problema rovente, e non ancora risolto in Italia, nelle mani dell'Unione Europea, in nome non solo ed esclusivamente del rigore ma anche della crescita e dello sviluppo.

All'Europa si fa ricorso anche per chiedere che le banche siano liberate dall'obbligo di calcolare i titoli di Stato in loro possesso al prezzo di mercato e non a quello di acquisto oppure al valore nominale. In questo modo si potrebbero avere più risorse a disposizione del credito alle imprese. E l'iniziativa è ancora più importante se si pensa che l'anno scorso, annata nera, i primi tredici gruppi bancari del nostro Paese hanno segnato perdite per 26 miliardi di euro.

Purtroppo abbiamo davanti agli occhi l'esempio della Spagna che è stata sospinta dalla recessione nella spirale di una crisi sempre peggiore. Tanto che la disoccupazione ha superato abbondantemente il venti per cento, mentre la produzione industriale langue e crolla la fiducia nel futuro. In Italia gli indici sono molto migliori e la nostra struttura è più solida ma resta il problema degli investimenti praticamente bloccati. E senza nuove iniezioni di liquidità non si creano nuove occasioni di lavoro.

Molti pensano che i tempi siano ormai ridotti: se non si interviene al più presto con un piano di grandi opere o di progetti pubblici locali su scala nazionale, se non si rimette in moto il circolo virtuoso dell'economia, avremo nuovi problemi sui mercati finanziari, nonostante la politica di rigore. Le avvisaglie vengono già dalla risalita costante dello "spread" dei titoli di Stato italiani verso quelli tedeschi.

Di Paolo

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